I mari che bagnano l’Italia meridionale – dal Basso Adriatico allo Jonio, dal Canale di Sicilia al mar di Sardegna – diventeranno sedi di grandi impianti eolici off-shore? È auspicabile, anzi è probabile alla luce dei tanti progetti pervenuti al Ministero della Transizione ecologica che potrebbero essere però flottanti, e cioè non infissi nel fondo marino, ma ancorati e in grado di resistere anche alle più intense variabilità meteomarine.

Il Ministero il 25 giugno dello scorso anno con avviso pubblico aveva inteso acquisire manifestazioni di interesse da parte dei soggetti imprenditoriali in grado di realizzare impianti eolici off-shore flottanti. Decorsi 20 giorni erano pervenute 64 manifestazioni di interesse, di cui 55 da parte di imprese e associazioni di imprese, 3 da parte di associazioni di tutela ambientale (Wwf, Legambiente e Greenpeace) e 6 da altri soggetti (Anev, Elettricità futura, Cna, Cgil, Politecnico di Torino, Owenes-Associazioni di ricercatori). A quella data, 16 proposte presentate erano risultate già corredate da progetti di specifici impianti off-shore flottanti da collocare in sei casi oltre le 12 miglia. 

Per i singoli progetti l’avviso pubblico aveva già previsto come criteri di valutazione “la minimizzazione degli impatti ambientali, la celerità della realizzazione e il dimensionamento ottimale di ciascun progetto sotto il profilo della produzione energetica”. Il 23 settembre poi si era svolta al Ministero la riunione delle imprese e delle associazioni che avevano partecipato all’avviso pubblico, e si era annunciato che sarebbero iniziati dalla settimana successiva le riunioni bilaterali fra tecnici del Dicastero e i presentatori dei singoli progetti per la  valutazione propedeutica all’approvazione.    

In realtà, come emerge dalla mappatura riportata nella figura del Sole 24 Ore del 5 novembre, al 31 agosto erano già diventati 39 i progetti, non tutti ancora circostanziati, in lista di attesa per circa 17mila MW, a fronte di quanto previsto invece dal Pniec, peraltro in aggiornamento, che al riguardo prevede al 2030 solo 900 Mw. Buona parte dei parchi proposti – i cui progetti devono passare al vaglio autorizzativo delle autorità competenti – sarebbero ancorati nel Basso Adriatico al largo delle coste pugliesi, dal Gargano a Santa Maria di Leuca (12), nello Ionio, nel Canale di Sicilia (6) e intorno alle coste meridionali della Sardegna (8). 

Qualora fossero autorizzati tutti, o almeno in un numero rilevante, potrebbero crearsi opportunità occupazionali in diverse aree del Mezzogiorno come Brindisi, Taranto, Augusta, Trapani, Oristano con porti industriali idonei – anche per movimentazioni di Csov-Construction Service Operation Vessel, unità speciali per operazioni di supporto e manutenzione di parchi eolici off-shore – e con retrostanti zone attrezzate ove sono insediate aziende meccaniche ed impiantistiche, in grado di realizzare lavorazioni di lamiere d’acciaio producibili peraltro al Siderurgico di Taranto. 

E nelle stesse aree retroportuali potrebbero realizzarsi la costruzione e il montaggio delle torri e degli aerogeneratori, o di loro componenti come i rotori, le grandi pale come quelle della Vestas messe a punto nel suo sito tarantino, i cablaggi ed infine le strutture per i modelli flottanti che i tecnici  classificano in 4 tipologie, ovvero semisommergibili, ad asta, a gamba in tensione o su chiatta. I Csov sono costruiti anche dalla Vard, controllata dalla Fincantieri – colosso pubblico guidato da Giuseppe Bono – fra le prime società al mondo nella realizzazione di navi speciali, cui di recente sono state commissionate 2 unità dalla norvegese Rem Offshore. Il primo parco eolico floating dovrebbe essere installato al largo della Sicilia e si chiamerebbe 7Seas Med con una potenza totale di 250 Mw e per costruirlo sarebbero investiti 741 milioni. Lo svilupperebbe la società danese Copenhagen Offshore Partner, con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partner. Per realizzarlo servirebbero circa 90mila tonnellate di lamiera di acciaio, producibile anche dal Siderurgico ionico. Che, naturalmente in logiche di mercato, potrebbe candidarsi alle forniture per tutti, o almeno molti, dei parchi eolici flottanti che potrebbe essere localizzati nel Mediterraneo. Nel Siderurgico di Taranto, facente capo ad Acciaierie d’Italia, sono tuttora impiegati 8.176 addetti diretti, cui bisogna aggiungere circa 5.000 unità nelle attività dell’indotto. La domanda di acciaio per l’eolico flottante localizzabile al largo delle coste italiane potrebbe costituire pertanto una rilevante opportunità di consolidamento produttivo per lo stabilimento e per le imprese che lavorano nella sua supply chain.

Altri due parchi eolici galleggianti sono nella fase di avanzamento degli studi di impatto ambientale e di esplorazione dei fondali. Gli investimenti sarebbero promossi da Renexia del Gruppo Toto e verrebbero sostenuti anche in questo caso dal fondo Copenhagen Infrastructure Partners. I due progetti riguardano un parco eolico da 2,8 GW nel Canale di Sicilia a 60 chilometri al largo con 190 turbine turbine da 14,7 MW ciascuna, che entrerebbe in esercizio dall’inizio del 2026, mentre il secondo parco eolico galleggiante dovrebbe essere collocato al largo del Sulcis in Sardegna, anch’esso a 35 chilometri dalla costa, con 42 turbine per una capacità di 504 MW.

A sua volta la Falck Renewables in partnership con la Blue Float Energy ha presentato alle autorità di Brindisi il progetto Kailia Energia di un impianto eolico galleggiante da 1.200 MW composto da 100 aerogeneratori con una potenzialità massima di 3.500 GW/anno. L’impatto occupazionale per la realizzazione della filiera dell’intero programma di investimento – fra costruzione delle piattaforme galleggianti, delle torri da montarvi, assemblaggio con gli aerogeneratori, trasporto via mare, messa in opera con l’ancoraggio delle singole piattaforme e manutenzione – è stimato fra le 1.500 unità nella fase di avvio e le 4.000 in quella di picco, anche perché i proponenti vorrebbero localizzare nell’area industriale brindisina una postazione produttiva di impianti destinati anche ad altre aree del Mediterraneo.

Un secondo progetto della stessa Falck Renewables, Odra Energia, anche in questo caso presentato in partnership con Blue Float Energy, riguarda un parco eolico flottante costituito da 90 torri da 12 MW ciascuna con una capacità massima installata di 1,3 GW, da ancorarsi al largo della costa meridionale di Lecce, da Otranto a Castro. Anche in questo caso l’impatto occupazionale nella fase di cantiere sarebbe molto elevato e in buona misura pari a quello del progetto Kailia e assicurerebbe circa 150 posti di lavoro per le manutenzioni, una volta entrata in esercizio la centrale galleggiante.