Le imprese petroliere statunitensi stanno producendo una quantità di petrolio in drastico aumento. Da tempo. E questo sta minacciando di portare il prezzo del greggio a un forte calo. Che si tradurrebbe in un danno economico per esse.
Com’è possibile un simile controsenso?
Il dato è che tra il 2011 e il 2014, con un costo del petrolio di oltre 100 dollari al barile, la produzione petrolifera statunitense è stata in permanente boom. La ritrovata popolarità del “fracking” – una tecnica utilizzata per estrarre l’ olio dalla frantumazione delle formazioni di scisti del sottosuolo – ha aperto ampie zone dell’America alle prospezioni petrolifere redditizie. Tuttavia, proprio per questo, dall’inizio del 2016, i prezzi del petrolio sono scesi di oltre il 75% rispetto al loro picco. Poi hanno iniziato a risalire. Ora potremmo essere alla vigilia di una nuova fase discendente di quest’altalena.
Le previsioni degli analisti concordano nel prevedere che gli Usa diventeranno entro il 2019 il maggiore produttore mondiale di petrolio, e questo diminuirà l’ influenza di altri due grandi produttori, la Russia e l’ Arabia Saudita, sul prezzo del greggio. Mosca e Riad 18 mesi fa avevano concluso un accordo per limitare la produzione petrolifera (aumentandone il prezzo). Ma è chiaro che le loro intese conteranno sempre meno nel prossimo futuro.