La riforma del fisco è pronta. Lo ha annunciato ieri il viceministro all’Economia e alle Finanze Maurizio Leo, aggiungendo che già la prossima settimana la bozza che porta la sua firma dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri.
Irpef 2023 nuove aliquote e poi flat tax
I due pilastri del nuovo fisco targato centrodestra, nelle intenzioni del governo Meloni, «al di là della revisione Iva e della ristrutturazione del contenzioso – si legge oggi sul quotidiano “La Verità” – saranno la Flat tax per tutti entro fine legislatura e l’autonomia fiscale per le Regioni con compartecipazione al gettito Irpef».
Ricapitolando, dunque, stando a quanto scrive ClaudioAntonelli, entro 3 anni arriverà la flat tax per tutti e ci sarà una svolta sul federalismo fiscale: «l’obiettivo nel breve periodo è individuare tre scaglioni e aliquote più basse per l’Irpef e a regime, quindi da gennaio 2026, la flat tax vera per tutte le partite Iva e per i lavoratori dipendenti quella incrementale. Per capirsi lo stesso schema adesso concesso agli autonomi che fatturano meno di 65.000 euro e versano di Irpef il 15%».
Riforma fisco 2023, quando entrerà in vigore
Dopo l’approvazione in Cdm, la riforma scritta da Maurizio Leo, come per tutti le leggi delega, dovrà passare al vaglio delle Camere e poi avrà bisogno di almeno due anni per i decreti attuativi.
Ma cosa dice la bozza redatta dal viceministro all’Economia e alle Finanze? «A fronte delle sforbiciate ci sarà anche la tosatura delle oltre 600 voci di tax expenditures – spiega La Verità – sono le detrazioni e deduzioni che oggi valgono 165 miliardi di minori imposte. A oggi il testo non prevede né la percentuale di aliquota secca né il dato esatto del taglio delle agevolazioni fiscali. Si limita specificare che ci saranno delle forfettizzazioni per scaglioni di reddito. Ovviamente è corretto così. I dettagli saranno frutto del lavoro successivo, lo stesso che dovrà unire i puntini dell’altro pilastro della riforma».
Federalismo fiscale come funzionerà
Nella legge delega c’è anche espressa la volontà di attuare il federalismo fiscale. E come si pensa di portare avanti la svolta? «Accelerando il processo di autonomia finanziaria delle Regioni a statuto ordinario – si legge sempre sulla Verità – i trasferimenti statali saranno sostituiti dalla compartecipazione diretta al gettito Irpef e a quello Iva secondo il cosiddetto principio di territorialità. Si andrà a tracciare il luogo in cui avviene la cessione dell’imposta».
«Nello stesso tempo – scrive il quotidiano diretto da Belpietro – saranno riorganizzati i tributi regionalie sarà consentita anche la possibilità di introdurre con leggi locali l’accertamento esecutivo e la definizione agevolata. È chiaro che una volta messo mano a quelli regionali, il Parlamento potrà garantire ai Comuni e alle Città metropolitane di gestire in autonomia la definizione agevolata delle rispettive entrate. Dalla compensazione dei tributi locali sino alla gestione dell’Imua livello territoriale».
Statuto del contribuente cos’è e cosa prevede
La bozza di Leo sembra allineata alle direttive che arrivano da Bruxelles almeno per ciò che concerne la ristrutturazione dell’Iva e – probabilmente – anche per quanto riguarda l’impronta ecologica e sostenibile. Tra le pieghe della bozza si legge di una riduzione complessiva del carico fiscale, di incentivi per i nuovi investimenti concapitali esteri e, ultima ma non meno importante, dell’idea di rendere lo statuto del contribuente una legge generale tributaria.
Sarebbe una novità visto che ad oggi, e da più di un decennio, le leggi fiscali vengono scritte in deroga allo statuto del contribuente. Cosa vuol dire? Che se il testo di riferimento dice che ci deve essere sempre un nesso tra prelievo fiscale e servizi correlati, le nuove tasse vengono create per tappare i buchi nel bilancio.
Su quel che sarà, lo sapremo solo nel 2025.