Raccontava Francesco Rutelli che da ministro del turismo, tra il 2006 e il 2008, durante un viaggio istituzionale in Cina ebbe un incontro ufficiale col sindaco di Pechino, al quale illustrò l’opportunità di agevolare il turismo cinese nel nostro Paese. Il sindaco ascoltò con interesse e gli chiese: “Mi spiega cos’ha di particolare Latina?”. La stranezza si chiarì. Era successo che un sindaco di Latina, poco tempo prima, era riuscito chissà come a intrufolarsi dal “collega” pechinese, e a fargli un appassionato panegirico della sua città. Solo dopo qualche tardiva verifica il funzionario cinese aveva capito di aver perso il suo tempo. E, di fronte all’interlocutore “giusto”, chiarì: “Noi verremo in Italia, ma lei non mi faccia più venire in ufficio un piccolo sindaco”.

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Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.


Quest’aneddoto torna in mente leggendo della più impavida e inverosimile sfida del governo Meloni. Riuscire dov’era fallito anche il governo Draghi, cioè avviare il riordino degli incentivi del sistema statale alle imprese. Stiamo parlando di una giungla che, nell’ultimo anno di rilevazione (il 2021), ha fatto registrare un numero complessivo di 1.982 interventi agevolativi, di cui 229 delle amministrazioni centrali e 1.753 delle amministrazioni regionali. 

La promozione turistica – per tornare al caso cinese – è fra le attività devolute alle regioni ed ha finalità e strumenti concettualmente agevolativi: spesa pubblica destinata ad agevolare attività private. Ma nei fatti i tentativi riusciti di coordinare le attività degli enti locali con quelle dello Stato e tra loro sono miseramente falliti.

È la sindrome della “secchia rapita”, il poema “eroicomico” di Alessandro Tassoni composto nel 1614 per narrare la guerra tra Modena e Bologna scoppiata perché i modenesi, durante un’azione “di commando”, avevano rapito la secchia di un pozzo: metafora delle insanabili rivalità che dividono da sempre in Italia località anche vicinissime impedendo loro di collaborare e condannandole a contrastarsi nei secoli. Metafora, ancora, dei mille particolarismi che fanno del nostro Paese un miscuglio di staterelli e non un sistema integrato di popolo nazione.

E c’è poi l’altra sindrome, che trasforma ogni rivolo di denaro pubblico che sgorghi dalle casse statali o locali in un’opportunità di truffa o almeno di parassitismo. È la sindrome del “severamente vietato”, quella locuzione surreale che implicitamente suggerisce al cittadino come possano coesistere divieti veri, da rispettare, e divieti “per modo di dire”, espressi sì ma senza la pretesa di essere davvero fatti rispettare.

Il disegno di legge delega approvato a fine febbraio dal governo gli dà due anni per emanare i decreti legislativi, sotto la responsabilità del ministero delle imprese e del made in Italy, di concerto con altri sei ministeri e previa acquisizione del punto di vista della Conferenza unificata… Già in queste procedure è iscritto il destino gramo di questo tentativo che nasce peraltro zoppo perché, previsto dal Pnrr, non ne riflette però la ripartizione di intervento, notoriamente orientata per il 40% delle spese verso il Sud.

Ma la vera lacuna di qualsiasi intervento di bonifica dello sperpero e del malaffare – piccolo o grande – che prospera all’ombra degli incentivi pubblici è la rinuncia da tempo manifestata dallo Stato centrale a un vero controllo del territorio. L’ultima riprova sono stati i miliardi – chi dice 6 chi 16 – di truffe sul bonus facciate e su alcuni altri ecobonus. Che c’è di più visibile dell’edilizia? E se lo Stato e gli enti locali non sono in grado di controllare se un lavoro di ristrutturazione è stato davvero fatto o no, se un immobile è in regola con i permessi o è stato costruito abusivamente, come potrà mai controllare che impiego effettivo viene fatto di un’agevolazione economica destinata ad attività di servizio o comunque invisibili?

Quanti impianti di riscaldamento sono stati ammodernati o sostituiti nelle “fabbrichette” di mezza Italia con i soldi per industria 4.0? Quanti bonus per i cappotti termici hanno in realtà finanziato cappotti di cashmere?

Riordinare e razionalizzare gli incentivi significa incidere sui due vizi assurdi profondamente annidati nella cultura materiale del nostro Paese, il particolarismo e l’opportunismo amorale (e spesso fraudolento). Nobile impresa. Auguri.