Quella ciclopica betoniera di contenuti, che rimescola continuamente una massa diluviale di post e di video e di foto e di gif e di emoticon e di reel e di storie e di ogni cosa, che tutto sommerge e tutto travolge, e tutto cancella, è anche il posto dove essere, dove dobbiamo essere, che ci piaccia o meno: anche per comunicare la nostra impresa nel migliore dei modiper raggiungere i più giovani, ma in fondo per raggiungere tutti.

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Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.


E le imprese che l’hanno capito e che ci provano sono sempre più numerose, più agguerrite e spesso anche più brave. Come Patagonia, il brand di abbigliamento “outdoor” che non parla in Rete dei suoi prodotti ma dei suoi valori e dei personaggi e delle storie che li rappresentano. O come Unipol che sul suo “Changes” analizza e racconta i nuovi trend sociali e culturali, spesso corredandoli di ricerche inedite con Ipsos, dalla crisi energetica al cyber-risk alla nuova delusione da lavoro… O come Trenitalia, che con il suo mensile “La Freccia”, anche cartaceo a bordo dei convogli dell’alta velocità, coltiva il rapporto con i passeggeri anche sul fronte dell’intrattenimento, unito al portale e ai tanti altri suoi contenuti.

Il messaggio emerso dal webinar organizzato da Economy Group su questo tema di frontiera, ma insieme giù di uso corrente, della comunicazione d’impresa è quindi perentorio: comunicare direttamente, senza mediazione, occorre e funziona. Tanto meglio quanto più si riesce a farlo individuando linguaggi e tematiche che cementino il rapporto di ogni impresa con i suoi stakeholder, tutte le categorie interessate e coinvolte nella vita dell’azienda stessa, che – raggiunte dalla sua comunicazione – rafforzano la loro relazione col brand, i suoi prodotti e i suoi servizi. 

“Per molti l’intermediazione giornalistica è semplicemente un disturbo”, spiega Mario Calabresi, giornalista di lungo corso e già direttore di grandi quotidiani, oggi imprenditore in proprio nel settore del podcast con la sua Chora Media, con attività qualificatissime anche per imprese clienti. “Allora come si può parlare a chi non vuole intermediazioni? Alla parte più dinamica della società, diciamo i ragazzi dai 15 ai 18 anni o i giovani adulti tra i 20 e i 45? Come ottenere un racconto non interrotto dalla intermediazione? La mia scelta è stata l’audio: che è intimo, e costruisce una relazione di fiducia nel 60-80% dei casi. Ma attenzione: la storia deve essere bella e affascinante. Non funziona il “guarda come siamo belli e guarda come siamo bravi”. Occorre raccontare la propria identità e farlo anche non necessariamente il racconto di quello che fai tu ma dei valori con cui sei coerente.

Il titolo del webinar era: “Every company is a media company – L’impresa cantastorie: stili, finalità, risultati e prospettive della nuova narrazione aziendale”. E per Fernando Vacarini di Unipol, occorre ricordare che “In questa nostra società piena di numeri occorre tornare dalle attuali vane cose alle cose quotidiane, anche quando sono piccole”, citando il filosofo sudcoreano Byung-chul Han.

