Dopo la vittoria netta anche se non schiacciante in assemblea, il fondo Elliot che ha guidato il fronte anti-Vivendi nell’ultima assemblea di Tim, prevalendo e imponendosi contro il gruppo Vivendi di Vincent Bollorè ha reso nota la sua intenzione di confermare nel ruolo di amministratore delegato il manager uscente, Amos Genish.
Lo stupore è stato generale: è vero che Genish tre mesi fa ha sfiorato il licenziamento da parte di Bollorè per aver dimostrato di non essere uno yes-man e aver contestato l’inserimento dall’alto di un manager-chiave come il direttore acquisti. Ma gli può bastare, questa dimostrazione di autonomia, per essere ora scelto come comandante da chi ha appena detronizzato Bollorè? Anche perchè, dopo un colloquio ai vertici nella sede di Parigi, Genish aveva ritirato le armi. E allora la sua battaglia, che dovrà ora giocarsi con il fondo Elliot e i suoi 10 consiglieri, riguarda la profittabilità del piano industriale che Genish aveva preparato già per Vivendi e che non prevede la vendita della rete ma solo la sua societarizzazione, che è un modo per cambiare nulla fingendo di cambiare tutto. E non prevede, invece, la vendita della rete a Open Fiber, che sarebbe la mossa smarcante attesa da tutti. Dunque: poiché la strategia di Elliott s’incardina appunto nella vendita della rete, come potrà conciliarsi la conferma di Genish con l’attuazione del suo piano? In nessuno modo, dicono i bene informati: che profetizzano – in fondo, Amos è il nome di un profeta che ha dato il suo nome a un intero librio della Bibbia – una rapida degenerazione dei rapporti tra il manager e la nuova proprietà e di conseguenza una rapida uscita del manager! Perchè, diciamolo: o Genish si prepara a correr via, come la nostra vignetta ipotizza, appena i soci riceveranno i dati della semestrale e, semplicemente, potranno rinfacciarglieli. Oppure la sua vicenda apparirà come un trionfo di ipocrisia. Attaccare l’azionista Vivendi, batterlo e poi confermare il suo fiduciario. Sarebbe incomprensibile!