Gherardo Magri, a.d. di Vaillant Group Italia

Il sogno è l’idrogeno verde: pulito, filiera a emissioni zero, 100% sostenibile. La certezza, invece, è nell’exploit, effettivamente già in corso, delle pompe di calore, le “termopompe” che estraggono calore da fonti naturali come acqua, aria e terra per trasportarlo in ambienti chiusi. Gherardo Magri, amministratore delegato di Vaillant Group Italia, per hobby fa il “vespista” e conosce bene l’arte del viaggio programmato che per arrivare a destinazione deve dosare bene tempi ed energie e valutare ogni possibile incidente di percorso. Per il manager bergamasco anche il mondo del comfort domestico ha una sua rotta da seguire e dei passaggi obbligati lungo la transizione energetica. E la strada non è mai facile, anche se sembra in discesa.

Magri, oggi uno scaldabagno su due in Italia è Vaillant e nelle caldaie siete testa a testa con un grande player mondiale come Ariston. Il 2022 è stato un anno d’oro per il riscaldamento, non può negarlo.  

E infatti non lo faccio. Per darle un ordine di grandezza, il settore per noi più importante, quello delle caldaie, ha viaggiato su medie del +10% con punte persino del 30%, quando, normalmente gli aumenti sono del 2-3%. E poi, parallelamente a questo balzo in avanti e alla sostanziale tenuta degli scaldabagni, è esploso il mercato delle pompe di calore che quest’anno dovrebbe raggiungere i 300 mila pezzi contro i 50 mila di due anni fa.

E allora perché la vedo un po’ preoccupato per il 2023? 

Perché la crescita è dovuta in gran parte agli incentivi green che ci hanno fatto vivere in una specie di “bolla”. C’è stata una rincorsa dei grossisti a rifornirsi di merce per supplire alla domanda di mercato ma è una fase destinata ad esaurirsi. Con le banche che hanno esaurito la capienza dei crediti fiscali e il blocco del sistema degli incentivi c’è stata già una frenata. E i costi nell’intermediazione sono saliti alle stelle. Ecco perché c’è apprensione, anche se gli incentivi sono stati confermati. E non parlo solo del superbonus 110% che ha avuto un impatto fondamentale sull’edilizia e sul mercato delle pompe di calore legato alle nuove costruzioni. Ma anche dell’ecobonus 65% sull’efficientamento energetico grazie al quale c’è stata una grande spinta allo svecchiamento del parco caldaie tradizionali che normalmente hanno una durata di 17-18 anni ed emettono pure tanta CO2.   

I bonus, dunque, hanno fatto benissimo all’home comfort e di conseguenza anche alla transizione energetica e viceversa?

Se mettiamo da parte l’effetto patologico delle frodi che purtroppo ne hanno “sporcato” un po’ l’immagine, è innegabile che questi bonus abbiano contribuito in maniera importante al rinnovamento del comparto con conseguenze positive sull’impatto ambientale. Un po’ come succede nel mondo delle automobili. 

Ma è l’idrogeno la nuova scommessa? Vaillant ci investe da un po’.

È vero. Abbiamo prodotto e messo in vendita già da settembre scorso una nuova gamma di caldaie in grado di funzionare con una miscela di idrogeno al 20% e compatibili con una circolazione nella rete che oggi è praticamente a zero. Anche la concorrenza, c’è da dire, si è portata avanti sui prodotti hydrogen-ready. 

E il mercato? È già maturo? 

No, l’idrogeno sul mercato di fatto ancora non esiste. Abbiamo anticipato i tempi, perché va testato nella rete di distribuzione, nella pipeline che porta il gas nelle case degli italiani. Com’è noto, l’idrogeno è più pericoloso del metano perché più infiammabile. Per cui, per ragioni di sicurezza bisogna rinforzare i tubi. E poi c’è da affrontare anche la questione normativa. 

Ovvero?

In Italia, proprio per ragioni di sicurezza, un’ordinanza dei Vigili del fuoco limita all’1% la presenza di idrogeno nella rete distributiva. Per cui per incentivare l’utilizzo dell’idrogeno nel comfort domestico, bisognerebbe cambiare la legge. Di strada da fare ce n’è ancora tanta. L’idrogeno è visto ancora come qualcosa di futuristico 

Lei però ci crede molto, mi sembra di capire. 

