Mario Draghi oggi alle 9 sarà alla camera e poi riferirà al presidente della Repubblica. Dopo il gran rifiuto dei Cinquestelle, anche Lega e Forza Italia non hanno votato la fiducia. Di fatto la maggioranza non c’è più. A fare da spartiacque nel pomeriggio è stata la risoluzione della Lega, che ha messo un altro paletto nell’ingranaggio che doveva portare alla fiducia con la sua risoluzione. Prima di mettere in votazione la risoluzione Casini, nel pomeriggio, il presidente del consiglio ha replicato agli interventi dei parlamentari che si sono avvicendati in mattinata.

“Non chiedo pieni poteri: siete voi che decidete”
Quello del presidente del consiglio è un discorso breve: “Non chiedo pieni poteri – dice – siete voi che decidete. Mi è stato chiesto perché il governo non è entrato nello ius soli, nella legge sulla cannabis e nel ddl Zan. Abbiamo deciso di non intervenire nei temi di origine parlamentare. Vengo a due questioni specifiche sollevate da Licheri. Sul salario minimo c’è una proposta europea in corso di approvazione. Abbiamo aperto un tavolo coi sindacati e confindustria e credo si possa arrivare a una proposta di salario minimo. L’intervento del governo sarebbe un diktat che veda l’imposizione sul diktat. Il reddito di cittadinanza è una cosa buona, ma se non funziona è una cosa cattiva. Il problema non è il superbonus ma i meccanismi di cessione. Chi ha disegnato quei meccanismi è colpevole di questa situazione in cui migliaia di imprese stanno aspettando i crediti. Bisogna riparare al malfatto bisogna tirare fuori dai pasticci quelle migliaia di imprese che si trovano in difficoltà. Chiedo che sia posta la fiducia sulla proposta di risoluzione presentata dal senatore Casini.
Salvini e la Lega prima della replica spiazzano tutti
La Lega, poco prima della replica, ha depositato in senato una risoluzione in cui si garantisce “Sostegno ad azione governo profondamente rinnovato sia per scelte politiche che nella composizione”. Ma si chiede anche che “nella compagine governativa siano compresi esclusivamente” le forze politiche “espressione dei partiti che hanno votato a favore della fiducia nella seduta del senato del 14 luglio” tenendo quindi fuori i Cinque Stelle. Insomma l’esatto contrario dell’appello all’unità che aveva lanciato in mattinata il presidente Mario Draghi, chiedendo la fiducia di tutti per avere il sostegno più alto possibile.
Draghi aveva chiesto un nuovo patto di fiducia
La mattinata era cominciato con un appello all’unità delle forze politiche che finora hanno sostenuto il governo, con tanto di elenco degli obiettivi raggiunti finora dal governo e di programmi futuri
“Mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano. L’Italia è forte quando sa essere unita” aveva detto Mario Draghi, strappando anche l’applauso del senato e mettendo nero su bianco quali fossero le sue intenzioni: si va avanti insieme. La comunicazione arriva a metà del discorso, dopo che il presidente del consiglio ha ripercorso i suoi mesi di governo, illustrando i successi ottenuti, che vanno dalla crescita dell’economia del 6,6%, al rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, che è sceso di 4,5 punti percentuali, fino alla centralità nella politica europea, passando per i fondi del Pnrr. Sono stati ricevuti 45,9 miliardi di euro, a cui si aggiungeranno nelle prossime settimane ulteriori 21 miliardi – per un totale di quasi 67 miliardi.
Per andare avanti bisogna essere uniti
Subito dopo aver espresso l’orgoglio di “sentirsi italiano”, Mario Draghi è entrato nel vivo della questione politica, quella che da giorni agita il dibattito tra i parlamentari, ma soprattutto uno dei partiti della maggioranza, cioè il Movimento Cinquestelle, che la settimana scorsa non ha accordato la fiducia sul Dl Aiuti. “Il desiderio di andare avanti insieme si è progressivamente esaurito e con esso la capacità di agire con efficacia, con “tempestività”, nell’interesse del Paese. Come ho detto in Consiglio dei Ministri, il voto di giovedì scorso ha certificato la fine del patto di fiducia che ha tenuto insieme questa maggioranza. Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte è un gesto politico chiaro, che ha un significato evidente. Non è possibile ignorarlo, perché equivarrebbe a ignorare il Parlamento. Non è possibile contenerlo, perché vorrebbe dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo, perché viene dopo mesi di strappi ed ultimatum. L’unica strada, se vogliamo ancora restare insieme, è ricostruire da capo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani”.
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Ricompattare la maggioranza di Draghi in vista del futuro
Se nel suo discorso non ha fatto mancare appunti e critiche ai Cinquestelle, soprattutto sulla politica estera in rapporto alla guerra Russo-Ucraina, Draghi ha teso una mano ai gruppi parlamentari, che l’hanno fin qui sostenuto (“tutti tranne uno” ha ricordato). Lui stesso in apertura ha ribadito la necessità di una maggioranza larga per un presidente non eletto. “Questa domanda di stabilità impone a noi tutti di decidere se sia possibile ricreare le condizioni con cui il Governo può davvero governare. È questo il cuore della nostra discussione di oggi. È questo il senso dell’impegno su cui dobbiamo confrontarci davanti ai cittadini. L’Italia ha bisogno di un governo capace di muoversi con efficacia e tempestività su almeno quattro fronti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è un’occasione unica per migliorare la nostra crescita di lungo periodo, creare opportunità per i giovani e le donne, sanare le diseguaglianze a partire da quelle tra Nord e Sud. Entro la fine di quest’anno, dobbiamo raggiungere 55 obiettivi, che ci permetteranno di ricevere una nuova rata da 19 miliardi di euro. Gli obiettivi riguardano temi fondamentali come le infrastrutture digitali, il sostegno al turismo, la creazione di alloggi universitari e borse di ricerca, la lotta al lavoro sommerso. Completare il PNRR è una questione di serietà verso i nostri cittadini e verso i partner europei. Se non mostriamo di saper spendere questi soldi con efficienza e onestà, sarà impossibile chiedere nuovi strumenti comuni di gestione delle crisi”.
Indipendenza energetica e attenzione ai mercati
Molto è, infatti, ancora il lavoro da fare nel periodo che porta alle elezioni della primavera del 2023. Si va dalla riforma del codice degli appalti pubblici, alla quale mancano i decreti attuativi, fino all’apertura dei mercati e alla tutela dei consumatori. Altro appuntamento importante è la soluzione della questione concessione agli stabilimenti balnerari entro l’estate e la legge di riforma della giustizia tributaria, che è in discussione al Senato. Ultimo appuntamento nell’agenda governativa è la riforma del fisco con la riduzione delle aliquote Irpef a partire dai redditi medio-bassi, fino al superamento dell’Irap e alla razionalizzazione dell’Iva. Infine non è mancato un riferimento all’aumento dei costi dell’energia e all’impegno per ridurre i costi, che si è concretizzato con il vertice di Algeri di questi giorni.
Un altro richiamo all’unità, prima del dibattito parlamentare sulla fiducia a Draghi
Il presidente del consiglio ha voluto concludere con un ulteriore appello all’unità: “Tutto questo richiede un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli. All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari – siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito? Siamo qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani”.