Tutti i dubbi della finanza sul populismo

“Negli ultimi anni l’ascesa del populismo ha rimodellato in poco tempo il panorama politico mondiale, ma le implicazioni per la crescita economica e gli asset finanziari non sono ancora chiare”.

Nikolaj Schmidt (in foto) chief international economist di T. Rowe Price riflette sull’incognita degli effetti delle politiche populiste sul lungo periodo. Dato che, sul breve, i mercati hanno imparato a reagire rapidamente: come nel caso dell’arrivo al potere di un partito populista o l’introduzione di tagli fiscali o di aumenti della spesa pubblica.

I rischi principali delle politiche populiste. “La causa probabile delle insoddisfazioni che hanno spinto gli elettori di così tanti paesi a schierarsi contro i partiti tradizionali risiede nella globalizzazione: il libero scambio e la liberalizzazione dei mercati dei capitali hanno permesso a molti paesi di arricchirsi, ma parallelamente le diseguaglianze sono aumentate”.  

“La crescita delle disuguaglianze si è rivelata un terreno fertile per il populismo”, continua l’economista dell’azienda di investimenti statunitense. “Il quale tipicamente sostiene che l’unico modo per ritornare ad un sistema equo sia attraverso politiche economiche di redistribuzione interventiste”.

T. Rowe Price individua tre principali settori che corrono i maggiori rischi derivanti dai nuovi nazionalismi. “Sebbene l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze e di accrescere la mobilità sociale sia lodevole, le politiche di bilancio espansive adottate dai regimi populisti sono state tradizionalmente associate a riforme che hanno messo direttamente in pericolo l’indipendenza delle banche centrali, la governance societaria e i diritti di proprietà”.  

“Le pressioni esercitate sulle banche centrali per adottare politiche monetarie accomodanti conducono tipicamente a maggiori aspettative di inflazione, curve dei rendimenti più accentuate, rendimenti reali più bassi e deprezzamenti valutari”, scrive Schmidt. “Allo stesso tempo la spinta verso la redistribuzione dei redditi e salari più elevati riduce i margini di profitto e ciò, insieme all’intensificarsi delle incertezze macroeconomiche, mette in difficoltà le valutazioni azionarie”.

Gli effetti di queste politiche non sono tutti prevedibili. “Ci si può aspettare un ampliamento degli spread creditizi societari e sovrani nel momento in cui i governi adotteranno politiche di bilancio espansive in contesti caratterizzati da margini di manovra ridotti”. 

“Le fasi iniziali di queste dinamiche sono già osservabili negli sgravi fiscali finanziati dal disavanzo pubblico del presidente Donald Trump e nello scontro tra la coalizione populista al governo in Italia e l’Unione europea per l’approvazione di un bilancio espansivo. I conti pubblici di Ungheria e Polonia si sono strutturalmente deteriorati dopo l’elezione di governi populisti di destra, e i mercati scontano un peggioramento delle finanze pubbliche in Messico sotto la presidenza di sinistra del neoeletto Andrés Manuel López Obrador”.

Il populismo è un fenomeno di lungo periodo. Non sarà facile mantenere le promesse fatte. Soprattutto nel breve periodo. “Sembra poco probabile che l’attuale generazione di politici populisti raggiungerà gli obiettivi di redistribuzione dei redditi e di mobilità sociale richiesti dagli elettori. I posti di lavoro che sono stati delocalizzati verso altri paesi non possono facilmente essere rimpatriati e politiche di bilancio eccessivamente espansive producono risultati che inevitabilmente intaccano la fiducia delle imprese e riducono la formazione di capitale e la creazione di posti di lavoro”. In altre parole, queste iniziative frenano la crescita, il che probabilmente rende la redistribuzione dei redditi e la mobilità sociale più difficili da attuare.

“Sarebbe tuttavia un errore pensare che il potenziale fallimento dei politici populisti porterà ad una morte precoce del populismo”, commenta  il chief international economist di T. Rowe Price. “L’elettore medio continuerà a richiedere maggiore uguaglianza e mobilità sociale fino a quando non le avrà ottenute e se il primo governo populista eletto non mantiene le sue promesse, gli elettori voteranno probabilmente per un altro candidato populista piuttosto che per un partito tradizionale”.  

Gli sviluppi da monitorare. “In Europa, in vista delle elezioni di maggio la coalizione populista che governa l’Italia sembra aver intensificato la sua retorica e gli scontri con l’establishment europeo. Nel resto del mondo, Eduardo Bolsonaro, membro del Congresso brasiliano e figlio del presidente Jair Bolsonaro, ha recentemente annunciato che rappresenterà il Sud America in The Movement, il consorzio di populisti fondato da Steve Bannon, ex consigliere di Trump. Infine, se lo stallo sulla Brexit dovesse condurre a nuove elezioni nel Regno Unito, sarà interessante vedere quali risultati otterrà il Partito Laburista di Jeremy Corbyn”.