«Chi critica il criterio del merito nella formazione non ne ha compreso il suo significato costituzionale», dice Giuseppe Valditara, giurista, milanese, esponente della Lega, e soprattutto ministro dell’Istruzione e – appunto – del merito nel governo Meloni. «Il concetto stesso di merito, che abbiamo voluto inserire nel nome del ministero, va inteso nel senso della valorizzazione dei talenti di tutti – aggiunge, in quest’intervista esclusiva con Economy – ed è ciò che serve per rimettere in moto l’ascensore sociale. Purtroppo finora il merito non ha avuto il giusto spazio con la conseguenza che la scuola è diventata classista. È dalla metà degli anni Settanta ad oggi che l’ascensore sociale si è bloccato, al punto che nel 2022 siamo tornati indietro ai livelli del 2000, abbiamo perso 22 anni di promozione sociale».
Ministro, è un po’ sorprendente sentire, da un politico della destra, un’affermazione così anticlassista. È un ambito che sembrava appannaggio storico della sinistra. Ci spiega meglio in che senso il merito è appunto un antidoto al classismo?
Il merito come valore, come lo intendiamo noi, è la compiuta coniugazione del dettato di due articoli della Costituzione: l’articolo 3, secondo comma; e l’articolo 34.
Rileggiamoli insieme, ministro. Articolo 3, 2° comma: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E poi l’articolo 34: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”. Appunto: sono principi sacrosanti, ma trascurati in passato.
Dobbiamo veramente dare a tutti la possibilità di farcela, di valorizzare le proprie abilità e vocazioni, personalizzando nel modo appropriato l’istruzione. Anche per questo abbiamo introdotto la figura del docente tutor: proprio per venire incontro alle esigenze dei ragazzi che altrimenti non ce la farebbero, affinché nessuno resti indietro, e quindi ancora una volta occorre un’istruzione personalizzata. La vera sfida è questa: fare in modo che ogni ragazzo venga seguito e messo in condizione di esprimersi al meglio delle sue possibilità, non solo i figli dei ricchi che possono permettersi le ripetizioni private o le vacanze di studio all’estero….
Ministro, ora tocchiamo il tasto più dolente: l’incomunicabilità tra mondo del lavoro e mondo della scuola…
Un punto dolente. Un dato gravissimo, sono 1,2 milioni i posti disponibili e non coperti per l’assenza di qualifiche appropriate. Nella sola provincia di Brescia ci sono ben 100 mila posti scoperti, in gran parte perché gli istituti tecnici e professionali non offrono qualifiche corrispondenti ai bisogni.
Che fare? Soprattutto: come cambiare in meglio al più presto?
Innanzitutto è necessaria una riforma seria dell’istruzione tecnico professionale che deve diventare un canale formativo di serie A, costruito secondo una logica di filiera dalla formazione professionale regionale fino agli Its, in stretta connessione con il mondo dell’impresa. Da questo punto di vista, è decisivo poter ricorrere alle competenze del mondo delle imprese e delle professioni, laddove manchino all’interno della scuola le specializzazioni necessarie.
Cioè?
Significa che la scuola deve aprirsi anche alle competenze esterne, ove manchino le specializzazioni interne. A questo fine è importante il ruolo di regia che anche gli uffici scolastici regionali dovranno iniziare a svolgere, favorendo l’incontro fra scuole, imprese e associazioni di categoria.
Quindi lei prepara la riforma dell’istruzione tecnica…
Sì, ho creato un gruppo di lavoro per definire una riforma sul modello tedesco e svizzero. Immaginiamo l’apertura alle imprese del mondo formativo e un sistema di tavoli organizzati dagli uffici scolastici regionali che mettano insieme appunto le scuole, le associazioni di categoria e le parti sociali per capire com’è meglio orientare l’offerta formativa, come costruirla in modo da farla rispondere sempre più alle esigenze del territorio e quindi più in generale del mercato del lavoro. Un aspetto decisivo, ben chiaro sin dalle linee guida che ho licenziato poco prima di Natale, è quello del nuovo sistema di orientamento. C’è bisogno di una scuola che sappia far emergere i talenti di ogni ragazzo, che riesca a riconoscerli ed a rivelarli a genitori e studenti; e insieme occorre una scuola che venga messa in condizione di conoscere quelle richieste e le opportunità di lavoro, in modo che le famiglie e gli studenti possano scegliere con consapevolezza la strada giusta. In questo modo arriveremo a dare a ogni ragazzo una prospettiva di lavoro concreta. A questo fine sono indirizzate tutte le innovazioni che abbiamo introdotto, dal docente “orientatore”, che orienterà i giovani nelle scelte formative in funzione e in rapporto col territorio, alle lettere che abbiano inviato alle famiglie degli studenti delle scuole medie e ancora alla piattaforma per l’orientamento e la personalizzazione della formazione.
Una rivoluzione. Ma funzionerà?
Ne siamo certi, ci sono già esperienze simili.
Ma il livello culturale del corpo docente è all’altezza di una simile sfida, nonostante i decenni di lassismo nelle selezioni, senza concorsi, con abilitazioni facili e quant’altro?
Io sono fiducioso della qualità complessiva della scuola italiana e dei suoi docenti. Il nuovo reclutamento presupporrà rigorose valutazioni delle competenze didattiche e interdisciplinari, valutando altresì la capacità dell’aspirante docente ad entrare in sintonia e in relazione con gli studenti. Ma non basta. L’altra svolta sarà quella di prevedere una formazione continua dei docenti.
Qualcuno ha definito il recente Festival di Sanremo come un corso assai semplificato di educazione civica. Crede che basti l’educazione civica che si impartisce oggi nelle nostre scuole?
L’educazione alla cittadinanza deve essere caratterizzata su temi specifici, penso per esempio all’educazione stradale su cui stiamo lavorando con i ministri Salvini e Piantedosi. Le morti su strada di tanti giovani devono essere fermate. Può essere interessante anche incentivare l’educazione economica e finanziaria. Stiamo concludendo a questo proposito una convenzione con la Corte dei Conti anche per insegnare la finanza e i principi base dei conti pubblici, così come la necessità di rispettare i beni pubblici.
Torniamo agli insegnanti: pensa che le sarà possibile aumentarne gli stipendi, stanti gli attuali vincoli della finanza pubblica?
Abbiamo iniziato un percorso di riqualificazione retributiva, e l’ultimo contratto è il più importante, con aumenti medi di 123 euro al mese per 1,2 milioni di persone. Sto lavorando per far sì che il corpo docente sia sempre più motivato, rispettato, qualificato e retribuito e da questo punto di vista dobbiamo non solo fare uno sforzo economico ma dobbiamo anche cercare di coinvolgere i privati nel finanziamento della scuola in quanto bene pubblico e motore sociale ed economico del Paese; e colgo su questo punto molta più disponibilità che in passato.
Che vi siete detti a Davos, visto che lei è stato l’unico esponente del governo italiano ad andare al Meeting?
È’ stata una partecipazione interessante, con scambi di informazioni importanti e inaspettati apprezzamenti come quello del segretario al lavoro americano al nostro progetto di riforma della istruzione tecnico-professionale.