Guadagnare con la casa sul web? Si può fare

C’è una profonda differenza tra l’imprenditore e il manager: il successo del primo si basa sulla visione strategica di lungo periodo, quello del secondo sui risultati concreti che deve portare nell’esercizio in corso. Quello che per uno è un investimento, per l’altro è un costo. Quella che per l’imprenditore è una spesa, per il manager è una risorsa. Chi ha ragione lo decide il mercato. A volte, però, le due figure si sovrappongono: Carlo Giordano è un imprenditore che fa il manager e Luca Rossetto è un manager che fa l’imprenditore. Il primo è l’amministratore delegato di Immobiliare.it, il secondo è il ceo di Casa.it. Cos’hanno in comune? Molto. Il business è lo stesso: gli annunci immobiliari. Anche la piattaforma è identica: internet. 

Ed entrambi riescono a fare i soldi grazie al web. Ma i punti in comune finiscono qui. Perché ognuno di loro ha una strategia, una visione, un’azienda diversa. Le loro storie hanno molto da insegnare.

In Immobiliare.it c’è molto della faccenda dei “ragazzini nel garage”. Solo che i ragazzini che hanno fondato il portale all’epoca (era il 2005) erano quarantenni ed erano in quattro, amici dai banchi di scuola. Sapevano che per avere successo non c’era bisogno di inventare nulla di nuovo: bastava copiare. Così si sono guardati in giro in cerca di un modello di business da importare. Si sono imbattuti nella francese Seloger.fr, che in italiano suonerebbe più o meno come “alloggiasi.it”. In Italia c’era già dal 1996 un sito che si chiamava Casa.it, ma non era un buon modello: «Era di un programmatore veneto – racconta Carlo Giordano che è stato uno dei fondatori di Immobiliare.it –  e fatturava 800mila euro con un utile di 100mila, praticamente nulla in un mercato potenziale ricco come quello italiano, in cui già il 48% della popolazione accedeva a internet. Casa.it era solo una trasposizione tecnologica dei classici giornalini immobiliari: quattro righe di annuncio, una foto quando c’era, e basta». Così Giordano e i suoi amici, finanziati anche dalle loro liquidazioni hanno raccolto un milione di euro e hanno messo in piedi quello che oggi è il primo portale italiano per la vendita di immobili in Italia:  più di un milione di visitatori al giorno, 8,5 milioni di utenti unici al mese, un fatturato che quest’anno toccherà i 56 milioni di euro (50 nel 2016), un ebitda a quota 36 milioni di euro grazie ai suoi 21mila inserzionisti agenti immobliari, oltre a 5mila costruttori, che pubblicano 1,2 milioni di annunci. Ora ha 220 dipendenti, una cinquantina a Roma, tra programmatori (la maggior parte) e marketing, il resto a Milano,in  uffici di fronte al Pirellone, riuniti in un open space nel quale Giordano, anziché un ufficio direzionale, occupa il posto peggiore, il primo, all’ingresso, alla mercè dei ragazzi dei delivery, appena prima dei bagni e della macchinetta del caffè.

Carlo Giordano di immobiliare.it è un imprenditore che fa il manager, Luca Rossetto di casa.it è un manager che fa l’imprenditore

L’idea di partenza di Immobiliare.it? Dare un po’ di più del concorrente. Il pubblico di internet era ed è esigente: cerca e approfondisce. Quattro righe di testo, quindi, non potevano bastare: ci volevano più informazioni. E tante fotografie, soprattutto, come una vera visita virtuale. Senza contare la ricerca su mappa, una vera innovazione per il settore. Ma c’era uno scoglio da superare: mancavano i clienti. «All’inizio non è stato facile far capire agli agenti immobiliari che quello che prima era il loro patrimonio, ovvero sapere dov’era e com’era l’immobile in vendita dell’annuncio, non lo era più. Il mercato andava bene, gli agenti avevano la “pancia piena” e internet interessava poco», ricorda Giordano. Poi è arrivato il 2008, la crisi immobiliare e la necessità di ridurre i costi. Il passaggio al web è stato automatico: molta più visibilità rispetto al classico giornalino, decisamente inferiori i prezzi degli annunci. Ma non bastava: «Abbiamo educato gli agenti immobliari – spiega Giordano – con l’unico metodo che funziona: quello del premio-punizione. Abbiamo inserito nel form da compilare un termometro che misura la completezza delle informazioni. Se l’agente immobiliare è stato bravo nell’inserirle, l’annuncio sale nella visualizzazione. Altrimenti scende». In due anni il portale aveva già il 40% di fotografie negli annunci. Oggi la percentuale è salita al 90%». 

