Fonte: rework of IAEA: Energy compared, 2021

di Cinzia Ficco

Basta ipocrisie, fine dei paradossi. Del resto, ora c’è anche l’apertura del neo ministro all’Ambiente e alla Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin: «Sul nucleare siamo favorevoli alla sperimentazione di quello di nuova generazione per far fronte alla crisi energetica», ha detto durante il Forum Automotive di Milano. E comunque, da quando l’energia da atomo è entrata nella Tassonomia europea delle fonti sostenibili, questa fonte priva di emissioni nocive, capace di generare energia abbondante, in modo continuo, senza emettere gas serra, è tornata a essere una legittima opzione. Specie ora che, con la guerra in Ucraina, l’emergenza degli approvvigionamenti del gas spinge a riaccendere le centrali a carbone, rilanciare gli investimenti sulle infrastrutture del gas, valorizzare le risorse fossili interne. Altro che green deal.

Umberto Minopoli

E allora? «È arrivato il momento di riesumare il nucleare», dice Umberto Minopoli, presidente dell’Associazione Italiana Nucleare, autore di “Nucleare, Ritorno al Futuro” (Guerini e associati). «Stop alle storielle di ambientalisti talebani e alcuni partiti, secondo le quali l’energia da atomo in Italia sarebbe stata bandita dalla volontà popolare (referendum del 1987 e del 2011) e non da chi  ha sempre appoggiato il ricorso agli idrocarburi. Ricordiamoci che nel giugno del 1986, a due mesi dall’incidente di Chernobyl, il Parlamento italiano decise di rimettere in discussione il Piano Energetico Nazionale, approvato 6 mesi prima».

In compenso, l’Italia compra energia nucleare generata a pochi chilometri dai propri confini. Confonde tossicità e radioattività, gli effetti di una centrale atomica con quelli di una bomba atomica e crede che la ricerca sia ferma ai tempi di Chernobyl. «In tutto il mondo» aggiunge l’ex presidente del CdA di Ansaldo Nucleare «si continuano ad aprire nuove centrali nucleari, si costruiscono nuovi reattori, si progettano strutture di sicurezza a prova di errori umani (Chernobyl) o catastrofi naturali (Fukushima). Il nostro Paese, che era la terza potenza nucleare del pianeta, invece, ha fermato tutto e cominciato a comprare da altri l’energia necessaria. Solo una percentuale minima del suo fabbisogno è coperta dalle fonti rinnovabili. Per il resto il gas viene dalla Russia, il petrolio dagli arabi, il nucleare dai francesi e dagli svizzeri. Con un mix sballato: 41% di gas, quasi totalmente importato, 34% dal petrolio, il 19% dalle fonti rinnovabili, di cui solare e eolico ammontano al 6%. Ma l’aumento dei prezzi del gas e la guerra ci obbligano a rivedere il nostro mix energetico e soprattutto, i pregiudizi sul nucleare».

Oggi, stando all’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), sono operativi 441 reattori nel mondo e altri 54 sono in costruzione. «Il 21 dicembre 2021 si è avviato il reattore nucleare di Olkiluoto 3 in Finlandia. È il primo reattore nucleare dopo una stasi costruttiva di quasi venti anni. Con i suoi 1600 megawatt di potenza energetica, sarà il più potente d’Europa, aumentando del 14% l’elettricità del Paese.  A febbraio scorso, Macron ha annunciato il programma nucleare dell’Edf francese: 6 nuovi rettori Epr da 1600 MW, altri 8 proposti in aggiunta, il prolungamento a 50 anni delle centrali esistenti, lo sviluppo del nuovo piccolo reattore francese Smr, il Nuward». Che poi è l’abbreviazione di Nuclear Forward. Le grandi centrali di oggi sono diverse da quelle del passato: «L’agenzia atomica», chiarisce Minopoli, «distingue i reattori pronti al dispiegamento, quelli alla fase finale della progettazione (small reactors), quelli del dopo 2040 (fast reactors), cioè della quarta rivoluzione. La ricerca, la progettazione e l’ingegneria stanno proponendo impianti nuovi, diversi, piccoli e sicuri, che durano cent’anni, più economici. Questi producono non solo elettricità, ma anche calore per scaldarci, da utilizzare nell’industria, per produrre idrogeno o desalinizzare l’acqua. E mentre la ricerca avanza, si avvicina un altro grande salto di qualità. Si passerà dalla fissione, alla fusione nucleare, che non produce rifiuti. Il Regno Unito ha annunciato di recente la decisione di investire 2 miliardi di sterline nella fusione. Come il Canada. Giappone, Corea e India corrono, gli Usa sono concentrati sull’inerziale e il magnetico».

