di Cinzia Ficco

«Non basta avere una buona idea: bisogna anche essere lungimiranti». C’è Ilaria Puddu, insieme al socio Stefano Saturnino, dietro le insegne Pizzium, Marghe, Giolina, Crocca. Provateci voi, a trovare quattro format diversi per vendere lo stesso prodotto, la pizza. E ad avere tanto successo da attirare l’interesse dei fondi di investimento. La prima volta che avevamo parlato con lei su Economy, ad agosto del 2019, i brand erano 7 e i locali 21. Oggi i brand sono 5 (e certo non perché le cose sono andate storte, anzi), alle pizzerie si è aggiunta anche la pasticceria Gelsomina, e i locali sono diventati 40. Ad agosto di quest’anno Pizzium aveva già fatturato 17 milioni di euro con un organico di 500 persone, mentre Marghe, Giolina, Crocca e Gelsomina avevano raggiunto quota 4 milioni di euro con i loro 80 dipendenti. Eppure nel frattempo c’è stato il Covid. «Per non “picchiare il muso” nei momenti di difficoltà bisogna prendere le decisioni giuste».
Che nel caso vostro significa…?
Aver rivisto in corsa la nostra strategia. Eravamo contrari al delivery, ma per stare in piedi abbiamo modificato parte del nostro business e ci siamo adeguati. In quattro giorni ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo contattato i provider più noti e affidabili. Ci è andata bene: le pizze di Marghe e Pizzium sono state, secondo le statistiche di Deliveroo, tra i primi dieci prodotti più venduti. E anche durante gli anni di pandemia tutti i brand sono usciti in utile e hanno lavorato bene nonostante i locali fossero chiusi.
Il plurale è d’obbligo: in società con lei c’è Stefano Saturnino, il founder di Panini Durini, dove lei entrò nel 2011 per occuparsi della comunicazione.
Poi sono diventata il suo braccio destro. Eravamo noi due e una ragazza in amministrazione e facevamo tutto da soli. Abbiamo sviluppato e lanciato 17 punti vendita, strutturandoci nel corso degli anni. Nel 2018 Pancioc, la detentrice del marchio, è passata al club deal Astraco. Oggi i ruoli sono diversi. Stefano, che resta il mio “guru“, si occupa soprattutto di finanza e sviluppo.
E lei?
Io seguo a 360 gradi le varie startup. E le assicuro che non è come si potrebbe pensare. Sono da sola, con una ragazza che mi fa da assistente, a fare tutto: dall’amministrazione alle risorse umane, dal marketing alla comunicazione. Ancora oggi sono quella che gestisce i social, fa le foto per Instagram… Sono rimasta nel Cda di Pizzium – il concept di pizzerie napoletane fondato nel 2017 insieme a Giovanni Arbellini, di cui un anno fa Equinox ha acquisito il 40%, – dove si stanno concentrando le energie per accelerare il piano di sviluppo – sono previste circa 7 nuove aperture sul territorio nazionale da qui a inizio 2023, che si aggiungono ai 33 locali già esistenti. Recentemente Pizzium SpA ha acquisito il brand Crocca, che a ottobre aprirà il suo secondo locale a Torino. Lo sviluppo di Pizzium porterà il brand a raggiungere i 29 milioni di fatturato nel 2023 con un ebitda del 22%.
E poi?
L’obiettivo è quello di vendere e poi pensare allo sviluppo di altri brand, e magari non solo nel settore food retail.
Facciamo un riassunto delle puntate precedenti. Correva l’anno 2015 e…
Aprimmo Marghe, una pizzeria milanese di nuova generazione, unendo sapori antichi e gusti contemporanei: materiali di recupero, mattoni a vista, arredi vintage. L’anno dopo aprimmo Pizzium: impasto napoletano, atmosfera informale e dipendenti partenopei.
Nel 2018 un intermezzo dolce con, poi la pizzeria dandy-rock Giolina nel 2019. Persino in pieno Covid è stato lanciato un nuovo format.
Sì: Crocca. L’interior è realizzato con uno stile elegante e curato e ricorda le pizzerie e le trattorie degli anni ’70 e ’80.
Insomma, l’esperienza di Panini Durini è servita.