«Oggi il portale di annunci è uno strumento indispensabile – spiega Gerardo Paterna, analista nel real estate, formatore, nonché agente immobiliare – Non puoi essere dappertutto, ma almeno uno o due siti per fare mass market li devi utilizzare. Sparare nel mucchio serve e deve rientrare nella metodologie di lavoro così come nelle strategie di comunicazione e marketing degli agenti immobiliari». 

«Abbiamo educato gli agenti immobiliari premiandoli: se l’annuncio è fatto bene, sale nella visualizzazione»

Paterna ha seguito da vicino l’evoluzione dei due siti: «Casa.it aveva i numeri giusti e la cultura adeguata, ma non ha saputo evolvere e sviluppare il suo business. Nel 2011 Immobiliare.it ha staccato e superato in modo rilevante Casa.it. È stato il momento in cui ha cominciato a investire in pubblicità in tv». Merito, dunque, dei 20 milioni di euro (su 56 di fatturato) che vengono investiti in campagne pubblicitarie, se la start-up di Carlo Giordano ha superato in corsa l’azienda che allora faceva capo a Rea Ltd di proprietà della Neswcorp di Rupert Murdoch. Il magnate australiano l’aveva acquistata nel 2007 per 15 milioni di euro, l’ha controllata per nove anni fino al dicembre 2016, quando ha deciso di venderla a un management team guidato dal (già) allora ceo Luca Rossetto:. «Quando Rea group mi ha comunicato che Casa.it era in vendita e vi erano delle offerte sul tavolo per rilevare le attività europee – racconta Luca Rossetto – io mi sono fatto avanti e ho chiesto al consiglio di amministrazione se potevo attivare un processo di management buyout. Mi hanno imposto condizioni estremamente restrittive e avevamo poco tempo. Mentre i concorrenti avevano iniziato a lavorare a luglio, noi abbiamo iniziato alla fine di ottobre. Ma siamo stati velocissimi: dalla prima telefonata tra me e il fondo di private equity Oakley Capital, al momento in cui abbiamo firmato  sono passate solo quattro settimane. Con Tim Pittevils, Julian Kavanagh e Mario Capocaccia abbiamo messo sul piatto 132,6 milioni di euro senza chiedere prestiti». Soldi che sono serviti per rilevare anche atHome in Francia e Lussemburgo.

Rossetto non teme le sfide e considera il secondo posto sul podio assolutamente temporaneo. Ad Immobiliare.it riconosce «il grandissimo merito di avere lavorato sodo e di essersi veramente preoccupato di creare valore per i propri clienti», ma, aggiunge, «ha beneficiato di un demerito altrui: non aveva di fronte un gruppo di persone competenti e all’altezza». Come pensa Rossetto di riconquistare il primato di Casa.it? Con l’abilità propria del manager. Che ha dovuto sfoderare subito, nove mesi prima del buyot, quando è stato nominato Ceo. «Arrivato con il mandato di fare il turn around del portale – ricorda – ho trovato un’azienda che cresceva del 2% in un mercato che saliva del 45, dove la quantità di carta che fisicamente si vedeva negli uffici mi ha fatto dubitare di essere entrato in un business digitale. Quindi, ho inziato a lavorare sulla squadra dei manager, sul business, ma soprattutto sui fondamentali. Faccio un esempio: non avevamo un pricing. Il prezzo era il risultato della discussione tra una persona delle vendite di Casa.it e la controparte e questo prezzo aveva due variabili: quanto e con quali contenuti. Senza troppo esagerare, avevamo 13mila clienti con 13mila contenuti diversi che fa 169 milioni di combinazioni. Ora: se il prezzo è una leva di marketing e non hai un’idea di quale esso sia, come puoi misurare i risultati di una manovra? E come avere un’automobile senza nessun controllo dello sterzo. E poi eravamo l’unica azienda digitale ad avere un problema di bad debt: non incassavamo i soldi, vendevamo a gente che non pagava. C’era uno scarso focus manageriale, una modesta visione delle proprie responsabilità». 

