Nel 1995, sulla scia della Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino, nasceva il Ministero per le pari opportunità, senza porfafoglio ma con tante buone intenzioni. Sono passati 27 anni. Nel 2011 entrava in vigore la legge Golfo-Mosca,con le famigerate quote rosa nei board. Sono passati 11 anni. Nel 2030 l’Onu vuole raggiungere l’uguaglianza di genere. Mancano 7 anni. Siamo d’accordo: in questo momento ci sono “ben altre” urgenze – la pandemia, la guerra, la crisi economica – ma è proprio per questo che occorre tenere alta la guardia, per evitare che lo svantaggio non passi in secondo piano per l’ennesima volta. Perché annunciare obiettivi di gender equality è già di per sé un’ammissione di colpevolezza: significa che donne e uomini, ancora nel 2022, non hanno pari diritti, né pari opportunità.Ecco perché da Economy è nato Herconomy: un numero, quello di ottobre, provocatoriamente (quasi tutto) al femminile e un evento, il 6 ottobre al Teatro Franco Parenti – la prima realtà teatrale fondata e diretta da una donna, Andrèe Ruth Shammah – con il primo appuntamento di “Herconomy”. Altri ne seguiranno, itineranti per l’Italia. Un’Italia che Eurostat posiziona nella parte virtuosa della classifica, al quarto posto in Europa con un pay gap al 4,2%. Peccato che – come abbiamo scoperto grazie al report realizzato per Herconomy da Idem Mind The Gap! e Job Pricing e illustrato da Nicole Boccardini – ad alzare la media sia il settore pubblico, altamente normato, perché nel privato il differenziale è al 16,5%. E se il pay gap per le operaie è del 14,7% e del 12,1% per le impiegate, tra quadri e dirigenti scende intorno al 5%, per risalire (vertiginosamente) tra i top earner al 62,2% tra i ruoli esecutivi e al 35,9% tra i ruoli non esecutivi. A confermare che il gender gap è nell’occhio di chi guarda, la ricerca sociodemoscopica realizzata per Herconomy da Makno: il 35,9% del campione femminile interpellato, ha sottolineato Mario Abis, ritiene che la retribuzione maschile sia più alta di quella femminile di contro il 72,7% per cento degli uomini ritiene che non vi siano differenze salariali fra i generi. Di contro, donne e uomini sono presenti nei ruoli dirigenziali in ugual misura secondo il 37,9% del campione femminile rispetto al 29,1% di quello maschile. Eppure, sono di più gli uomini (il 60% contro il 48,5%) a ritenere utili le iniziative di sensibilizzazione sulla parità di genere. Ottimi segnali sulla parità di genere come fonte di valore per le imprese dal panel “G come governance” moderato da Sara Biglieri, partner dello studio legale internazionale Dentons, con la partecipazione di Elena Mocchio, Responsabile Innovazione e Sviluppo Uni Ente Italiano di Normazione, e Daniela Asaro, Head of Health & Well-Being Certification Strategic Center Rina Services, Annamaria Bottero, Cross Solution Director Microsoft Western Europe di Microsoft Italia, e Ornella Dalmasso, Head of Human Resources di Alpitour. A 11 anni dall’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca, le donne ancora oggi guidano poco più del 2% del valore totale del mercato azionario italiano: le quote rosa rappresentano un’opportunità, ma anche un limite. Ma è solo questione di tempo: dieci anni non bastano per completare il cambio di una generazione di amministratori, è emerso durante il confronto, e se la trasformazione in corso è già inarrestabile, bisogna permettere alle nuove generazioni femminili di farsi un curriculum. La parità, inoltre, è un valore per l’impresa anche letteralmente, grazie alla nuova Certificazione della parità di genere: le aziende certificate godono dell’esonero contributivo fino all’1% del fatturato e nel limite massimo di 50.000 euro annui. E alle aziende in possesso della Certificazione verrà riconosciuto un punteggio premiale nei bandi di gara. Welfare aziendale, policy di empowerment femminile e strategie di comunicazione sono i tre pilastri intorno a cui deve ruotare il cambio di passo che porterà a colmare un gap che continua, nell’era del politically correct, a nutrirsi dei cosiddetti bias cognitivi… sviscerati, tra il serio e il faceto, nel panel “Pregiudizi e vecchi merletti”, con testimonianze di figure come Marina Salamon, Luana Porfido (European Head of Corporate Communication and Esg Management di Fujifilm Europe), Francesca Moriani (Ceo di Var Group), Rosalba Benedetto (Direttrice Comunicazione, Marketing e Relazioni Esterne di Banca Ifis), Ilaria Puddu, (imprenditrice food retail con brand come Pizzium, Marghe, Giolina, Crocca, Gelsomina) ed Eleonora Lagonigro (Director of Corporate Business Area di Kruk Italia, Cbdo & Member of the Board of Agecredit). Che ha chiuso l’evento con un’azzecata metafora sportiva: «La parità di genere si conquista puntando su capacità, impegno e merito. Un bell’esempio arriva dal mondo dello sport, in particolare dall’equitazione dove nelle gare di salto ostacolo, cavalieri ed amazzoni competono nella stessa categoria, in base al livello tecnico raggiunto e senza distinzioni di genere o di età. Quindi, davvero “che vinca il migliore!».
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