Sei mosse strategicheper ultraperformare
Fernando Alberti

Come si comportano le imprese ultra performanti, quelle che hanno una redditività superiore di almeno il 50% per tre anni rispetto alla concorrenza? Seguono sei traiettorie strategiche utili anche alle imprese italiane piccole e grandi per ridisegnare i loro modelli di business, oggetto del volume Rilanciare la competitività, di Fernando G. Alberti e Federica Belfanti, pubblicato quest’anno da Guerini nella collana Liuc. Il libro è punto di riferimento per i contenuti del corso Compete. Allenamenti strategici per essere competitivi, un percorso di formazione online proposto dalla Liuc in 4 incontri dal 21 ottobre all’11 novembre, condotto dallo stesso Alberti, professore ordinario di Strategie imprenditoriali e direttore dell’Institute for Entrepreneurship and Competitiveness di Liuc – Università Cattaneo. «Più che di resilienza, preferiamo parlare di resilienza attiva» spiega Alberti, «cioè la capacità di essere già a prova di futuro: non la resilienza passiva che significa subire e rimettersi in carreggiata, ma quella basata su un modello di business che permette di essere a prova di shock». Le imprese ultra performanti approfittano della crisi pandemica per ridisegnare il modello di business secondo sei direttive. «La prima è from panic to purpose, dal panico allo scopo» dice il docente di Strategie imprenditoriali, «oggi sempre di più le imprese devono cercare uno scopo che vada al di là del mero profitto, di risolvere i bisogni dove servono al mondo: l’accento non è sulla ridondanza di prodotti e servizi, ma sui bisogni sociali». Quello di valore condiviso è un concetto tipico delle teorie di Michael Porter; non per niente Alberti è anche Institutes council leader presso l’istituto di strategia e competitività diretto dallo stesso Porter alla Harvard Business School. 

«La seconda: from prediction to preparedness: al di là fatto che ci sembra inutile interrogarci se il Covid sia stato un cigno nero, le aziende devono essere preparate» continua Alberti, «devono essere capaci di fare analisi dei trend; nel corso offriamo una rassegna articolata di quelli più importanti con cui ci dobbiamo confrontare. Le aziende devono fare esperimenti, una pratica non così diffusa tranne che nelle grandi imprese internazionali. E devono avere ridondanza: usciamo da anni di lean, i processi snelli. Ma chi è rimasto lean è morto, con le filiere all’osso e i magazzini vuoti si risparmia in termini di risorse e persone, la ridondanza ha un costo ma ha salvato quelli che non erano così lean». 

La resilienza attiva è basata su un modello di business che permette di essere a prova di shock

Terza traiettoria: from transaction to interaction. «L’idea è che ci sia un sistema fatto di ecosistemi» mette in evidenza il professore di Strategie imprenditoriali, «di scambi non più tra impresa e cliente o fornitore, ma scambi tra ecosistemi, accelerati da fatto che abbiamo prodotti phygital; per come si comportano gli utilizzatori di un prodotto diventa sempre più fondamentale anche l’erogazione di un servizio». 

Quarta traiettoria: from asset to subscription. «L’idea è che si vada verso modelli di business subscription» insiste Alberti, «il che avviene anche a livello industriale. Il vantaggio da un lato è passare dal modello capex a opex, cioè da un costo al solo costo operativo, dall’altro all’idea che chi usa bene non paga. Come la polizza assicurativa sudafricana Discovery, che rimborsa parte della spesa a chi compra frutta e verdura, e la palestra a chi ci va due volte a settimana». 

Quinta: from vertical to horizontal. «Cadono i confini: tra il fisico e il digitale, tra la manifattura e i servizi, tra il business to consumer e il business to individual» afferma il professore della Liuc, «Basf per esempio è molto a monte nella filiera della cosmesi, ma vuole sapere cosa fanno gli utilizzatori finali per capire come adattare i prodotti». 

Sesto: from organization to organizing. «Da un lato le organizzazioni devono essere sempre in mutazione» conclude Alberti, «dall’altro quel che prevale è l’attenzione alla componente umana, anche in conseguenza della pandemia. È successo quel che si era visto anche con la crisi del 2008: le aziende che non aspettavano altro che lo sblocco dei licenziamenti non fanno parte di quelle più competitive, mentre quelle che sono state molto vicine ai lavoratori invece sì, hanno mostrato una marcia in più».