Economy magazine

Mare aperto, estate piena, sole alto. Uno yacht da 26 metri fila a 15 nodi al largo di Montecarlo. A bordo, 64 persone più l’equipaggio, in religioso silenzio, scrutano la superfice marina dietro gli occhiali scuri, coi binocoli, concentratissimi. Finché tutti si girano verso lo stesso punto: la balenottera appena emersa a soffiare verso il cielo il suo fiato. Attorno, solo il fruscio della scia che lo scafo lascia sull’acqua. Eppure lo yacht non è a vela: va a motore. E sta filando. Ma è un motore che ieri non c’era. Forse la più sorprendente invenzione tecnologica nella nautica dagli anni Trenta.

L’acqua entra ed esce in linea retta E spinge molto di più, nel silenzio e nell’ecologicità dell’elettrico

«Posso confermarle che l’abbiamo brevettato senza alcun intoppo in 30 Paesi del mondo, e stiamo continuando con altri 20», dice semplicemente William Gobbo, l’imprenditore che quattro anni fa ha ideato DeepSpeed e ha costituito un’azienda, la sua Sealence (un nome che appunto gioca con la parola inglese “sea”, mare, ma suona anche, in italiano, come “silenzio”), che ha trovato sul mercato ad oggi ben 10 milioni di euro, ed altri 30 ne stanno arrivando, per finanziare e sviluppare con un team di oltre trenta risorse la produzione del loro jet. Proprio così: un “jet”, non un idrogetto. E c’è una gran differenza: il 30% di efficienza in più a parità di potenza. Elettrica, naturalmente.

Lo yacht per il whalewathing, un battello da 26 metri e 50 tonnellate di stazza, è in sviluppo dalla Amer Yacht, il cantiere sanremese della famiglia Amerio che non ha caso, come claim, ha scelto: “L’innovazione è il nostro dna”. Per un’imbarcazione del genere, il silenzio della navigazione – veloce e regolare come una barca a motore, silenziosa come una barca a vela – è essenziale, come lo è l’assenza di eliche.

Scendiamo ora a Sud di 500 miglia, siamo a Napoli. Un traghetto di 24 metri sta partendo da Mergellina verso Procida. Ma chi sta sulla banchina non deve inalare il solito, penetrante odore di gasolio che esce nero dagli scarichi, vedere i riflessi iridati di olio sversato dietro la poppa che accompagnano la partenza dei mezzi per le isole. È un traghetto della Lauro Holding, la flotta di mezzi veloci con cui il senatore Salvatore Lauro serve ogni anno un’infinità di turisti alla volta delle tre isole del golfo, e la scelta di Procida non è casuale: «Un battello da 160 passeggeri – precisa Gobbo – che collegherà Napoli con Ischia ma anche e soprattutto con Procida, che peraltro nel 2022 è capitale italiana della cultura! E noi siamo sicuri che DeepSpeed sia figlio di una nuova cultura del mare e della nautica, naturalmente una cultura di sostenibilità».

Un anno fa Economy raccontò la nascita e la crescita di Sealance, rivelando il valore di questa invenzione che, partendo da un’idea semplice come tutte le grandi idee, elimina dalla struttura dei vecchi idrogetti la curva a gomito che rallenta il flusso dell’acqua e riduce le prestazioni. DeepSpeed è costituito da un motore elettrico anulare che ruotando nell’intercapedine tra le due pareti di un cilindro cavo, come all’interno di un guscio, trasferisce all’acqua la logica dei motori a reazione che fanno volare il mondo. L’acqua entra ed esce in linea retta, senza ostacoli a rallentarla. E spinge molto di più, nel silenzio e nell’ecologicità dell’elettrico. Con prestazioni di assoluto rilievo: il battello di Amer Yacht ha un’autonomia dichiarata in navigazione di 5 ore a 15 nodi e si ricarica in poche ore.

