Se si sgonfia con Uber la bolla dei taxi alternativi

Il colosso del para-taxi Uber è stato protagonista nei giorni scorsi di una delle più grandi offerte pubbliche iniziali di azioni a Wall Street. Un successo straordinario, a voler essere generosi. Un bell’inciampo, ad essere severi. Perché?

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Uber ha raccolto poco più di 8 miliardi di dollari vendendo nuove azioni agli investitori per il 10% del capitale e dunque facendosi valutare l’azienda dal mercato circa 80 miliardi di dollari. Peccato però che le banche d’investimento sono andate avanti per mesi a ipotizzare che l’azienda ne valesse 120. Come mai, invece…? Forse perché Uber non ha mai realizzato un solo dollaro di utile con il servizio pari-taxi, e che possa realizzarne consegnando cibo a domicilio sembra agli analistio ancora meno probabile. Il suo rivale, Lyft, sembra andar sempre meglio. E la possibilità che Uber netta presto in servizio taxi a guida autonom sembra improbabile.  Parliamoci chiaro: il valore di quotazione di Uber è stato pari a otto volte il suo fatturato 2018. Un’enormità, priva di senso. Eppure è stato otto volte inferiore a quello ottenuto da Lyft quotandosi in marzo. L’anno scorso l’azienda ha perso 2 miliardi di dollari e gli analisti si chiedono cosa accadrebbe se i suoi due milioni di autisti freelance dossero ottenere di essere trattati come dipendenti idonei per le ferie e le assenze per malattia. Ciò spingerebbe i costi di Uber più in alto – e la redditività ancora più lontano.