È stato un giorno da ricordare per Investire e per la sua casa editrice, Economy Group. ll mensile più antico del panorama editoriale nazionale ha concluso il ciclo dei festeggiamenti dei suoi primi 40 anni in un evento esclusivo nel luogo simbolo della finanza italiana: Piazza Affari. “SCALA QUARANTA. Il grande gioco della finanza globale nei 40 anni raccontati da Investire” è il titolo dell’evento che si è svolto nella evocativa e prestigiosa sede di Palazzo Mezzanotte. L’evento si è aperto con l’intervento di Sergio Luciano, direttore di Investire ed Economy; che ha ricordato il valore del tempo, del non essere sepolti dal diluvio di notizie come accade spesso oggi, «perché una notizia gridata e istantanea a volte non lascia niente, altre volte lascia sedimenti sbagliati. Investire è nato nel 1983, Economy Group l’ha rilevato 5 anni fa e, mi auguro, rilanciato». Francesco Priore, presidente emerito di Anasf, ha ricordato: «Quando ho iniziato 50 anni fa di mensili ce n’era uno solo, Quattro Soldi, che faceva capo allo stesso editore di Quattro Ruote. Sono seguite testate come Gente Money e Il Mondo. Ma l’unico mensile che ha resistito per 40 anni è Investire. Marco Muffato, caporedattore di Investire, ha spiegato che «Sono stati cinque anni durissimi, sta cambiando il panorama editoriale. Investire era una rivista, oggi è un sistema editoriale, con 132 newsletter settimanali, un sito web che stiamo rinnovando anche nella veste grafica, un mensile denso di contenuti, idee, suggerimenti. Siamo Mifid compliant: vogliamo fare un’informazione di qualità per operatori e risparmiatori». Barbara Lunghi, responsabile dei mercati primari di Borsa Italiana, ha fatto gli onori di casa: «Benvenuti a nome di Borsa Italiana, siamo felici abbiate scelto questo luogo iconico per celebrare una tappa così importante della vostra storia. Anche noi abbiamo cambiato pelle, siamo parte del gruppo Euronext che ha il compito di connettere i capitali globali con l’economia reale».
Tremonti ai 40 anni di Investire: whatever it takes è diventato whatever mistakes
È seguita l’intervista del direttore Luciano a Giulio Tremonti, economista e politico, già ministro delle finanze nel governo Berlusconi I e ministro dell’economia e delle finanze nei governi Berlusconi II, III e IV. Dopo aver paragonato il periodo attuale al Cinquecento, epoca (Mundus Furiosus) nella quale si frammenta l’ordine globale con guerre, epidemie, fenomeni non prevedibili, ha parlato degli errori compiuti a suo avviso dall’Unione Europea: «In Europa sono stati compiuti una serie di errori non giustificabili. Merkel e Sarkozy dissero che gli Stati potevano fallire, tradendo lo spirito dell’Europa, la solidarietà. Nel trattato non c’era la parola troika. Iniziarono così una serie gravissima di errori. Il whatever it takes poteva essere giusto per 6 mesi, è diventato permanente. L’unità di conto è passata da million a trillion, una infinita quantità di moneta stampata. Whatever it takes si è così trasformato in Whatever mistakes, anni di errori incredibili immaginando che la tecnica potesse sostituire la politica». Tremonti ha poi analizzato le conseguenze sul debito pubblico del superbonus: «Quello che ultimi due anni è avvenuto in termini straordinariamente negativi è l’incredibile crescita del debito pubblico causata dal cosiddetto superbonus, prodotto della teoria del debito buono. Tra l’altro una enorme responsabilità ce l’ha chi pur di andare al Quirinale ha fatto passare il rinnovo del bonus, cioè il trasferimento di ricchezza colossale da collettività ad alcuni meno bisognosi, non ho visto facciate rifatte in periferia. Ora abbiamo un debito mostruoso, al che corrispondono enormi limiti nel poter fare le finanziarie: non puoi fare troppo deficit se hai troppo debito. Oggi il debito italiano è uscito fuori controllo, ha una dimensione abnorme. Vuol dire che avendo troppo debito non puoi fare finanziarie, o molto limitate. Se qualcuno pone la questione: perché non abbiamo investimenti in sanità, sociali? Di chi è la colpa?, allora la gravità di quello che è stato impone una riflessione».
