È una costante italiana: complicare quello che è semplice e creare un cortocircuito che si ripercuote in maniera negativa su di noi e sul business. è (anche) il caso del tax free: in paesi evoluti come il Giappone, ad esempio, il suo funzionamento è semplicissimo. Si fa un acquisto superiore a una certa soglia e si riceve uno sconto pari all’importo Iva. Quando si rientra in Italia, ci si reca in aeroporto, in dogana, e si consegna lo scontrino che dimostra lo sconto ricevuto. Fine delle operazioni. In Italia funziona al contrario. L’acquirente straniero che spenda più di 155 euro ha diritto a un rimborso solo dopo aver effettuato l’acquisto, che quindi viene effettuato a prezzo pieno. Per far ciò deve compilare un modulo cartaceo, fare code in aeroporto, per poi ottenere quanto gli spetta dopo mesi! Ma, e qui viene il bello, il malcapitato turista non riceve neanche l’intero importo che gli spetterebbe, bensì una quota decurtata dal 30 al 50% per le commissioni che devono essere corrisposte – altro assurdo – alle due o tre agenzie di tax refund che fanno da intermediari. Perché? Perchè il sistema del tax free non è gestito dallo Stato, come sarebbe ovvio, ma dai privati. Un’idea a dir poco strampalata che, in grandi città come Milano o Roma, finisce per penalizzare clamorosamente il commercio. Sì, perché soprattutto nelle grandi boutique del centro, i visitatori provenienti da Cina, Russia e Usa valgono quasi il 60% del fatturato. Una cifra che potrebbe salire se si snellissero le procedure e, soprattutto, se venisse corrisposto ai turisti l’intero importo dovuto. In questo scenario kafkiano si è inserita, alla fine del 2016, Stamp, una startup creata da quattro giovani soci a che sta prendendo piede con un’idea tanto semplice quanto efficace: gestire in maniera automatizzata le procedure di tax refund, garantendo a chi ne ha diritto di rientrare in possesso dell’intero importo semplicemente non pagandolo a monte.
«Stamp si è diffusa in maniera molto soddisfacente. abbiamo già aiutato molte migliaia di clienti ma siamo appena agli inizi».
«La nostra – ci spiega Stefano Fontolan, uno dei “papà” di Stamp – è una soluzione che fa contenti tutti: i visitatori, che ricevono un trattamento “tax free” completo e non parziale; i negozianti, che non devono più sudare freddo quando si avvicina un turista a chiedere quanto gli è dovuto; il sistema economico nazionale che così è più attrattivo». Ma come funziona Stamp? Semplice: i turisti si registrano sul sito e inseriscono il periodo di permanenza nel paese straniero, eliminando così il modulo di carta da compilare. Una volta inseriti i dati, non ci sarà più bisogno di rimetterli per altri acquisti. I negozianti, invece, non devono far altro che scaricare l’app per emettere fatture che presentano già lo storno dell’Iva. Nient’altro. E tutto gratuito, almeno per i merchant. I visitatori, infatti, possono beneficiare di Stamp a costo zero se spendono fino a 400 euro in Italia, altrimenti si passa all’account premium che, per 9 euro, permette di ricevere scontrini tax free per qualsiasi importo. «In questo modo – continua Fontolan – si crea un circolo virtuoso in cui i turisti sono invogliati a fare acquisti e a spostarsi tra i negozi, perché è come se fossero immersi in un outlet grande come tutta la penisola». «Al momento – conclude Fontolan – siamo attivi solo in Italia, ma l’idea è di espanderci in tutta Europa. Siamo partiti in quattro, ma ora siamo già in dieci e ci stiamo ingrandendo: siamo una software house, quindi principalmente ricerchiamo sviluppatori e informatici, ma stiamo anche guardando a figure che ci possano consentire di incrementare il nostro business. Infatti siamo in procinto di chiudere degli accordi con i principali brand del lusso».