Tariffe autostradali che hanno incorporato indebitamente opere mai realizzate, a cominciare dalla bretella Rivarolo-Voltri a Genova, meglio nota con il nome di Gronda di Ponente. Un passante del costo di 1,8 miliardi di euro, che a distanza di vent’anni, non è ancora stato realizzato. È questo, secondo La Verità, il cuore dell’inchiesta avviata da qualche mese dalla Procura di Roma e dalla Guardia di finanza, che punta ad analizzare vent’anni di incassi miliardari derivanti dai pedaggi. Nelle scorse settimane, come riportato dal quotidiano, le Fiamme gialle si sono presentate negli uffici romani di Autostrade per l’Italia (Aspi) e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per acquisire la documentazione necessaria a chiarire gli addebiti; lo scorso anno la Procura di Roma ha aperto il fascicolo 27174, ipotizzando i reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e di peculato.
Aspi, tariffe autostradali gonfiate: 4,7 miliardi di opere mai realizzate
Come precisato da La Verità, le indagini nascono dall’esposto presentato dagli avvocati Raffaele Caruso, Andrea Ganzer, Andrea Mortara e Ruggiero Cafari Panico per conto di una serie di comitati di cittadini e associazioni di categoria. Il titolare del fascicolo è il pm Fabrizio Tucci che fa parte del pool per i reati della pubblica amministrazione, coordinato dal procuratore Franco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Ielo. Nei giorni scorsi gli specialisti del gruppo Tutela spesa pubblica sezione anticorruzione della Gdf hanno iniziato a studiare le carte. Sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti, in particolare, la cosiddetta quarta convenzione aggiuntiva Anas-Autostrade del 23 dicembre 2002, assorbita in una legge del 2004, che prevedeva incrementi nei pedaggi rispetto alla tariffa forfettaria a chilometro introdotta nella prima convenzione del 1997. Incrementi che erano destinati a finanziare nuove infrastrutture: nove svincoli, la terza corsia del Grande raccordo anulare, la quarta della Milano-Bergamo, la Lainate-Como-Grandate, la terza corsia della Rimini nord-Pedaso, e soprattutto la sopracitata Gronda di Ponente. Opere del valore complessivo di 4,7 miliardi che, secondo gli avvocati, rimasti lettera morta avrebbero rappresentato «la base di calcolo per l’individuazione della tariffa autostradale che lo Stato permette al concessionario di applicare». Tariffe autostradali gonfiate, dunque.
Aspi, le tariffe avrebbero permesso a Edizioni holding di ripianare il debito per l’acquisizione
Ma i fondi destinati a quelle opere sarebbero comunque stati incassati, e secondo quanto riportato dalla Verità sarebbero serviti a ripianare il debito da 8 miliardi che la Edizioni holding Spa, la cassaforte dei Benetton, aveva contratto per acquisire, con l’aiuto delle banche, il 53,8 per cento delle azioni di Aspi. Nell’esposto degli avvocati si legge che il margine di utile, al netto degli investimenti effettivamente sostenuti e grazie ai pedaggi che incorporavano opere poi mai realizzate, potrebbe aver raggiunto il 25 per cento annuo, mentre secondo le norme europee per le concessioni pubbliche quel margine non potrebbe superare il 7 per cento. Per questo nei due ordini di esibizione firmati dal pm Tucci e visionati dalla Verità si chiede agli uffici del ministero e ad Aspi «tutta la documentazione relativa ai criteri seguiti per gli adeguamenti tariffari richiesti al ministero per finanziare i lavori dei tratti autostradali gestiti».