Finanziamenti, anticipo fatture, pagamenti a fornitori sono servizi che le banche offrono, da sempre, con i vincoli noti a tutti. Ciò nonostante, capita spesso che molti di noi tesorieri ai quali ci vengono proposti servizi simili attraverso le realtà del FinTech rispondiamo: “No, grazie, già lo faccio con la banca”. Eppure, valutare opportunità diverse che consentano di diversificare le fonti di finanziamento sarebbe un bene oltre che un vantaggio economico. Di sicuro il maggior vantaggio nella disintermediazione sta nei tempi di emissione del servizio: relazionarsi con la banca, soprattutto per le imprese di piccole/medie dimensioni, vuol dire ancora troppo spesso sostenere oneri, in termini di tempi e spostamenti, che appesantiscono oltremodo il conto economico. Viaggi fisici in filiale, checklist con richieste di documenti da produrre e trasportare, firme su firme su moduli che spesso non vengono neppure letti fino in fondo, attese di settimane e vincoli di priorità dei relativi gestori. Per i prestiti alle imprese i tempi medi di attesa possono anche raggiungere i di 2-3 mesi, alla fine dei quali è anche possibile che la domanda venga rigettata o le condizioni deliberate sono lontane dai desiderata. Ma se anche fosse accolta, può anche succedere che l’azienda potrebbe non aver più bisogno del finanziamento perché l’occasione di business per cui l’aveva richiesta è sfumata o perché, nel frattempo, la situazione di cassa si è irrimediabilmente deteriorata.
La banca ha sicuramente un ruolo essenziale in termini di volumi e prodotti di credito alle imprese che non sarà mai superato da altri soggetti, ma per alcune esigenze il fintech si potrebbe presentare maggiormente adatto alle piccole e medie imprese grazie a tre caratteristiche oggi proposte: trasparenza, flessibilità e soprattutto, velocità. Tuttavia, anche i tesorieri più “advanced” spesso non sfruttano queste opportunità, o per mancanza di informazioni o per una naturale diffidenza verso le novità. Altro impedimento, va aggiunto, è anche la mancanza di personale ben formato, oltre alla scarsa interoperabilità tra vecchia e nuova finanza. Però è evidente che il finTech funziona e sono i numeri a dirlo. Guardando i tassi di crescita, secondo i dati dell’associazione ItaliaFintech, nel solo 2020 le società appartenenti al business lending hanno concesso nuovo credito alle Pmi per 1,65 miliardi di euro, con un incremento del 450% rispetto ai 372 milioni di nuovo erogato nel 2019.
Al contrario le banche continuano a stringere le maglie del credito, in particolare, per le Pmi: negli ultimi 10 anni, i prestiti delle banche italiane alle imprese sono crollati di oltre 186 miliardi di euro (20 miliardi all’anno, dagli 856 miliardi di luglio 2010 ai 669 miliardi di luglio 2020), secondo il rapporto sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa. Tutto ciò è confermato dall’ultimo bollettino di Banca d’Italia che parla di un “irrigidimento delle condizioni di accesso al credito per le imprese di minore dimensione”. Se la media non è ancora peggiore è anche e soprattutto grazie agli aiuti di Stato resisi necessari per gestire le enormi criticità di liquidità esacerbate dallo scoppio della Pandemia.
Anche a livello geografico, il fintech italiano, in realtà, è un’attività che si concentra nelle mani di alcune regioni e non in tutta la Penisola. Il 75% delle imprese italiane del settore sono localizzate in tre regioni: Lombardia (quasi il 50%), il Lazio (16%) ed Emilia-Romagna (9%). Le altre imprese sono distribuite nel resto del Nord, con qualche presenza minoritaria in Puglia. Sono piccole e medie imprese, composte da una media di 18 addetti ciascuna e con un attivo di bilancio di poco meno di 4 milioni di euro. E poi ci sono le imprese fintech che operano in Italia, ma che hanno sede all’estero: soprattutto nel resto dell’Unione Europea, in Nord America e a Londra.
Sicuramente poi l’ingrediente vincente nell’attraversare il Rubicone sarà proprio una maggiore collaborazione tra banche e startup fintech: dai progetti per innovare l’erogazione di credito e pagamenti digitali, tra cui il mobile banking, il digital lending e i servizi connessi con l’open banking alle attività dedicate all’innovazione nei processi di business operations, governance d’impresa, e servizi di investimento e assicurativi, c’è ampio spazio nel fornire il miglior servizio al cliente impresa e, quindi, al tesoriere.