di Angelo Lazzari

Strategic advisory Visabit

Dopo anni ininterrotti di crescita, Netflix ha subito per la prima volta un calo dei numeri degli abbonati. Leggendo i commenti di giornalisti economici e analisti finanziari, le espressioni più utilizzate sono “shock”, “crollo dello streaming”, “brusco risveglio”, “debacle” e così via. La causa più spesso citata è la concorrenza di altre piattaforme. Ma siamo sicuri che sia questa la causa?
Anche se fosse questa, davvero pensavamo che la crescita degli abbonati di queste piattaforme globali potesse essere infinita? Tra gli investitori un po’ più attenti, Netflix e le altre sorelle Faang (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google), e più in generale le piattaforme global, sono ormai considerate “value stock” e non più “growth stock”. Cosa significa? Semplicemente che la loro crescita sarà a tassi tipici delle utility, cioè di aziende che fornisco servizi a basso valore aggiunto a molte persone.
Quel sarà allora il modello di business vincente nella prossima decade, con tassi di crescita da growth se non da startup? Sarà quello che amo definire localglobal delivery. Sì: localglobal, esattamente l’opposto del modello glocal, utilizzato da tutte le piattaforme vincenti degli ultimi 20 anni, che consiste nel distribuire prodotti e servizi ideati per il mercato globale e cercare di adattarli ai mercati locali, ma mantenendo focus sulla scalabilità e la dimensione globale.
Proviamo a spiegarlo con un esempio.
Le piattaforme degli ultimi 20 anni, sono simile al fiume Po, il maggiore fiume italiano. Potenzialmente è il fiume che potrebbe irrigare più territorio e a minor costi, visto la sua dimensione e portata di acqua. Ma siamo sicuri? Confrontiamolo con un potenziale suo rigagnolo naturale o artificiale, con una portata ad esempio di solo un decimo rispetto al grande fiume. L’irrigazione diretta dal Po, lungo le sue zone limitrofe non sempre è facile, e talvolta molto costosa proprio a causa della gestione e variabilità della sua grande portata. Diciamo che se la sua portata è fatta 100, se ne riesce a sfruttare 10, con costi di infrastruttura elevati.
Se invece dal fiume global, parte un canale localglobal, con una portata pari a un decimo del fiume originale, la sua gestione è sicuramente più semplice, meno costosa, e in grado di raggiungere direttamente molti più terreni, anche più fertili se ben irrigati. Il risultato è che anche se la portata iniziale è un decimo del fiume originario global, i risultati prodotti dal canale localglobal posso essere sicuramente più efficienti, e anche maggiori.
Il nuovo paradigma delle piattaforme del delivery dei prossimi anni sarà quindi del tipo localglobal: player sempre connessi alle attuali piattaforme global, ma territoriali e dinamici; portatori anche di minori contenuti, ma non solo personalizzati, direi nativi dei singoli territori, con proprie specificità. Per far sì che i singoli terreni possano dare il meglio di sé, necessitano non di soluzioni globali adattate, ma della coltivazione delle piante autoctone di quel territorio e della loro irrigazione.
Non sarà quindi tanto la dimensione dei network (che peraltro potrà essere grande quanto si vuole, ma sicuramente non infinita) ma la loro capacità di generare servizi e prodotti che siano nativi del territorio, e sfruttare le “risorse idriche” dei grandi fiumi.
Se per il glocal il motto è “Think global, act local” (pensa globale e agisci locale), nel localglobal è l’inverso: pensa locale e agisci globale. Le piattaforme localglobal sono entità “panta-rei”, apparentemente identiche, ma che si rinnovano e trasformano continuamente.
Il futuro sarà dei MetaInverso!