Una specie di terremoto normativo che minaccia di fare più danni di quelli che vuol far cessare: l’ha varato ieri a sorpresa il Consiglio dei ministri – assente per influenza la premier Meloni – contro il superbonus del 110% per le ristrutturazioni edilizie a fine di efficientamento energetico o antisismico.
Nel provvedimento annunciato ieri sera – ma ancora tutto da chiarire e particolareggiare – si è decisa la cessazione di crediti d’imposta e sconti in fattura per tutti i cantieri aperti in forza del più ricco incentivo mai attuato in Italia. Talmente gravoso per la finanza pubblica da mettere a repentaglio – ha denunciato il ministro Giorgetti – la tenuta dei conti pubblici. Ma se attuato nell’interpretazione più estrema, il “niet” governativo farebbe fallire 25 mila imprese edili – secondo la stima dell’associazione di categoria Ance, aderente a Confindustria – e metterebbe nei guai finanziari decine di migliaia di famiglie.
Superbonus ultime notizie, chi resta fuori dagli incentivi
Da quel poco che si capisce leggendo il comunicato governativo, chi ha attuato già buona parte dei lavori ed effettuato già i pagamenti di almeno un primo “Sal “ (stato d’avanzamento lavori) sarebbe escluso dalla scure governativa e dovrebbe poter ultimare i cantieri. Chi invece ha depositato entro i termini finora in vigore la cosiddetta Cilas (Comunicazione di inizio lavori) ma non ha ancora avviato le opere non potrebbe più accedere al superbonus e potrebbe solo portare a detrazione i costi, dopo averli però sostenuti di tasca propria e quindi recuperare i soldi solo nel caso di disporre in futuro di redditi abbastanza alti da generare una contribuzione fiscale sufficiente ad assorbire, negli anni previsti, l’esborso sostenuto (insomma recupererebbe i soldi anticipati pagando meno tasse per dieci anni, anziché incamerandoli subito dalle imprese fornitrici o dalle banche a cui pensava di poter cedere quei crediti fiscali). Chi invece non avesse ancora presentato la Cilas non potrebbe fare altro che fermarsi, o pagare tutto di tasca sua.
Ma la norma non è dettagliata a sufficienza e comunque già per lunedì prossimo Palazzo Chigi ha convocato le parti coinvolte in prima battuta – le imprese – per discuterne.
La legge insomma è appena una bozza, e la maledizione di una norma ambiziosa e forse insostenibile non accenna a dissolversi. Un’altra pagina confusa e politicamente devastante per il rapporto tra Stato e cittadini. Una catena di errori che si prolunga da ormai tre anni a questa parte. Tra velleitarismi, insipienze legislative, truffe e confusione. Questa bega non finisce qui: avrà ancora altri capitoli, e non saranno un bel vedere.