La cuccuma sobbolle sul fuoco. Sacrilegio: è la moka che deve produrre il nettare. Non scherziamo, evviva le cialde. E il caffè americano dove lo mettiamo? E il composto solubile della multinazionale? Lungo, corto, ristretto, in tazza grande. Macchiato, con latte freddo a parte, con poca schiuma, tiepido, bollente, al vetro. Mente chi dice che esiste “un solo caffè”, anche se ognuno rimane fermamente convinto che quello vero sia quello di casa propria. Come cantava Modugno «ah che bellu cafè, sulo a Napule ‘o sanno fa’ e nisciuno se spiega pecché è ‘na vera specialità!» perché quel sapore lì solo all’ombra del Vesuvio. Inutile tentare di mettersi d’accordo, soprattutto quando ci si scontra con l’evidenza che in Italia manca totalmente una cultura del caffè, la comprensione del processo produttivo e perfino dei costi che devono essere sostenuti dalle aziende. Anche perché pagare un euro per una tazzina non è più sostenibile visti i valore dell’intera filiera. Dunque, preso atto della necessità di rivedere – al rialzo – i prezzi (c’è chi parla di 1,80 euro a caffè), bisogna capire come darsi da fare per puntare su un settore che è in continua espansione. A patto di capire “dove tira il vento”: sempre più esperienza, sempre più momento di condivisione, il caffè si trova di fronte a un bivio. Rimanere un rito veloce, da trangugiare in un istante di fretta, oppure tramutarsi in un momento di “stacco” vero e proprio, con tempi dilatati e un cambio radicale di prospettiva.
Il costo di un euro a tazzina di caffè non è più sostenibile. bisogna pensare di raddoppiarlo. ma serve un’esperienza diversa e completa
Questa seconda ipotesi sembra essere la via più perseguibile. In primo luogo, perché in Italia ogni anno aprono una quarantina di signature coffee shop (le caffetterie a marchio), con una crescita annua del 6,3%. Se si proseguisse su questa strada, entro il 2020 potrebbero esserci nel nostro paese poco meno di 900 esercizi di questo tipo. L’attesa è che siano gli americani di Starbucks a guidare l’espansione, ma anche l’approdo in Italia di altre catene internazionali che finora non avevano tentato, per diversi fattori, l’apertura nel Bel Paese. Con questi segni di ripresa economica (a seguito di un periodo che era stato a dir poco catastrofico da questo punto di vista), i leader del settore hanno registrato una ripresa positiva sulle attuali condizioni nel mercato del caffè arrivando al 54% (rispetto al 48% del 2016).
Questo trend positivo dipende da diversi fattori. Prima di tutto, la caffetteria non è più un luogo di mera torrefazione e degustazione, ma anche un posto in cui mangiare cibi sani e gustosi. La qualità dei prodotti e perfino la possibilità di connettersi a internet – richiesta che riguarda soprattutto i lavoratori autonomi e gli studenti – contribuiscono ulteriormente allo sviluppo del fenomeno. La rinnovata cultura del caffè riguarda soprattutto i millennials, che hanno iniziato ad apprezzare una modalità di approccio alla bevanda decisamente diversa da quella del passato. Inoltre, molta parte del successo dipende anche dalla famosa customer experience, che consta di un’attenzione durante il servizio alle esigenze della clientela, l’atmosfera del locale, la cura nell’arredamento e nei dettagli di design, un servizio rapido e una buona scelta anche tra le bevande proposte come alternativa al caffè. Ma il protagonista indiscusso dell’esperienza rimane sempre lui, il caffè, che deve essere offerto con miscele particolari, magari cambiandone anche la modalità di fruizione: non più in tazzina da bere tutte d’un fiato, ma tazze più capienti che permettano di esaltarne l’aroma.
Per tutti questi fattori, il mercato italiano sta vivendo un passaggio epocale da una dimensione familiare, fatta di piccole attività locali come bar e torrefazioni, a una dimensione più internazionale, con un mercato più competitivo per le grandi catene (da Starbucks a McCafè) e un servizio più vario per i turisti di tutto il mondo. A soffrire maggiormente sono le aziende tradizionali, che faticano a stare al passo con i tempi. Questo cambiamento di prospettiva è facilmente rilevabile anche dai dati di consumo: negli ultimi mesi il prezzo medio di un cappuccino in Italia è salito del 2%, arrivando a 1,48 euro, mentre un latte macchiato ora costa 1,63 euro, in aumento del 5% rispetto a qualche anno fa. Ma, soprattutto, si è alzato lo scontrino medio di un espresso, arrivato a 1,29 euro, una cifra che è del 30% superiore alla media dei bar tradizionali.
