Riforma fallimentare, il diavolo è nei dettagli
Mauro Vitiello, capufficio legislativo alla giustizia

Sono in molti ad attendere i decreti attuativi della Riforma fallimentare. In primis, i creditori delle imprese in crisi. Per loro, una delle novità di più forte impatto è la procedura di allerta e di composizione assistita della crisi. Il diavolo, si sa, è nei dettagli, e parte del successo di questo nuovo strumento dipenderà proprio dalle scelte adottate riguardo ad aspetti, che solo a prima vista possono sembrare secondari e invece sono fondamentali per determinarne la concreta portata applicativa.

Innanzitutto il Governo dovrà decidere le soglie di inadempimento che faranno scattare la segnalazione all’Organismo di Composizione della Crisi d’Impresa (Ocri) da parte dei Creditori Pubblici Qualificati (Agenzia Entrate, Inps, Equitalia, etc): considerato che le Pmi assommano circa il 75% delle imprese italiane, e che circa l’85% di esse sono micro-imprese, fissare troppo in alto l’asticella del mancato pagamento potrebbe di fatto sterilizzare gran parte delle segnalazioni (le ultime previsioni ministeriali parlano di circa 20mila segnalazioni attese, a fronte delle circa 200mila attese a seguito della precedente bozza).

Sarà dirimente il contributo dell’Ordine dei Commercialisti nella definizione degli indicatori (patrimoniali e finanziari) della crisi, la cui sussistenza dovrebbe far scattare la segnalazione da parte di sindaci e revisori. Oltre a circoscrivere indirettamente il perimetro delle imprese assoggettabili alla procedura di allerta, la corretta individuazione degli indici sarà fondamentale per evitare un nuovo “boom” di insolvenze, dopo quello del 2013-2014. Infatti, se l’area della crisi d’impresa (rilevante ai fini dell’allerta) verrà eccessivamente estesa, vi è il forte rischio di penalizzare oltremodo le imprese italiane. D’altra parte, la previsione (in caso di mancata tempestiva segnalazione) della responsabilità solidale con gli amministratori per mala gestio nell’ipotesi di successivo fallimento, lascia intravedere non solo uno scontato quanto doveroso atteggiamento di massima attenzione da parte dei sindaci, ma anche un numero significativo di “falsi positivi”, nell’attesa che sia poi l’OCRI a stabilire, in un secondo momento, se archiviare la posizione. Appare dunque opportuno il regime transitorio previsto, con differimento di efficacia di 18 mesi dall’entrata in vigore per l’intero Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, al fine di lasciar assestare ed eventualmente aggiustare le rilevanti novità di questa attesa riforma.

La certificazioni dei processi finanziari è al centro dell’interesse delle associazioni di categoria acmi, andaf e aiti

Da altro punto di vista, sebbene nella prassi sia ormai diffuso l’utilizzo di servizi di indagini e reporting finalizzati a ottenere valutazioni sempre aggiornate dei propri clienti, vi è forte preoccupazione tra le imprese fornitrici riguardo alla riservatezza della procedura di allerta. Infatti, da quando viene fatta la segnalazione iniziale, potrebbero passare fino a 12 mesi circa senza che il creditore dell’impresa in crisi venga a conoscenza della procedura intrapresa dal proprio cliente. Il rischio è quello di fornire un soggetto che, sebbene ritenuto affidabile, si trovi in realtà in una fase di crisi incipiente.

La confidenzialità, infine, pare essere uno dei punti critici della riforma, laddove la stessa dovrà essere efficacemente coniugata con l’esigenza del debitore di ottenere da parte del Tribunale (ci si chiede: con evidenza pubblica?) misure protettive come il blocco delle azioni esecutive, che (assieme alle quasi inesistenti barriere all’accesso) erano state uno dei grandi fattori di esplosione dei concordati preventivi con riserva.

Sotto questo profilo, la tutela dell’impresa fornitrice passerà anche da una revisione dei processi interni di risk & credit management, al fine di monitorare adeguatamente lo stato del proprio debitore ed eventualmente intercettare tempestivamente i sintomi di una crisi e al contempo preservare le esigenze di business, assumendo le migliori iniziative per prevenire il rischio di mancati pagamenti. Il particolare interesse dimostrato negli ultimi mesi dalle imprese e dalle associazioni di categoria (come Acmi, Andaf e Aiti) al tema della certificazione dei processi finanziari costituisce un fattore di sviluppo e diffusione di una “cultura del credito” innovativa, chiave di una più ampia evoluzione della cultura imprenditoriale italiana.