Dallo champagne, all’abbigliamento passando per la cosmesi a cinque stelle: il coronavirus impatta la spesa in beni luxury dei consumatori cinesi. È quanto emerge da un rapporto di S&P, che torna sul tema degli effetti economici del virus cinese.
Segmento d’eccellenza per gli acquisti voluttuari con una quota pari al 35% della spesa globale, i cinesi ridurranno la spesa sia nel loro paese di origine che all’estero e l’impatto sui brand dipenderà dalla velocità con la quale il virus verrà arginato, affermano gli economisti di S&P.
Al riguardo, alcuni numeri possono aiutare a dare una percezione del peso dei consumatori cinesi su un economia come quella italiana. Nel 2019 i turisti cinesi (fonte: Global Blue) hanno coperto il 28% degli acquisti tax free nel settore del lusso nostrano (in crescita del 16% rispetto al 2018), seguiti a distanza dai russi (12%), statunitensi (11%), persone provenienti dai Paesi del Golfo (5%), giapponesi (5%) e coreani (5%). Rispetto a due anni fa i consumi del turismo d’alta fascia, proveniente dalla Cina, sono cresciuti di 7 punti percentuali.
“A nostro avviso le società globali di beni di consumo di lusso saranno tra le più colpite principalmente a causa della loro esposizione alla spesa cinese”, ha affermato l’analista del credito di S&P Global Rating, Rocco Sembrano (in foto), in una nota ripresa da Adnkronos. La Cina continentale rappresenta ora uno dei principali mercati globali in termini di vendite per le tre maggiori aziende mondiali di beni di lusso: Lvmh Moët Hennessy, Compagnie Financière Richemont e Kering.
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