Nel secondo trimestre la percentuale di imprese lombarde che pensa di non riuscire a recuperare le perdite dovute alla pandemia è in diminuzione, mentre aumentano quelle convinte di farlo entro un anno e quelle che dichiarano di non avere avuto conseguenze negative. È quanto emerge da un’analisi di Unioncamere sui dati di credito e finanza aziendale. «Le imprese lombarde segnalano che aumenta il loro bisogno di ricorrere al credito e lamentano maggiori problemi a ottenerlo. La risposta degli imprenditori alla crisi è principalmente ricorrere al credito bancario, all’autofinanziamento e agli incentivi pubblici: le aziende cercano di recuperare liquidità. Intendono però utilizzarla anche per realizzare nuovi investimenti, segno che dopo lo shock iniziale si ricomincia a pianificare il futuro e la piena ripresa delle attività», sottolinea il presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio.
La quota di imprese lombarde che ritiene di non recuperare le perdite da Covid-19 rimane elevata nell’artigianato (33 per cento) e si attesta invece su livelli inferiori per servizi (24 per cento), commercio al dettaglio (21 per cento) e industria (18 per cento). Lo shock della pandemia ha avuto comunque un effetto dirompente sulla situazione finanziaria delle imprese: il livello di indebitamento è cresciuto rapidamente, interrompendo il processo degli ultimi anni che le aveva portate a rafforzare la propria struttura patrimoniale. La percentuale di imprese con un rapporto tra mezzi terzi e mezzi propri inferiore a 1 scende rispetto al 2019, quando risultava superiore al 60 per cento, e si attesta intorno al 55. Le principali fonti di finanziamento utilizzate dalle imprese nell’ultimo anno si confermano l’autofinanziamento e il credito bancario, ma aumenta l’utilizzo di aiuti e contributi pubblici, richiesti da circa il 9 per cento delle imprese lombarde con una punta del 12 per cento per l’artigianato.
La principale spinta per il ricorso al credito viene da necessità di liquidità di cassa, motivazione che nel 2019 raccoglieva circa il 40-45 per cento delle risposte e che ora rappresenta oltre il 60 per cento dei casi. Tra le motivazioni rimangono però al secondo posto gli investimenti produttivi (49 per cento per l’industria, 30 per l’artigianato, 28 per i servizi e 20 per il commercio al dettaglio) e in questo caso gioca un ruolo determinante la classe dimensionale: la quota che richiede prestiti finalizzati agli investimenti raggiunge il 62 per cento per le imprese dell’industria con più di 200 addetti, mentre supera il 40 per cento per le grandi imprese dei servizi e del commercio e per le imprese dell’artigianato manifatturiero con più di 10 addetti. La liquidità disponibile risulta insufficiente a sostenere le spese correnti per una quota delle imprese lombarde che va dal 33 per cento dell’industria al 42-44 per cento di servizi e commercio al dettaglio, fino al 50 dell’artigianato. L’impatto negativo del Covid-19 sulla situazione finanziaria è arrivato principalmente dai ritardi di pagamento dei clienti, soprattutto nei servizi (63 per cento) e nell’industria (62 per cento), mentre nell’artigianato questo problema ha riguardato un’impresa su due (50 per cento).