Sergio Costa: «la politica deve guardare al futuro dell’ambiente e saper andare oltre la semplice gestione dell’emergenza»

Sergio Costa, dopo soli otto mesi a capo del dicastero dell’Ambiente, non solo ha cacciato nell’angolo i pregiudizi dei colleghi carabinieri che temevano che con la politica mettesse a rischio la credibilità dell’arma. Ma ha anche smentito chi temeva l’arrivo di un gendarme a presidiare un settore, oggi quanto mai strategico, come l’ambiente. E, come spiega in quest’intervista ad Economy, appena arrivato al dicastero, sostenuto da Luigi Di Maio, Costa ha subito alzato l’asticella degli obbiettivi ambientali del Paese, affrontando uno dopo l’altro,  con insolita determinazione,  le  questioni ambientali aperte. Tante.

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Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.



Recentemente è stato in Sicilia per il progetto di riconversione, sul modello di Gela, degli insediamenti petrolchimici di Siracusa. A Brescia ha dato l’ultimatum alla Ats per consegnare il dossier legionella. Ha siglato un accordo con la Regione Campania per risolvere la questione delle polveri sottili nella città di Benevento. In Trentino Alto Adige si è occupato del piano lupi e degli orsi. Come si è trovato nel rapporto con gli enti locali?

L’Ambiente non ha colori e anzi lavoriamo ogni giorno per creare il massimo dell’inclusione evitando contrasti e divisioni. Il mio ruolo è quello di ascoltare le istanze che arrivano dai territori e intervenire dove mi è concesso utilizzando i poteri dello Stato centrale. Ad esempio sul tema del dissesto idrogeologico, grazie all’ascolto delle richieste dei comuni, e delle loro difficoltà, abbiamo inserito nel ddl un anticipo del 30% dei fondi per la progettazione delle opere al fine di velocizzare gli iter istruttori delle opere e partire al più presto con i lavori di messa in sicurezza del territorio.

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Questa è gestione. E le strategie generali, quelle sul futuro anteriore richiamate anche dalla marcia del 15 marzo?

Concordo, la politica deve guardare al futuro e andare oltre la gestione dell’emergenza immediata. Ce lo chiedono i cittadini in Italia, in Europa e nel mondo, basti osservare il moltiplicarsi delle iniziative di attivismo ambientale e ad esempio al grande impatto che sta avendo l’iniziativa Friday for Future, la marcia per il clima. Abbiamo di fronte a noi una grande sensibilità globale che si mobilita in difesa del Pianeta a cui la politica deve dare valore e risposte appropriate. Noi puntiamo molto sul Piano energia e clima che ha degli obiettivi molto ambiziosi per il nostro Paese e prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 33% al 2030 e la de-carbonizzazione entro il 2025.

Che cosa ne pensa di un piano strategico per una trasformazione ‘’verde’’ dell’economia come esiste in Danimarca e in Germania?

Questi Paesi sono sicuramente un modello da seguire. Cambiare il paradigma economico e quindi ambientale è una scelta necessaria e non più rinviabile. Sostenibilità, sviluppo e lavoro non solo possono ma debbono camminare insieme. La risposta a questa esigenza è sicuramente l’economia circolare. Dal 10 agosto esiste una specifica competenza sull’economia circolare nel mio ministero e da allora ci siamo impegnati a realizzare quel cambio di passo che anche il mondo industriale ci chiede.

La Cassa depositi e prestiti potrebbe seguire l’esempio della Germania che ha favorito gli investimenti sulla sostenibilità?

Sì, potrebbe essere una strada percorribile. La mia opinione è che gli investimenti in sostenibilità fanno bene sia all’Ambiente che alla competitività delle imprese.

Sia lo stop alle trivelle nel mare, sia il regolamento per la concessione dei patrocini solo su eventi ‘’plastic free’’, sono chiari segnali di un cambio di marcia. Si attende che altri ministeri la seguano? 