Ora, con la presentazione all’ultimo Salone nautico di Genova del primo scafo laboratorio funzionante, provato da decine di esperti entusiasti (si veda il video raggiungibile attraverso il QR in questa pagina) e con gli accordi con Lauro Holding e Amer Yacht, per Sealence si profila un primo anno, il 2022, di operatività piena. Ma c’è di più:  un accordo industriale con un colosso globale della motoristica che verrà annunciato nel gennaio prossimo al Ces (Consumer Electronics Show) di Las Vegas, dove Sealence sarà tra le star. «Posso dire che il 2022 è l’anno in cui finirà la sperimentazione e sarà la soglia d’ingresso in un mondo di applicazioni che considero sterminato… Siamo naturalmente degli outsider, è nel nostro Dna – racconta William – ma il sistema ci guarda con grande favore. Lavoriamo in sintonia con Confindustria Nautica, con molti grandi cantieri internazionali e direi che con l’accordo industriale che annunceremo presto, verremo considerati ormai ufficialmente ed a pieno diritto come uno dei player nello stretto club della nautica mondiale, forse non il più grande, ma sicuramente il più innovativo. Presenteremo nel 2022 diverse applicazioni della nostra tecnologia su diversi scafi oltre i 15 metri. Ad oggi ne abbiamo 4 per barche tra i 12 e i 16 metri, senza contare le due navi oltre 24 metri citate prima». L’accostamente con la Tesla è inevitabile, ma paradossalmente in Sealance c’è molta più sostanza, perché l’innovazione – anzi, proprio l’invenzione – è tutta nella tecnologia, e per quanto i jet DeepSpeed siano oggetti belli da vedere non sono fatti per essere in vetrina, ma per stare sott’acqua: fanno sostanza, non apparenza. «Quando mi chiedono se siamo la Tesla del mare rispondo di sì ma unicamente per la portata del salto in avanti che stiamo per far compiere al settore di riferimento, ma è l’unico parametro nel quale mi riconosco. Entrambi cioè sviluppiamo tutto quanto serve a rendere elettrici dei veicoli, e Tesla in questo è un riferimento assoluto, ma noi abbiamo in più la complessità del jet DeepSpeed che, vi assicuro, mette a dura prova non solo le competenze dei nostri progettisti ma anche quella di uno dei massimi scienziati mondiali di propulsioni a jet, il prof. Ernesto Benini dell’università di Padova, senza il quale questo progetto non potrebbe esistere», non esita a precisare William Gobbo.

E dunque il 2022 sarà un anno di ricavi importanti, anche se le prime vendite sono state già concluse quest’anno «vendendo le nostre propulsioni – continua l’imprenditore – a due start-up nautiche molto innovative. Si tratta di una futuristica imbarcazione che può diventare un sommergibile e di una wake-boat, cioè un motoscafo di 12 metri che viene utilizzato per generare un’onda sulla quale i surfisti possano esercitarsi, grazie a una carena studiata apposta per generare proprio quell’onda e non altre, e i nostri jet erano perfetti per lo scopo!».

