Il New York Times oggi ha pubblicato un simpatico corsivo sull’apparente controsenso che gli Usa stanno vivendo oggi. Da una parte un’economia e una finanza che danno prove di solidità e, dall’altra, un presidente più apassionato all’uso del bastone che a quello della carota. Bastone che, a volte, è più flessibile di quanto possa apparire (un esempio su tutti: lo scontro con il Messico sulla costruzione del muro sul confine che non sta intaccando in alcun modo gli scambi commerciali tra i due paesi).
“Non importa che il debito pubblico americano sia enorme, ormai arrivato a 22 trilioni e in continua a crescere”, scrive il grande quotidiano a stelle e scrisce. Non importa nenache “che solo un decennio fa il paese abbia attraversato la peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione. O anche che il suo presidente violi regolarmente le norme delle relazioni internazionali, provocando lamentele da parte di alleati e nemici”. Tutto ciò ha una rilevanza relativa perchè “in modo controintuitivo, la reputazione del dollaro come forte e sicuro è cresciuta, consentendo al Tesoro del Presidente Trump di trovare acquirenti di titoli di Stato a tassi invidiosamente bassi”. Un risultato ottenuto nonostante “i suoi (di Trump, ndr.) 1.500 miliardi di dollari di tagli fiscali abbiano aggiunto debito al debito americano”. I risultati del “sistema Usa” hanno “rafforzato la capacità di Trump di imporre le sue politiche estere a un mondo spesso riluttante, amplificando il potere delle sue sanzioni commerciali, in particolare contro l’Iran e il Venezuela”.