Ridare dignità al nuovo nucleare per Minopoli sarà importante anche in altri campi: la superconduttività, la medicina nucleare, la criogenia, gli utilizzi spaziali, l’industria dei materiali.

I prossimi passi necessari? «Riaprire al nucleare di terza generazione (reattori avanzati disponibili oggi, innovati nella sicurezza ed efficienza), partecipare alla costruzione di nuove centrali  e piccoli reattori, entrare con le nostre imprese nei modelli competitivi del nucleare avanzato (a cominciare dagli Smr, i reattori di piccola taglia), valorizzare i progetti italiani, che ci sono nella famiglia dei reattori di quarta generazione, riammettere le tecnologie nucleari, a partire da quelle medicali a quelle industriali e del trattamento dei rifiuti radioattivi, difendere e valorizzare la presenza italiana nella fusione nucleare e predisporsi sin da ora a localizzare in Italia i primi dimostratori (impianti allacciati alla rete elettrica), costruire finalmente il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi (compito affidato alla Sogin, prima controllata da Enel poi dal Ministero dell’Economia) con l’annesso Parco tecnologico, che potrebbe diventare un centro di competenze». Peccato che siamo ancora in attesa del nulla osta ministeriale alla pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Idonee prediposta da Sogin. Solo dopo la pubblicazione potrà finalmente avviarsi il processo di localizzazione del Deposito Nazionale, che ospiterà due strutture: una definitiva per lo smaltimento dei rifiuti di bassa attività, l’altra provvisoria per i rifiuti di media ed alta attività. Tra prodotti di decommissioning – circa il 60% «solo perché abbiamo deciso il decommissioning immediato di 4 centrali e 7 impianti nucleari, un fatto inedito» – e di altri processi medicali, industriali, di ricerca (il 40%) si prevede che siano circa 95 mila metri cubi di rifiuti che saranno conferiti al Deposito Nazionale. «Rimettiamo le lancette indietro e non facciamoci scudo con la scusa dei costi alti», invita Minopoli. «L’associazione che presiedo ha fatto una proposta: investire (per esempio, come consorzi di utilizzatori) sulle centrali nucleari in costruzione ai nostri confini (potenziamenti di quelli esistenti)».

E la paura della radioattività? «È una questione di dosaggio. Ogni anno, ciascun cittadino riceve dall’ambiente circa 2,4 millisievert. A Ramsar, in Iran, gli abitanti ricevono dalla natura 260 mSv l’anno. Roma è più radioattiva di Tokyo, Pozzuoli, con i suoi campi Flegrei, lo è più di ogni altra zona d’Italia». La stessa Orvieto, fa sapere l’ingegner Massimo Burbi, divulgatore scientifico sui social e sul sito del Comitato Nucleare e Ragione – il cui motto è “è più facile rompere un atomo che un pregiudizio – è radioattiva per via del tufo. Persino il nostro corpo è radioattivo per via delle disintegrazioni (8 mila al secondo) di atomi radioattivi nei nostri organi e tessuti. La radioattività è presente nella sabbia, nei muri delle case, nei materiali con cui pavimentiamo le nostre abitazioni, nella pioggia, nell’aria che respiriamo, nel cibo: «Pensiamo alle banane, anche quelle mediamente radioattive, per via del potassio che contengono», continua Burbi, che aggiunge: «L’inclusione nel nucleare nella tassonomia verde dell’UE riconosce che questa tecnologia è una delle chiavi per abbattere le emissioni. I kWh non sono tutti uguali. Un kWh prodotto con il gas immette in media in atmosfera 490 grammi di CO2 equivalenti, con il carbone questi grammi diventano 820, con il nucleare si scende a 12, praticamente gli stessi dell’eolico, che sono 11. I reattori di quarta generazione saranno in grado di usare come combustibile quelle che oggi chiamiamo scorie, ma già le centrali oggi funzionanti hanno un record di sicurezza molto migliore rispetto a quelle a combustibili fossili e i dati sul clima ci dicono che non possiamo più aspettare».