«Abbiamo un team tecnologico che è un asset differenziante: ci consente un time to market molto veloce»

Dopo l’imprescindibile cambiamento manageriale, il miglioramento dei fondamentali del business, e l’abbattimento dei costi, la crescita dei ricavi non si è fatta attendere: dal 2% al 6% nei primi otto mesi sotto la guida del nuovo ceo. Oggi Casa.it pubblica 830mila annunci, ha 7,3 milioni di utenti unici al mese, 13mila clienti operatori del real estate italiano, e chiuso il bilancio d’esercizio al 30 giugno con  più di 22 milioni di euro di fatturato e con un margine operativo lordo di mezzo milione di euro. Un risultato che chiaramente sconta gli oneri di ristrutturazione e la profonda trasformazione operata da Rossetto. Anche a livello di struttura operativa. Casa.it era diventata una sorta di ministero, con 8 livelli tra il call center e il ceo, contro i 3 del concorrente: «Allora eravamo 184 persone, ora siamo in 135 – spiega Rossetto – È stato un processo non piacevole, ma indispensabile. La produttività per persona, ovvero i ricavi per dipendente del nostro concorrente, erano, stimiamo, 2,2 volte le nostre. Ora sono “solo” 1,5. Il lavoro, però, non è stato solo quello di ridure l’organizzazione, ma abbiamo dovuto cambiare mix di competenze. Un’area in cui eravamo totalmente assenti era la gestione del traffico. Oggi abbiamo le persone che lo fanno e ci permettono di attrarre e comperare del traffico sul web che è interessato agli annunci immobiliari. Sembra assurdo, ma non l’avevamo. Oggi abbiamo un traffico di qualità infinitamente migliore e un team tecnologico che lungi dall’esser completo è obiettivamente un asset differenziante che ci consente un time to market molto veloce. Ora non c’è più niente da togliere, c’è da aggiungere e da migliorare, specie nelle aree commerciali c’è un lavoro in corso molto importante sul fronte del brand e della nostra capacità di vendita».

Molto lavoro ha ovviamente riguardato la piattaforma tecnologica: «Avevamo un portale molto sottoperformante rispetto alla concorrenza. In cinque anni non era stata approntata nessuna miglioria significativa ai nostri servizi. Stavamo andando fuori mercato. A luglio 2016 abbiamo lanciato il nuovo portale, basato su architeture di ultimo grido, che ha portato prestazioni visibilissime con l’incremento non solo e non tanto di traffico, ma di riscontri (telefonate, email, richieste di informazioni) per i nostri clienti. La quantità di lead è cresciuta a due cifre da subito, del 40% il primo mese e del 60% anno su anno».

Il traffic share misurato da Google Analytics vede immobiliare.it leader sul web, ma casa.it è più performante sul canale mobile

E se Carlo Giordano con Immobiliare.it, che ha 8,5 milioni di ricerche attive, ogni mattina manda un milione di email personalizzate che nell’82% dei casi viene aperta e per il 42% porta l’accesso al sito perché, sostiene, «Tutti dormiamo con lo smartphone sul comodino e la mattina ce lo portiamo in bagno», Casa.it in compenso è già riuscita a strappare alla concorrente il primato del traffico mobile: il traffic share misurato da Google Analytics attribuisce al portale di Rossetto il 78% di ricerche dallo smartphone, contro il 64% del concorrente. «E manca il dato del traffico generato dalla app. In ogni caso evidentemente il nostro portale mobile è più performante di quello di Immobiliare.it». Che probabilmente deve parte del successo anche dell’intesa che Giordano è riuscito a stringere con il numero uno del franchising: «Immobiliare.it è stato l’unico portale che ha fatto un accordo con Tecnocasa – spiega l’analista Gerardo Paterna – All’inizio non facevano pagare, ma sviluppavano il portale insieme. Oggi è una vera partnership: Tecnocasa compra il servizio e lo rivende agli affiliati». Ci aveva provato anche Casa.it, prima dell’avvento di Rossetto: «Erano andati da Gianfranca Beretta (la responsabile Comunicazione e marketing del gruppo in franchising, ndr) chiedendole due milioni di euro» racconta il ceo di Casa.it «e incassando un no. Dopo qualche tempo ci hanno riprovato, abbassando la cifra a un decimo: 200mila euro. Ovviamente non sono stati presi sul serio».