Eccome. Fin da piccolina ho avuto l’ambizione di fare qualcosa di mio, l’unica cosa che non prevedevo è che l’avrei fatto nell’ambito del food retail. Con Stefano siamo sempre stati molto allineati nel creare format con poche idee base, ma differenzianti. E nel gestire ogni format, sia nell’intenso sviluppo di una catena con tanti locali, come nel caso di Pizzium, sia per la chicca unica come Giolina – il format che offre pizza, vini naturali e cocktail dall’animo milanese e rock n’roll, ndr – e Gelsomina – la pasticceria contemporanea “ispirata al sud Italia”, ndr -, dando importanza a 360 gradi a tutti gli aspetti. Non basta avere la piazza buona o il locale super accogliente o una comunicazione efficacissima: questi elementi devono essere tutti alla massima espressione. Se entro in un locale e mangio un buon prodotto, ma il cameriere è antipatico, non vivo una bella esperienza. E il nostro obiettivo è quello di far tornare i clienti perché si riconoscono in un mondo che noi ricreiamo, nel quale si sentono in sintonia col personale, l’ambiente, la musica, i dettagli. E dev’essere un modello replicabile.
Mica facile.
Anche perché la stessa cura viene poi riportata nella gestione economica: il nostro obiettivo è quello di creare delle piccole aziende che funzionino, crescano e portino risultati interessanti…
…fino a diventare appetibili per i fondi di investimento. Dei veri startupper.
C’è la parte creativa, divertente, e poi quella rognosa, sui numeri. Però la nostra dedizione è anche la nostra fortuna.
La formula del buon business, a parte il minimo comune denominatore del made in Italy?
Capire cosa manca sul mercato e trovare idee vincenti. Per esempio quando abbiamo aperto Gelsomina, ho chiesto al pasticcere: “Perché non inseriamo il maritozzo? Non lo vedo a Milano”. Be’, è diventato il nostro prodotto cult: la domenica mattina arriviamo a sfornarne 350 a locale. E oggi tutte le pasticcerie milanesi offrono il maritozzo. Persino gli chef stellati ci si sono buttati.
È Gelsomina a rifornire di dolci gli altri brand?
Fino a un paio di anni fa sì. Oltre ai nostri locali ne riforniva anche altri. Poi abbiamo eliminato il B2b: le quantità da gestire, tra produzione in laboratorio e consegne, era lievitata talmente tanta che ci distoglieva dal nostro core business. Così Pizzium ha creato il suo laboratorio interno e ora sta aprendo il secondo laboratorio, in Campania, per servire il Centro e il Sud Italia.
Avete anticipato la deglobalizzazione, insomma.
Possiamo dire così. L’impasto per la pizza però viene creato all’interno di ogni punto vendita. Abbiamo una logistica interna basata su una piattaforma fuori Milano dove arrivano tutte le materie prime dai fornitori, che poi vengono distribuite sui punti vendita. Ora stiamo lavorando all’apertura di altre tre o quattro piattaforme in Italia per agevolare la logistica.
Con brand dall’identità così forte non avete mai pensato a virare sul franchising?
I nostri punti vendita sono tutti diretti: siamo contrari al franchising. In realtà l’idea di diventare franchisor a un certo punto ci è balenata su Pizzium, ma ci siamo resi conto che soltanto la gestione diretta consente di avere il controllo di tutti gli aspetti del punto vendita. Se il franchisee non è la persona giusta si rischiano danni di immagine, e quindi di business, incalcolabili.
Se è per quello è importante anche tenere la barra sul personale.
Confermo che esiste una crisi generale sul personale nel settore della ristorazione, ma noi si siamo fortunati, in parte perché abbiamo individuato store manager e primi pizzaioli grazie a una ricerca molto curata. Le nostre sono tutte persone affidabili, che hanno sposato i nostri progetti. Sono persone ingaggiate, cresciute insieme a noi: nel nostro primo locale, il Marghe di via Cadore 26, aperto nel febbraio del 2016, abbiamo ragazzi che lavorano fin dal primo giorno. Giuseppe Gallello e Alessandro Sanso erano due nostri caffettieri di Panini Durini e oggi sono i due direttori operativi e soci dal 2019, col 5% ciascuno, delle pasticcerie Gelsomina.
E quando anche Gelsomina sarà “grande” la venderete.
Chissà. La maggior parte dei brand che creiamo, li creiamo proprio con l’obiettivo di essere venduti. Vogliamo passare un inverno senza Covid e capire come evolverà la situazione. Nel frattempo stiamo considerando un’eventuale apertura all’estero per Giolina, mi sto interessando a Parigi. Stiamo valutando se poi continuare con la ristorazione. Non nego che a livello personale mi piacerebbe fare hotellerie.