di Vincenzo Petraglia
L’Italia, nonostante l’accelerazione portata dalla pandemia, soffre ancora di una grave arretratezza nel digitale e proprio per correre in soccorso dei player del Bel Paese, pubblici o privati che siano, e aiutarli a colmare questo ritardo nel 2006 è nata a Lecce una realtà molto interessante, ZeroDD, acronimo di Zero Digital Divide, una software house che negli anni è cresciuta molto e che sta ottenendo ottimi risultati in tal senso. Economy ha intervistato il founder & ceo Luca Lotti, per capire quali sono i punti cardine di questo successo e quali le possibili tappe e vie d’uscita al problema del ritardo tecnologico nostrano, per istituzioni ed enti pubblici certamente, ma anche per le imprese, affinché possano essere più competitive sul mercato internazionale.
Il vostro claim è “Bridge the Gap”. Ci spieghi meglio…
L’Italia ancora oggi soffre una grave arretratezza nel digitale. Il nostro obiettivo è aiutare i nostri clienti, sia privati che pubblici, a colmare questo ritardo. Già quando nel 2006 fondammo la nostra azienda avevamo chiaro questo obiettivo, tant’è che il nome ZeroDD è un acronimo di Zero Digital Divide.
Cosa vi contraddistingue e quali sono i vostri punti di forza? Perché insomma un cliente dovrebbe scegliervi?
Molto spesso ci si approccia ai processi di digitalizzazione come si faceva una volta, quando le informazioni potevano essere conservate e trasmesse solo utilizzando la carta. Mi capita frequentemente di affrontare questo tema con i clienti che si aspettano di poter innovare senza cambiare il loro modo di lavorare. È una aspettativa profondamente sbagliata, che non porta ad altro che ad una mera digitalizzazione di processi pensati fuori dal digitale, priva di tutti i benefici che le moderne tecnologie possono garantire. In ZeroDD abbiamo creato un team multidisciplinare, con professionalità afferenti non solo al settore informatico, ma ad ambiti come design, strategie di engagement, comunicazione e gestione dei processi, che si occupa di ascoltare le esigenze dei clienti e di pensare e ridefinire i loro processi, ancor prima di iniziare a progettare la soluzione informatica. Questo aspetto è fondamentale per un progetto di successo. Quasi tutte le software house hanno sviluppatori molto competenti, ma ciò non è sufficiente a centrare l’obiettivo. Direi che la propensione all’ascolto, unita all’approccio consulenziale, ed alla nostra capacità tecnica ed ingegneristica rappresentano i nostri principali punti di forza.
Quali prodotti e servizi offrite?
ZeroDD ha come unico prodotto know-how ed expertise, nel senso che non abbiamo dei software pronti all’uso da rivendere. Il 100% del nostro fatturato deriva da progetti di digitalizzazione nei quali impieghiamo le nostre competenze per progettare ed implementare soluzioni informatiche tailored, che rispondono in maniera completa alle esigenze dei nostri clienti. Lavoriamo un po’ come si fa in un atelier, con una grande attenzione ai dettagli.
Qual è il vostro cliente tipo?
Oggi la nostra attività si divide abbastanza equamente tra grandi realtà aziendali, per lo più multinazionali, e pubblica amministrazione. Il tipo di attività che svolgiamo coinvolge sempre molte figure professionali e spesso più team di sviluppo. Ciò comporta dei costi abbastanza importanti, ma sempre proporzionati ai risultati che garantiamo. Le piccole realtà hanno difficoltà ad approcciarsi a progetti di questo tipo. Proprio quest’anno Pugliapromozione, per cui abbiamo implementato una piattaforma innovativa rivolta alla filiera turistica e culturale pugliese, ha ricevuto una menzione speciale nel contest nazionale Valore Pubblico, patrocinato dal ministero della Pubblica Amministrazione ed ospitato dalla SDA Bocconi.
Siete un esempio virtuoso di eccellenza Made in Sud…
Sentirselo dire ci rende davvero orgogliosi. Made in Sud è davvero la definizione che più ci identifica. Siamo molto legati alle nostre radici, ma ormai solo il 20% del nostro fatturato si sviluppa all’interno dei confini regionali. Abbiamo progetti attivi in Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio.
Utilizzate la metodologia human-centered design. In cosa si traduce in concreto?Come dicevo, un progetto di successo nasce dall’ascolto. È una delle fasi più importanti e delicate nei processi di digitalizzazione. Una delle principali cause di insuccesso in questo tipo di lavoro è data dall’incomprensione, dal non saper interpretare bene le esigenze dei clienti. Il nostro approccio allo human-centered design è totale. Mettiamo il nostro cliente al centro sin dall’abbrivio dei progetti, confrontandoci per tutta la fase di progettazione della soluzione. Ciò non significa che assecondiamo in toto le convinzioni dei nostri clienti. Molto spesso l’ascolto è finalizzato proprio a individuare approcci poco fruttuosi e ad avanzare proposte che vadano oltre a prassi e consuetudini consolidate.