Tremonti ha anche sottolineato la forza dell’impatto delle culture fluide sulla demografia italiana: «Non ho nulla contro le culture fluide, riservo una particolare simpatia per l’imperatore Eliogabelo che era uomo di giorno e donna di notte, però questo tipo di cultura ha un impatto terrificante sulle strutture demografgiche. Entro 20 anni in Italia è molto probabile saltino welfare, sanità e pensioni, perché è il paese che ha piu welfare derivante da culla a tomba, altri hanno più capitalizzazione. Entro 20 anni ci saranno enormi problemi sociali, perché se hai i soldi la sanità la compri, la pensione la fabbrichi, ma le masse no: dubito che il paese possa reggere uno squilibrio così forte tra ricchi, pochi, e poveri, sempre più numerosi».
Tamburi ai 40 anni di Investire: stiamo frenando perché la Cina si è fermata
Il direttore Luciano e Annacarla Dellepiane, head of sales Italy di HANetf, hanno poi intervistato Giovanni Tamburi, fondatore, presidente e amministratore delegato di TIP – Tamburi Investment Partners S.p.A. Alla domanda su cosa è cambiato nella finanza negli ultimi 40 anni, Tamburi ha risposto: «È cambiato poco per 37 anni, moltissimo negli ultimi 3 anni, non tanto per il covid, ma dopo il covid. Come ha giustamente detto Giulio Tremointi, i tassi a zero sono stati un errore colossale». Tamburi ha aggiunto: «La finanza ha assunto un ruolo troppo importante negli ultimi 20-30 anni, arrivando a condizionare le imprese, quando dovrebbe essere il contrario. Ma oggi il private equity si sta violentemente ridimensionando». Per Tamburi «Quello che ha rovinato le aziende indebitandole è il ricorso alla leva finanziaria, che con tassi a zero era facilissimo». Ancora, «Stiamo frenando perché la Cina si è fermata. Speriamo che la Cina riprenda a importare ed esportare, questo rimetterebbe il mondo in moto: se non c’è sviluppo siamo molto malmessi».
Franchi, doValue, ai 40 anni di Investire: in Italia chi deve rimborsare i crediti fatica
È seguita l’intervista di Luciano e Muffato a Manuela Franchi, chief executive officer & director doValue SpA. «Tra i Paesi nei quali operiamo, Grecia, Italia e Spagna, la Grecia vive un periodo particolarmente positivo, con una crescita del real estate e tassi di recupero crediti importanti, con i sottostanti valori immobiliari che crescono» ha detto Franchi. «In Italia la situazione è diversa, siamo tra due fuochi: da un lato le banche hanno tassi di default molto bassi, ai minimi storici, molto più bassi dei momenti di crisi del passato: sembra un segno di buona salute, ma chi deve rimborsare i crediti fa fatica, il valore immobiliare sta diminuendo. La Spagna è in una situazione intermedia». Franchi ha anche parlato di gender gap e Esg: «Le donne Ceo nelle quotate italiane sono l’1%, nelle aziende italiane il 3%, la differenza degli stipendi medi nella fascia 20-60 anni del 24-25%, siamo molto indietro in Europa. Nella mia azienda stiamo facendo grandi sforzi per raggiungere una vera parità». Quanto all’Esg, «per noi l’aspetto sociale è il più importante, tutti i giorni abbiamo a che fare con famiglie e imprese in difficoltà, ci relazioniamo con loro in modo etico, diamo una spinta per permettere loro di rientrare nel sistema finanziario e di ripianare i debiti, di rientrare nel circuito del credito. Abbiamo fatto un percorso importante in questo campo di cui siamo orgogliosi».
Ciliegina sulla torta la cerimonia di premiazione delle società finanziarie protagoniste degli ultimi 40 anni, “I quarantennials della finanza in Italia”, condotta dalla giornalista Manuela Donghi. I premi consegnati sono stati 52.