Sì, è così. Anche se i tempi sono lunghi, secondo me rappresenta la frontiera futura della sostenibilità. Come lei saprà ci sono tre tipi di idrogeno: grigio, blu e verde. Oggi quello grigio viene prodotto ancora con l’energia fossile: le centrali non sono alimentate da rinnovabili. Per cui è un tipo di idrogeno sostenibile ma la sua produzione impatta comunque sull’ambiente. Quello blu può essere prodotto utilizzando meno energia fossile ma la vera scommessa è l’idrogeno verde prodotto da centrali alimentate con le rinnovabili, zero emissioni e niente scorie. Sostenibile al 100%. Ma per costruire centrali in grado di produrre idrogeno verde, serve meno propaganda e più investimenti. Ci vuole una strategia seria, le parole non bastano. 

Una strategia di medio-lungo periodo, insomma. E sul breve Vaillant dove punta?

Sull’elettrico. È l’investimento strategico del gruppo Vaillant. Siamo stati i primi in Occidente a investire sulle pompe di calore e, dopo Germania e Francia, stiamo lavorando per aprire a breve, in Slovacchia, una terza fabbrica di produzione di queste macchine che fino a poco tempo fa venivano prodotte solo nel Far East. Siamo certi che nel giro di qualche anno il fatturato delle termopompe supererà quello delle caldaie e bisognerà investire tutto su quel mercato. Oggi i leader sono i giapponesi ma noi vogliamo andare sul podio nel giro di pochi anni, sarà una sfida enorme ma anche un bel cambio di mindset per un’azienda come la nostra, nata nel settore gas da un signore, Johann Vaillant, che ha inventato lo scaldabagno a gas, il primo al mondo. Ma la rotta è chiara: in molti Paesi nordici il gas non si produce più da un pezzo, in Svizzera dal prossimo anno sarà fuori legge. E anche l’Italia, che ad oggi ha più gas che elettrico, si adeguerà velocemente. Il futuro prossimo è l’elettrico. 

Per gli sviluppatori immobiliari è già il presente, le nuove costruzioni devono essere sostenibili.

Certo. In quello che per comodità noi chiamiamo “nuovo” immobiliare, bisogna introdurre il 50% di rinnovabili. Senza pompe di calore e fotovoltaico il progetto non passa. Nel “nuovo” la caldaia è già morta. 

In Italia però solo il 5% del patrimonio immobiliare appartiene a società di capitale. Siamo certi che le famiglie proprietarie abbiano la possibilità di investire sulla casa green? La direttiva UE nel nostro Paese è molto avversata.

Sì, ma analizziamo le attuali proporzioni: 300 mila pompe di calore su 1 milione e 100 di caldaie vuol dire quasi un terzo del mercato. In Italia siamo indietro, non c’è dubbio, oltre a una certa lentezza della filiera c’è sicuramente anche un problema di formazione degli installatori su cui Vaillant sta cercando di intervenire. I nostri indicatori, tuttavia, dicono che l’attenzione alla sostenibilità è in netta crescita. L’Osservatorio sulla Sostenibilità di Radio Lifegate di cui siamo sponsor, ci dice che gli italiani hanno cominciato a dire “compro anche un prodotto che costa di più ma che non impatta sull’ambiente”. Rispetto a cinque anni fa la consapevolezza è cresciuta tantissimo anche se le resistenze ancora ci sono. 

…e forse c’è anche un problema di accessibilità. Almeno per quella fascia di popolazione con capacità di spesa media bassa che spesso non si può permettere “la sostenibilità”.

Sulle pompe di calore il problema c’è eccome, visto che in media una di queste macchine costa 15 mila euro. Noi prevediamo infatti che il mercato crescerà tanto nei prossimi anni ma poi a un certo punto si stabilizzerà attorno ai 400-500 mila pezzi. Per incentivarne la crescita bisognerebbe investire per spiegare ai consumatori che su questo tipo di prodotto c’è un ammortamento sul medio-periodo. Quello che spendi oggi domani ti torna indietro in termini di risparmio energetico oltre che di impatto positivo sulla tutela dell’ambiente. E non è davvero poco.