di Gaetano Stella, Presidente di Confprofessioni
Il Contratto collettivo nazionale degli studi professionali, sottoscritto da Confprofessioni con le organizzazioni sindacali del settore è scaduto da cinque anni: un periodo piuttosto lungo, dilatato dall’emergenza pandemica e dalla crisi geopolitica internazionale che hanno profondamente modificato le condizioni economiche del Paese ma anche il contesto normativo che disciplina il mercato del lavoro e le relazioni industriali. Due aspetti che influenzano la trattativa sul rinnovo del Ccnl degli studi professionali.
L’impatto dei costi energetici e dell’inflazione sul potere di acquisto delle famiglie (ma anche sui costi strutturali e organizzativi degli studi professionali) è una priorità condivisa sul tavolo delle trattative sindacali; al tempo stesso, però, le norme intervenute in questi anni di vacanza contrattuale (dallo smart working al lavoro a termine, fino all’apprendistato) hanno trasformato in maniera sostanziale gli assetti gestionali e organizzativi degli studi professionali e anche in questo caso non possiamo voltare la testa o accontentarci di soluzioni al ribasso.
La trattativa, che coinvolge circa un milione di lavoratori, deve muoversi in equilibrio, bilanciando cioè la parte economica con quella normativa e coniugando strumenti di flessibilità e tutele per i lavoratori. Su questi presupposti c’è la ferma volontà di Confprofessioni di arrivare a definire nel più breve tempo possibile il rinnovo del contratto. Il tema degli aumenti salariali non è un tabù per la parte datoriale, anche se la situazione di perdurante incertezza economica richiederebbe un adeguato sostegno delle politiche pubbliche per i rinnovi dei contratti collettivi, puntando sulla detassazione e sulla decontribuzione degli incrementi salariali concordati dalle parti sociali, per aumentare il potere di acquisto dei lavoratori nell’attuale scenario di persistente inflazione. Altrettanto importante, però, resta l’altra faccia della medaglia.
Nel corso degli ultimi vent’anni il Ccnl degli studi professionali si è caratterizzato per l’alto tasso di innovazione e sperimentazione degli istituti contrattuali che, attraverso la bilateralità di settore, hanno permesso di raggiungere rilevanti risultati nell’ambito del welfare con una progressiva estensione delle tutele fino alla copertura totale di tutte le figure che operano all’interno della struttura professionale. Lo sviluppo di politiche di welfare contrattuale è un incessante work in progress, necessario per assecondare i profondi cambiamenti in atto nella società. Oggi nel nostro ruolo di parte sociale non possiamo non tener conto, per esempio, dall’impatto del declino demografico sulle dinamiche occupazionali o delle profonde trasformazioni in un mercato del lavoro sempre più fluido che deve fare i conti, da un lato, con la fuga dal lavoro delle nuove generazioni e, dall’altro, con la digitalizzazione dei processi operativi che impatta sulle competenze e sulle skill professionali.
Al di là del notevole valore economico che tali strumenti rappresentano nella retribuzione di un lavoratore, innovativi modelli di welfare contrattuale rappresentano oggi la risposta più efficace per assecondare l’evoluzione demografica degli studi per costruire intorno ai dipendenti una rete di tutele che si apra alla sfera familiare del lavoratore. L’innalzamento dell’età media del personale di studio, infatti, sta progressivamente ridisegnando i fabbisogni, e la domanda di tutele di assistenza sanitaria integrativa si sta spingendo sempre più verso i familiari, in particolare verso i figli minorenni. Su questo fronte, per esempio, la bilateralità di settore ha introdotto diversi interventi proprio per fronteggiare il declino demografico, mettendo in campo politiche di sostegno allo studio (dall’asilo nido alle tasse universitarie). È solo una delle tante innovazioni che intendiamo portare avanti nella trattativa sindacale per il rinnovo del contratto, anche perché il comparto degli studi professionali ha le sue peculiarità che non sono sovrapponibili ad altri settori produttivi. Dai sindacati del settore, che hanno contribuito nel corso degli anni a sviluppare significativamente l’intero assetto contrattuale, ci attendiamo ora la disponibilità a proseguire lungo la strada dell’innovazione per rendere il Ccnl degli studi professionali ancor più moderno e in linea con le mutate dinamiche del mercato del lavoro, lontano da eventuali condizionamenti estranei al nostro comparto. Soprattutto adesso che tutte le parti sociali si dichiarano pronte a valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva, anche alla luce del dibattito politico sul salario minimo.