L’Italia delle eccellenze e del made in Italy è sempre più al femminile, ed è bene ricordarlo alla vigilia della Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza. Anche in Galbani, storico brand lattiero-caseario italiano, la ricerca e sviluppo si illumina del gentil sesso. La guida una manager volitiva e appassionata, Alice Forti, studi di tecnologa alimentare e poi la prova sul campo in azienda, con il passaggio alle volte brusco dalle teorie alla messa in pratica. Un carriera all’interno di un gruppo multinazionale come Lactalis, che contribuisce a diffondere nel mondo la cultura italiana del cibo e delle materie prime di qualità.
Che cosa vuol dire fare ricerca in un’azienda casearia?
Saper leggere i bisogni dei consumatori sviluppando nuovi prodotti, innovare interpretando la tradizione casearia italiana, l’Italian Food così apprezzato all’estero. Vuol dire anche innovare in processi di produzione che siano sostenibili, ottimizzando le risorse e riducendo il consumo di acqua e dei materiali d’imballaggio grazie a confezioni riciclabili, perché alle volte i prodotti sono gli stessi, ma realizzati con tecnologie diverse hanno un impatto più in linea con le esigenze del mondo in cui viviamo.
E le nuove frontiere della ricerca?
Oggi c’è un’attenzione particolare alla sostenibilità già in fase di progettazione e dei processi di produzione. L’obiettivo è sorprendere i consumatori con nuove consistenze e prodotti funzionali ai nuovi stili di vita, alla destrutturazione dei pasti, senza rinunciare alla sensazione palatale, al piacere del cibo. Cerchiamo di aiutare i consumatori a fare le loro ricette al meglio con un maggiore bilanciamento calorico tra grassi e proteine.
Che tipo di profili professionali e competenze per fare ricerca e sviluppo in un’azienda come Galbani?
Siamo un team di 30 persone con diversi profili professionali. Di solito laureati STEM, soprattutto in scienze e tecnologie alimentari, poi scienze agrarie, chimica. Oggi fare ricerca e sviluppo in un’azienda come la nostra richiede la capacità di seguire un progetto dalla fase embrionale, l’idea di prodotto, alla fase realizzativa di industrializzazione. C’è una buona offerta formativa nelle università sui temi alimentari, anche se poi l’ingresso in azienda porta a svolgere mansioni molto particolari e specifiche.
Domani è la giornata internazionale delle donne nella scienza: perché ci sono ancora poche donne nelle facoltà STEM e di conseguenza nel mondo del lavoro negli ambiti della ricerca?
Anche se nel nostro team non siamo ancora alla parità di genere completa, stiamo migliorando sempre di più e oggi ci avviciniamo al 40% di presenza femminile a fronte di una media dell’industria attorno al 35%. E’ importante che vi sia da qualche anno questa giornata mondiale, è un segno che la società civile si sta interrogando sul ruolo che le donne possono svolgere nelle professioni scientifiche e sulle disparità che permangono, forse meno in Italia che in altri paesi del mondo. E’ importante che ci sia dibattito: è una perdita per tutti non avvalersi di donne in certi ambiti, porta a una visione del mondo parziale. E c’è ancora molto da fare, cominciando dalla scuola e dalla famiglia. Bisogna raccontare alle ragazze che non esistono lavori da uomo o da donna, ma che ci vuole solo tenacia, passione, una buona formazione, e poi possono riuscire ad emergere.
Qual è stata la sua esperienza che l’ha portata a una posizione di responsabilità e strategica per il gruppo?
Sono una tecnologa alimentare nel settore caseario, ho iniziato da ricercatrice in piccoli gruppi poi con sempre maggiori responsabilità, imparando a gestire problemi e risorse. Per me è stato molto importante anche lavorare in gruppi internazionali sulla tecnologia casearia, per produrre anche in altri paesi secondo i nostri standard di qualità, soprattutto quei prodotti che è difficile esportare, come i formaggi freschi, ricotte e mozzarelle.
Come manager e donna che consiglio darebbe a una ragazza che deve decidere quale percorso universitario intraprendere?
Di credere nelle sue possibilità, di non scoraggiarsi, di non pensare che gli studi tecnico-scientifici portino a lavori solo maschili. Serve tenacia e passione, senza distinzione di genere. E convincersi che si può conciliare un’attività professionale impegnativa con la vita privata e la famiglia, basta avere un minimo di supporto.
LEGGI ANCHE: Economy, anzi… Herconomy