Il mio impegno in questa prima fase da ministro è stato appunto nella direzione di imprimere un forte segnale di cambiamento nelle politiche e nei temi legati all’Ambiente. Questo passa sia dal prendere una posizione chiara e forte su quello che deve essere il modello di sviluppo economico del nostro Paese, un modello non più negoziale rispetto al ruolo centrale della tutela ambientale. Ma anche una fase propositiva nel dare il buon esempio nei comportamenti e nelle abitudini di consumo. In questo contesto la sfida Plastic Free è iniziata come una simpatica sfida agli amici e colleghi nelle istituzioni Di Maio e Fico, che l’hanno raccolta con grande coraggio, rispettivamente al Ministero dello Sviluppo Economico e alla Camera, ma che poi ha cominciato un suo percorso autonomo di diffusione. Il primo Ministero dopo il nostro a diventare plastic free è stato quello degli Esteri, poi sono seguiti gli impegni a breve da parte di Infrastrutture, Economia, ma anche Senato della Repubblica, decine di Comuni, Università, Istituti di ricerca, Parchi Nazionali e Aree Marine protette. Sono anche convinto che questo numero continuerà ad aumentare, perché il cambiamento una volta avviato non lo si può arrestare. Finalmente sono le istituzioni a dare il buon esempio, anche se la mia più grande soddisfazione è vedere che sono le famiglie a cambiare le proprie abitudini e a dimostrarci che delle alternative valide all’utilizzo delle plastiche monouso esistono e sono percorribili da subito.

«Credo sia importante investire sulla formazione culturale verde perché significa costruire il futuro del nostro pianeta»

Il varo della legge dell’autonomia influirà, e come,  sulle attuali competenze del ministero dell’ambiente?

Intanto con il ministro Stefani stiamo ancora discutendo la bozza della proposta. Noi ci siamo detti disponibili ad affrontare i nodi e i temi proposti, ma ho sempre precisato che la modifica dell’art. 116 deve essere armonizzata con il rafforzamento del potere di controllo e anche sostitutivo dello Stato previsto dall’art.120 della Costituzione.

Recentemente ha nominato Fabrizio Curcio a capo della cabina di regia del Governo sulla Terra dei fuochi ed è stata avviata anche la cabina di regia per l’amianto. Ha in programma altre cabine di regia?

Più che altro abbiamo istituito dei gruppi di lavoro per intervenire su alcuni argomenti che riteniamo centrali e che necessitano una revisione. Tra questi i principali si occuperanno di sburocratizzazione, tagliando della legge ecoreati, abbattimenti manufatti abusivi nei parchi, qualità dell’aria e Dolomiti patrimonio Unesco.

Quanto crede nel protocollo che ha firmato con l’Istruzione per formare i giovani all’ecologia?

Sono particolarmente orgoglioso di questo percorso avviato insieme con il ministro Bussetti che segna l’inizio di una strategia di educazione ambientale condivisa. Un percorso che mette al centro chi si affaccia alla vita, come i bambini delle scuole che saranno coinvolte nei progetti, affinchè abbiano subito un predisposizione al pensiero ambientale. Credo sia importante investire su questa formazione culturale verde, visto che la nostra generazione ha fallito su questo. Formare al tema ambiente vuol dire costruire il futuro del nostro pianeta. Adesso siamo entrati nella fase operativa del protocollo che ha visto lo scorso 11 febbraio, la pubblicazione delle graduatorie del bando di gara. I progetti di educazione ambientale vincitori sono 45 e si svolgeranno nei territori dei 24 parchi nazionali, per un totale di oltre 1 milione di euro finanziati. Le azioni proposte consentiranno la realizzazione di progetti di educazione e comunicazione ambientale da parte di associazioni ambientaliste riconosciute e riguarderanno tematiche importanti quali biodiversità e sviluppo turistico naturalistico, parchi rifiuti free, rifiuti ed economia circolare, le scuole alpine per l’educazione alla sostenibilità del territorio, cambiamenti climatici e cambiamenti dei comportamenti umani, spiagge da amare, la risorsa acqua.

Come immagine la governance delle risorse idriche?

Nella riforma, che è tutt’ora in discussione, gli enti locali saranno ulteriormente coinvolti nella pianificazione e gestione delle risorse idriche, senza scardinare la governance attuale prevista dalla Direttiva europea Acque. Immagino un modello di pianificazione condivisa, in cui vi sia il controllo pubblico della gestione delle risorse idriche.