Quale il futuro del vostro comparto? Quali i trend che più si faranno largo secondo lei?
Sicuramente oggi c’è una grande consapevolezza delle potenzialità del digitale. La pandemia ci ha insegnato molto da questo punto di vista ed oggi gli investimenti in questo comparto sono affrontati con molta più sicurezza e fiducia che in passato. Uno dei trend in crescita è sicuramente quello dell’intelligenza artificiale. Sarà una vera e propria rivoluzione del modo in cui ci approcciamo ai sistemi informatici. Oggi siamo abituati a dare delle istruzioni ai software che utilizziamo o, al più, a porre domande ben circostanziate; molto presto potremo porre alle intelligenze artificiali degli obiettivi, demandando loro la scelta di strategie e priorità. Da questo punto di vista in ZeroDD stiamo da tempo lavorando su innovativi motori semantici con l’obiettivo di rendere la comunicazione verbale tra uomo e computer sempre più naturale.
Parliamo di sostenibilità: la digitalizzazione, se usata e progettata nel giusto modo, può ridurre di molto l’impatto sull’ambiente.
Il tema è molto attuale. Purtroppo in passato le esperienze non sono state sempre positive: ad esempio una errata implementazione dei processi digitali ha portato a consumare più carta di quanta non se ne utilizzasse prima dell’adozione dei personal computer e delle stampanti, quando si scriveva a mano o a macchina con uno sforzo di scrittura per l’operatore molto più importante di quello richiesto oggi per mandare in stampa centinaia di pagine. È solo un esempio, ma molto significativo. La sostenibilità deve essere centrica nei processi di design delle soluzioni digitali. Senza questa sensibilità non è per nulla scontato un risultato positivo in termini di impatto ambientale. Oggi il digitale ha una potenzialità enorme in termini di minore impatto sull’ambiente e credo che ciò dovrebbe essere tenuto in seria considerazione da tutti.
In quest’ottica quali scenari prevede in futuro? Dove stiamo andando e cosa bisogna attendersi?
Questi ultimi due anni ci hanno per certi versi proiettati nel futuro. Le tecnologie ci hanno aiutati a fronteggiare l’inevitabile isolamento in cui la pandemia ci avrebbe costretti. Con ciò non voglio assolutamente sminuire o diminuire l’importanza della socialità e dell’aggregazione, ma sicuramente credo sia ormai necessario ridefinire modelli e stili di vita in una declinazione più green. La tecnologia non deve essere necessariamente vista come una via alternativa o parallela alla socialità fisica, in stile Metaverso, ma può essere un formidabile strumento per ottimizzare consumi e ridurre sprechi. Mi riferisco a soluzioni di domotica in grado di ottimizzare e ridurre i consumi, a piattaforme di car sharing, a tutte le piattaforme che promuovono modelli di economia circolare. Sicuramente siamo sulla strada giusta. Spero solo che l’umanità non l’abbia imboccata troppo tardi, ma sono un instancabile ottimista, quindi guardo sempre al futuro con curiosità e fiducia.
Un realtà come la vostra cosa può offrire in tal senso?
Sicuramente la diffusione di una cultura orientata alla sostenibilità può e deve essere promossa da aziende e pubbliche amministrazioni in modo convinto e fattivo. Da anni in ZeroDD studiamo e implementiamo modelli di gamification orientati ad aumentare l’engagement degli utenti su specifiche tematiche ed obiettivi. Non mi riferisco solo a contesti ludici, ma anche a contesti molto istituzionali. Possiamo mettere a disposizione dei nostri interlocutori questo bagaglio di conoscenza per aiutarli a raggiungere i propri obiettivi in maniera sempre più consapevole e compatibile con l’ambiente che ci ospita.
Fra le vostre attività collaterali c’è anche un vigneto, mi spieghi meglio…
Si, è una delle attività che ci aiutano a rafforzare lo spirito di squadra e ad evadere un po’ dalla quotidianità. Abbiamo avviato lo scorso anno una collaborazione con una prestigiosa cantina vinicola salentina, Feudi di Guagnano. Abbiamo adottato un vigneto e nel mese di settembre organizziamo la festa della vendemmia. Produciamo un ottimo vino che condividiamo con amici e clienti.
Nuovi progetti e prossimi obiettivi? Cosa bolle in pentola?
Sicuramente i numeri ci dicono che abbiamo imboccato la strada giusta, puntando in maniera decisa su qualità del prodotto e un rapporto di fiducia con i nostri clienti. ZeroDD è una realtà in forte crescita. Abbiamo raggiunto venti dipendenti e siamo costantemente alla ricerca di nuovi talenti. Vogliamo continuare a crescere preservando i nostri valori. Obiettivi futuri? Rafforzare la nostra presenza sul territorio nazionale e magari aprire una nuova sede fuori dai confini regionali.