Un fenomeno a due facce, quindi: se i grandi colossi americani continuano la loro strategia di nuove inaugurazioni a ritmo serrato (McCafè, nel 2017, ne ha aperti 20), dall’altro Illy e Segafredo hanno ridotto il numero di retail e Lavazza Espression continua a vendere da un unico negozio fisico. Dietro all’irraggiungibile McCafè (280 punti vendita) si trova la Bottega del Caffè, che ne conta 135 e che ha circa il 20% del market share totale. Al terzo posto troviamo Caffè Vergnano 1882, che ha aumentato la sua percentuale di mercato fino al 9% con 60 negozi fisici, di cui 14 aperti soltanto negli ultimi 12 mesi. I tre principali player del mercato si spartiscono il 73% delle quote di mercato, in crescita dell’1% rispetto al 2016.
Mccafè ha aperto 20 punti vendita soltanto nel 2017, e Starbucks è pronta a nuove inaugurazioni. Ma i brand storici arretrano
La crescente attenzione per il caffè “d’autore” nel nostro paese ha convinto Allegra Events, società di eventi con base a Londra, a trasferire il forum del “Coffee Festival” anche a Milano, inaugurando il “Milan Coffe Festival”. Forti del successo già riscosso nella stessa capitale britannica, ma anche ad Amsterdam e New York, il format è pronto a sbarcare all’ombra del Duomo con l’obiettivo di riuscire a coinvolgere, nei quattro giorni tra il 30 novembre e il 2 dicembre allo Spazio Pelota di Via Palermo, oltre 6.000 visitatori e più di 60 espositori.
«Milano – spiega Ludovic Rossignol, cofounder di Allegra Events – è sempre stata una città modello e un punto di riferimento per l’arte, il design, l’architettura, la moda e la cucina. È la patria dell’espresso, dei primi bar e del celebre aperitivo. Nel nuovo millennio, però, la cultura del caffè oltreconfine ha cambiato volto e subito una trasformazione radicale, pur rimanendo ancora legata per lo più alla tradizione. Le recenti aperture milanesi di specialty coffee shop e la diffusione di micro torrefazioni artigianali in tutta la Penisola testimoniano tuttavia quanto questa rivoluzione si stia facendo strada nella patria stessa dell’espresso, dove tutto ha avuto inizio. Questa nuova generazione di torrefattori artigianali e specialty coffee shop, uniti alla tradizione dell’espresso, rappresentano appunto il cuore pulsante di The Milan Coffee Festival che punta a colmare la distanza tra queste due realtà».
Un’ulteriore nota di merito deriva dal fatto che il 10% degli incassi verrà devoluto alla Onlus Project Waterfall a sostegno delle sue attività volte a garantire l’approvvigionamento di acqua pulita ai Paesi produttori di caffè. E in un settore in cui lo sfruttamento delle risorse naturali e della forza lavoro è ancora tema di enorme attualità – anche se, per fortuna, molti brand vi stanno ponendo rimedio – anche iniziative di questo tipo, che rendono la filiera più sostenibile, meritano un plauso. «Il caffè – conclude Rossignol – si è trasformato in un’arte raffinata, in una scienza con i suoi cultori, in un ingrediente apprezzato in cucina da una comunità numerosa di intenditori e appassionati. Che il caffè stia diventando l’erede del vino? Alcune caffetterie meriterebbero una stella Michelin per la cura con cui si dedicano alla selezione dei migliori chicchi di caffè direttamente all’origine, per la preparazione dei loro baristi, per il tipo di esperienza visiva e gustativa che offrono e per il loro design innovativo. Il caffè avvicina le comunità, le unisce; è un collante che va oltre i confini geografici, la cultura, l’età, le differenze di genere e i dati demografici; è uno stile di vita proprio di persone creative, accomunate dalla passione per le cose belle della vita e dal culto del gusto, che per loro rappresenta una sorta di stella polare. La cultura del caffè in Italia rimane ancora legata per lo più alla tradizione. Le recenti aperture milanesi di specialty coffee shop e la diffusione di micro torrefazioni artigianali in tutta la Penisola testimoniano tuttavia quanto questa nuova cultura del caffè si stia facendo strada nella patria stessa dell’espresso, dove tutto ha avuto inizio!».