Il private debt incomincia a crescere e a dare frutti
Daniele Candiani Partner Debt Advisory/Corporate Finance di Deloitte

Il private debt inizia a dare frutti; il mercato, partito un po’ faticosamente nel 2013, mostra, al primo semestre 2018 numeri in crescita e anche molti disinvestimenti. I dati, presentati da Aifi, in collaborazione con Deloitte, dimostrano che lo strumento funziona e anche bene. “Il dato più interessante che emerge è quello sui disinvestimenti: i fondi, nel primo semestre dell’anno hanno già quasi triplicato il numero di exit di tutto il 2017”, sottolinea afferma Innocenzo Cipolletta, presidente dell’Aifi: “Questo numero denota come lo strumento del private debt sia ormai una realtà consolidata anche in Italia e sia di supporto all’economia reale; infatti l’80% dei deal chiusi nel semestre ha avuto come obiettivo la crescita per linee esterne o interne della società”.

Anche Daniele Candiani, partner debt avisory/corporate finance di Deloitte, conferma come “Il mercato italiano del private debt è in sviluppo significativo, solo pochi anni fa non esisteva e oggi raccoglie già una massa di liquidità importante. Qui in Italia è ancora un mercato ‘giovane’ ma con una pluralità di protagonisti capaci di lavorare su varie tipologie di situazioni finanziarie che richiedono flessibilità e tempi stretti. Negli ultimi mesi sono state fatte varie operazioni. Molto spesso gli operatori di private debt non sono in competizione con le banche, in quanto entrano in operazioni che le banche non riescono a finanziare (per le complessità o tempistica) o danno un finanziamento aggiuntivo rispetto al debito bancario ‘senior’”.

Ma veniamo ai numeri: nel primo semestre del 2018 sono stati raccolti sul mercato 141 milioni di euro; dall’inizio dell’attività a oggi, il fundraising complessivo ammonta a 1,9 miliardi di euro. Guardando alle fonti, sempre a partire dal 2013, il 90% proviene da investitori domestici, mentre il 10% dall’estero. Nella tipologia della fonte, il 24% del capitale è arrivato dai fondi di fondi istituzionali, il 22% dalle banche, e il 17% dalle assicurazioni. Nella prima parte dell’anno sono stati investiti 448 milioni di euro, +79% rispetto al primo semestre del 2017. Il numero di sottoscrizioni è stato pari a 59 (+31%) distribuite su 50 target (+56%). L’84% dell’ammontare è stato investito da soggetti internazionali che hanno realizzato il 59% del numero di operazioni. Il 52% delle operazioni sono state sottoscrizioni di obbligazioni, mentre il 46% crediti e il 2% ha riguardato strumenti ibridi.

Per quanto riguarda le caratteristiche delle operazioni, la durata media è poco inferiore ai 5 anni mentre sulle dimensioni delle sottoscrizioni, l’85% dei casi ha riguardato operazioni con un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro. Il tasso d’interesse medio è stato pari al 5,5%. A livello geografico, la prima Regione per numero di operazioni è la Lombardia, 27%, seguita dall’Emilia Romagna con il 19% e dal Veneto con il 12%. Con riferimento alle attività delle aziende target, nelle prime due posizioni, entrambe con il 20% degli investimenti, troviamo i beni e servizi industriali e l’alimentare. A livello dimensionale, il 60% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 50 milioni di fatturato. A partire dal primo semestre 2018 sono state monitorate le operazioni di exit. Complessivamente, dal 2015 a oggi, sono stati realizzati 103 disinvestimenti per un ammontare pari a 246 milioni di euro; questo è il valore relativo all’investimento iniziale. Nel primo semestre 2018, sono state 68 le exit per un ammontare pari a 95 milioni di euro.