Questo anzitutto per ricordare che a ogni pubblico è destinato un linguaggio adeguato. Siamo partiti dall’ufficio stampa e siamo passati alle digital pr e ora dal blog Changes siamo passati a un giornale vero e proprio, anche cartaceo, che è divenuto un punto di riferimento presso il nostro pubblico esterno, inclusi i clienti, e all’interno del gruppo, portando la nostra comunicazione sempre più vicina agli interessi del nostro pubblico. Al pubblico vanno adattati i nuovi mezzi e i nuovi strumenti. Sul tema della crisi dei media, invece, vorrei dire la mia: sono convinto che non possiamo abbandonare i media tradizionali, che del resto settori importantissimi come la moda e la finanza non abbandonano. Poi perché il giornale cartaceo è diventato anche uno strumento – di nicchia – per un dialogo tra aziende. Resto dell’idea che come dice Bill Gates “content is king” è il contenuto a farla da padrone. A riprova di ciò, i giovani si staccano dagli influencer perché gli influencer stessi sono diventati meno autentici”. “Il nostro blog – prosegue Vacarini – è di fatto il nostro tentativo di officina, un avvicinarsi a tutti i pubblici lavorando insieme”. E’ stata poi commentata una scelta, all’apparenza singolare, di Moneyfarm – società di consulenza finanziaria on-line, che ha dedicato una lunga newsletter al tema del costo lievitato dei matrimoni: “Non ha sbagliato – dice Vacarini, provocato sul tema – Sposarsi costa molto e quando vorrai farlo, dovrai aver accantonato la somma necessaria, con un piano di accumuli, magari. Quindi, certo, ci vuole un opportuno senso del limite, ma applicandolo, insieme al criterio dell’approfondimento e della pertinenza, il messaggio funziona”.

Per il Senior Vice-president communication and Bbrand image di Pirelli Maurizio Abet oggi “per un’azienda avere la capacità di essere anche una media company non basta. Occorre rispondere alla domanda essenziale: come stare davanti al proprio pubblico cioè con quale postura e con quale tono di voce? Se conta di più la parte emozionale, occorre almeno in parte sottrarre e non aggiungere, ce lo spiega bene Baricco quando dice: “togliete i fatti, resterà lo storytelling”. Ce lo insegnano bene gli influencer: occorre sottrarre e non aggiungere e nei loro video arrivano addirittura a togliere le parole e a esprimersi coi soli gesti. Del resto, si riduce la soglia di attenzione, comanda lo scroll, il surf e non più il click e la lettura attenta. La parola d’ordine non è più penso ma sento, l’audience è diventato pubblico e in quanto pubblico vuole uno show”.

Per il massmediologo e sociologo Mario Abis l’impresa è (anche, ndr) una struttura narrativa, che ha cioè il compito di narrare. Nel fare questo, deve 

necessariamente tenere conto del proprio impatto sociale. “In questo contesto c’è un processo di indebolimento delle strutture mediatrici. In pratica dopo il primo mediatore di contenuti che è stato il caro buon e vecchio Carosello ci sono state le agenzie di pubblicità: loro hanno fatto la narrazione di impresa, erano i cantastorie e giustamente cantavano. Ora invece la rete è il contenitore di tutto, la rete ha consentito il rapporto diretto tra emittente e ricevente. Oggi quindi, se non c’è mediazione e l’impresa ha campo libero, l’utente a sua volta risponde direttamente. 

Per Gianluca Comin, comunicatore di lungo corso e imprenditore della comunicazione, “i tempi in cui abbiamo iniziato erano tempi in cui il marketing e la comunicazione erano ambiti separati all’origine. Ora però l’abbandono della intermediazione cosa ha prodotto? Niente di negativo: le agenzie o i reparti comunicazione sono degli ambiti dove le persone devono avere molte capacità. Per quanto riguarda i contenuti serve però sempre un passaggio, un’idea forte, e occorre tener presente che siccome non puoi più controllare gli altri devi controllare te stesso. Devi cioè avere occhio a come ti muovi, a come ti comporti, perché quello è il primo elemento della tua comunicazione”. E per Marco Mancini, direttore responsabile de La freccia, la rivista che viene diffusa sulle Frecce di Trenitalia, “La Freccia ha già affrontato la questione del labile confine tra l’informare e comunicare, perché il nostro target è un pubblico che va trattenuto e intrattenuto mantenendo la credibilità che a noi come mediatore tocca costruire e rafforzare continuamente. Anche noi andiamo verso una nuova forma di comunicazione e dall’anno prossimo oltre al portale anche La Freccia uscirà in formato completamente digitale”.