La coalizione di centrosinistra cala l’asso Carlo Cottarelli. È il primo big ufficiale esterno ai partiti politici (ma molto interno alla politica) a ufficializzare la candidatura con +Europa, la lista che ha concluso l’accordo con il Partito democratico di Enrico Letta.

Il suo nome apparirà sulle schede elettorali nel nord, in corsa sia nell’uninominale sia nel proporzionale, per la garanzia di un’elezione certa. Letta saluta l’ufficialità con queste parole: “Si tratta del miglior interprete dell’intesa che abbiamo fatto la settimana scorsa, che vede entrare Cottareli e vede uscire chi ha deciso di uscire. Lavorare con lui è un privilegio”. Oggi, il segretario del Pd gongola come quando all’epoca, dopo il due di picche “Enrico stai sereno“, Cottarelli faceva pelo e contropelo al nemico Renzi.

Per il grande pubblico televisivo Cottarelli è un volto noto, spesso ospite da Giovanni Floris nella trasmissione Di Martedì, in onda su La7 o da Fabio Fazio a Che tempo che fa, in Rai. Per le istituzioni italiane è invece l’ex Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica (Commissario della spending review), incarico che ha ricoperto dal 2013 al 2014 durante, a cominciare proprio dal governo Letta. Nel novembre 2013 fu proprio l’esecutivo guidato da Enrico Letta ad affidargli quell’incarico.

 

Che significa spending review

L’attività del commissario straordinario riguarda le spese delle pubbliche amministrazioni, degli enti pubblici, nonché della società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche che non emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati.

Il primo novembre 2014, su nomina del governo Renzi, Cottarelli è diventato anche direttore esecutivo nel Board del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), conquistando lo scranno più alto del dipartimento Affari fiscali. Il 30 ottobre del 2014 aveva lasciato la poltrona di commissario alla revisione della spesa non senza polemiche, denunciando la cattiva gestione dei conti pubblici. Un passaggio piuttosto repentino.

 

L’insofferenza e le denunce: il rapporto Cottarelli

Infatti, Cottarelli mostrava insofferenza nel mondo dei partiti e della politica. Tanto è vero che in una dura intervista rilasciata a Beppe Severgnini, prima di entrare nel Fmi e poco prima del termine dell’incarico di commissario straordinario, denunciava difficoltà a relazionarsi, prima ancora che con il sistema politico, con quello burocratico, a suo dire chiuso ed estremamente impermeabile ad ogni azione finalizzata a modernizzarne l’attività. “Non mi davano neanche i documenti”, tuonò rassegnato, dopo aver provato a mettere ordine ai conti italiani e aver preso atto della resistenza di burocrati e “mantenuti” delle corporazioni italiane.

Durante le numerose ospitate in televisione si è occupato principalmente di temi di economia, più in dettaglio degli sprechi della Pubblica amministrazione italiana e dei bilanci dello Stato.

La sua denuncia del 2014 sulla diffusa pratica ad autorizzare spese non coperte da spending review vibrò come una prima picconata sull’allora già traballante governo renziano, che 2 anni dopo si sarebbe incartato sui referendum costituzionale del 2016.

Comunque, in rete c’è ancora traccia del Rapporto Cottarelli (qui); un piano del 2014 che proponeva 34 miliardi di risparmi “effettivi” da realizzare entro il 2016, toccando alcuni nervi scoperti del potere. E infatti quel rapporto è rimasto lettera morta. Anzi, quei tagli alla spesa pubblica e agli sprechi sono stati subito riutilizzati.

 

Dal Fmi alla candidatura alle elezioni 2022

Carlo Cottarelli è un po’ figlio degli anni della spending review, stagione tecnica-politica inaugurata dall’ex premier Mario Monti, attento alla spesa e al debito pubblico. Dal 30 ottobre 2017 è direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano. Oggi viene prestato al servizio di un partito politico: che voglia anche lui scardinare il sistema dall’interno?

Vedremo. Speriamo solo che della sua missione di commissario-giustiziere dei conti pubblici non resti traccia solo tra le sue opere saggistiche, che vale la pena ricordare:

“La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare” (Feltrinelli, 2015); “Il macigno. Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene” (Feltrinelli, 2016); “I sette peccati capitali dell’economia italiana” (Feltrinelli, 2018). Ma il libro di successo è certamente “Pachidermi e pappagalli. Tutte le bufale sull’economia a cui continuiamo a credere”.