Il crollo della borsa di Mosca: Vladimir Putin è alle strette? Dopo le minacce dello zar alla tv russa, rimbalzate stamattina in tutto il mondo, la mossa del Cremlino sembra più il colpo di coda di un caimano ferito e accerchiato. Sullo sfondo, si allungano le ombre di un pericolo nucleare.
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Il crollo della borsa di Mosca: Vladimir Putin è alle strette? È la domanda che in tanti si stanno ponendo, proprio a poche ore dal suo discorso minaccioso al mondo intero.
L’unica certezza al momento è che le sanzioni imposte alla Russia e al regime russo stanno indebolendo l’economia russa, all’ombra del Cremlino. Le sanzioni hanno compromesso i traffici commerciali ormai bloccati verso Ovest e il mondo occidentale, aperti alla però sempre più diffidente Cina di Xi Jinping, alle prese con il Congresso del Partito Comunista, per ricevere l’ennesimo mandato “divino” per un popolo sotto dittatura, ma stanco della crisi cinese.
Il crollo della Borsa di Mosca
Gli investitori sono in fuga dalla piazza dei mercati russi. L’indice Moex ha perso più del 10% sotto la quota di 2.200 punti. Yandex il Google in salsa russa è il titolo che risente maggiormente della crisi finanziaria, perdendo il -8,50%. Ma anche i colossi energetici ne escono a pezzi, come Lukoil (-7,90%), la società segnata dal suicidio (omicidio) del suo presidente Ravil Maganov, l’ennesimo manager morto in circostanze sospette e che aveva osato criticare il tiranno Putin.
Tutte le altre società controllate dal regime di Putin, accusate di corruzione e manipolate dai ricchi oligarchi, sono in perdita dell’oltre 6%, e sono le solite note Gazprom, Rosneft e Sberbank.
Putin, che detiene conti segreti e proprietà proprio nel mondo occidentale, da lui fortemente criticato sui “valori materiali”, sta costringendo alla fame i russi che sembrano vivere ormai sotto effetto narcotico di una dittatura, e accedono sempre meno alle notizie reali.
Anche Elvira Nabiullina, la presidente della Banca di Russia, non sa più pezze mettere davanti a un buco che si allarga come una supernova in espansione.
E intanto, la deputata russa Ksenia Thorstrom, che vive protetta in Finlandia, ha già raccolto le firme di 70 colleghi politici che chiedono le dimissioni dello zar che si crede e si paragona a Pietro il Grande.
La minaccia nucleare di Putin
È di poche ore fa la notizia di Putin che starebbe dando il via alla mobilitazione militare, richiamando 300 mila riservisti. Tutti disperati e poveri cittadini da utilizzare come carne da cannone per il progetto folle del presidente: conquistare territori per la grande Novorossiya.
Putin in televisione mente spudoratamente, non nasconde il tic nervoso di chi sente il fiato al collo, ma ora non esclude più l’utilizzo di armi atomiche e testate nucleari. “Ce le abbiamo pure noi”, sfoggia orgoglioso, col piglio da bullo di chi tiene la testata dritta e puntata contro.
Il referendum farsa nel Donbass
Putin ora minaccia il mondo e si prepara ai referendum farsa per annettere le terre del Donbass. Un pretesto, aveva osservato ieri Biden, per scatenare la miccia della guerra nucleare.
Infatti, proprio Mosca ha parlato di confini della Federazione di Russia minacciati dall’esterno. Con l’annessione del Donbass tramite un voto falsato avrebbe così il pretesto per attaccare con la scusa di sentirsi sotto minaccia.
A questo punto il presidente dell’Ucraina Zelensky chiede all’Unione europea e a Washington più armi a lungo raggio, escludendo da ora ogni possibile negoziato con Mosca.
È un mercoledì nero per le borse e i mercati finanziari russi. Ma lo è anche per Bruxelles e gli Usa, dove si allunga lo spettro di una minaccia nucleare: la terza guerra mondiale.