Insomma: l’invenzione è diventa prodotto. Ed è questa metamorfosi efficiente lo specifico di Gobbo: «Io sono un project manager, quindi una volta avuta l’idea avevo anche le competenze per implementarla. L’ho condivisa con il professor Ernesto Benini ed assieme ai progettisti ne abbiamo avviato lo sviluppo. Ho poi iniziato a coinvolgere un gruppo ristretto di partner con i quali, lavorando insieme l’abbiamo fatta oggi diventare realtà, passo dopo passo, e senza troppi errori. In 18 mesi siamo passati da uno a 32 dipendenti! L’invenzione cioè non è rimasta sulla carta ma è diventata prodotto e ha creato sviluppo. È in questo rapidissimo percorso di crescita che, grazie a qualche piccolo talento personale e tanto lavoro, sono riuscito a fare la differenza». Nel 2018 Gobbo ha coinvolto i primi business angels – la famiglia De Brabant, Maurizio Nicolis di Robilant – ha vinto il bando Smart and Start di Invitalia, il finanziamento Intraprendo di Regione Lombardia, un Horizon2020. «Siamo partiti con soldi miei e successivamente di questi primissimi angels; poi abbiamo lanciato con successo una prima campagna di crowdfunding, per mezzo milione, e subito dopo abbiamo emesso un convertendo collocando un altro mezzo milione in quattro giorni. La seconda campagna di crowdfunding ha poi fatto storia, registrando diversi primati italiani ed europei, raccogliendo il primo milione di euro in meno di 18 ore e chiudendo pochi giorni dopo a quasi 3 milioni (su 1 milione richiesto al mercato). La partita è ormai grande: abbiamo già ricevuto e rifiutato proposte di acquisizione perché vogliamo diventare adulti con le nostre forze. E con ambizione: nel ‘22 ci espanderemo fisicamente all’estero. Abbiamo già messo le firme per aprire una sede a Shangai e una nella Silicon Beach, a sud della Silicon Valley». L’internazionalizzazione è anche la chiave di volta del futuro finanziario di Sealence: «Il ragionamento progressivo è stato ed è chiaro – spiega Gobbo – Complessivamente finora abbiamo vissuto raccogliendo, tra angels e crowdfunding, circa 5 milioni di euro come equity e quasi altrettanti da due cordate bancarie. A gennaio ’22, contestualmente con l’avvio della produzione e dei ricavi, pubblicheremo un nuovo piano industriale che prevede oltre 50 milioni di euro fra investimenti e costi di struttura. E quindi lanceremo una nuova fase di funding, cominciando con un nuovo convertendo da 10 milioni come prima tranche che troveremo sul mercato, per sostenere la prima parte del piano che prevede un fabbisogno di cassa di 27 milioni: il resto verrà dai ricavi».

Dopo aver condotto con successo una serie di round di finanziamento Sealence conta di quotarsi al Nasdaq entro il 2023

E il futuro anteriore? Ancora internazionale: «Contiamo di quotarci al Nasdaq entro il 2023. Avremmo potuto già farlo mesi addietro quando siamo stati avvicinati da una Spac americana che ci proponeva un investimento di 135 milioni di dollari, ma ho rifiutato – racconta Gobbo – perché erano troppi soldi e nel momento sbagliato rispetto ai nostri tempi industriali, e inoltre quel gruppo finanziario avrebbe rivendicato la gestione dell’impresa, che deve invece restare italiana. La strategia è mantenere l’head-quarter in Italia, pur globalizzando il business, e di cambiare l’ecosistema finanziario di riferimento così da crescere velocemente e padroneggiare meglio i mercati più grandi di sbocco dei nostri jet. Sappiamo dove vogliamo e dobbiamo arrivare, e abbiamo le capacità ed il carattere per farcela. C’è uno spazio di mercato immenso, i progressi compiuti dalla mobilità su terra e aerea sono enormemente più avanzati di quelli della mobilità nautica, ferma sostanzialmente all’elica, che è un’invenzione del ‘700, mai veramente cambiata da allora. Quando ho letto il brevetto che il professor Benini ha scritto sul mio spunto inventivo, ho capito fino in fondo quel che stavamo facendo dal punto di vista della fisica. Noi siamo la tecnologia che permetterà di abbandonare l’elica nel settore navale così come i jet hanno superato l’elica nell’aviazione. DeepSpeed non è solo un propulsore rivoluzionario, è un ecosistema complesso in cui la migliore e più evoluta tecnologia lavora all’unisono con sofisticati algoritmi di inteligenza artificiale che cambiano l’esperienza di navigazione dopo tre secoli». Il motto di DeepSpeed in questo senso appare minimalista: “L’acqua è l’unica impronta che lascerai”. Certo, fisicamente. Ma questa tecnologia promette di lasciare un’impronta economica e industriale molto più densa dell’acqua.