Work life balance, gli italiani lavorano troppo. L’87% degli occupati è certo di dedicare troppo tempo al lavoro. Il 64,4% ritiene che il lavoro serva solo ad avere le risorse economiche necessarie a vivere (quota che sale al 69,7% nel caso dei giovani). A livello globale, il 62% dei Millennials (i nati cioè nel periodo 1981-1996), afferma che il lavoro è centrale per la propria identità, ma tra i più giovani (la Generazione Z, composta dai nati tra il 1997 e il 2012), solo il 49% ha la medesima opinione. Sono alcuni degli spunti, provenienti dalle più recenti ricerche, discussi nel corso dell’incontro “Il senso del lavoro oggi”, organizzato da Unioncamere e Fondazione per la sussidiarietà. All’evento, al quale hanno partecipato il presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, e il presidente del CNEL, Renato Brunetta, è stato aperto dal presidente di Unioncamere, Andrea Prete e chiuso dal presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, Giorgio Vittadini.
Work life balance, rallenta la great resignation
Ma cosa si cerca nel lavoro oggi? Sicuramente solidità economica (il 44,2% degli occupati in Italia, però, considera la retribuzione non adeguata alle proprie esigenze, aspetto peraltro confermato dall’allargamento di 34 punti percentuali della forbice tra aumento dei salari negli ultimi 15 anni e aumento dei prezzi di alimentari ed energia); un giusto equilibrio tra vita e lavoro (fattore fondamentale per il 58% degli italiani); la condivisione dei valori dell’azienda (essenziale per il 48% dei lavoratori); la sicurezza (il 66% dei lavoratori rifiuterebbe un nuovo ruolo se non avesse adeguate garanzie al riguardo). Spinta ad ottenere un salario più elevato (45%), migliore conciliazione vita-lavoro (35%), maggiori opportunità di carriera e di sviluppo delle competenze (34%), flessibilità negli orari di lavoro e accesso allo smart working (30%) le principali motivazioni che spingono a dare le dimissioni e cambiare posto di lavoro. Un fenomeno che negli ultimi anni ha assunto una portata considerevole tanto da venire definito come “le grandi dimissioni”. Questa dinamica che ha interessato anche il nostro paese dove le dimissioni richieste dai lavoratori sono aumentate del 13,9% nel 2022 rispetto al 2021 (+269mila), sebbene a inizio 2023 si stia assistendo a un certo rallentamento (-3,7%, pari a -19.307 dimissioni nel primo trimestre 2023 rispetto al primo trimestre 2022).