Nell’attuale contesto socio-economico, il concetto di proprietà intellettuale ricomprende la tutela delle nuove idee (brevetti), degli elementi distintivi aziendali (marchi) e delle espressioni artistiche (diritti d’autore). Quando le manifestazioni della conoscenza, dell’esperienza e della specializzazione dell’individuo titolare del diritto sono in grado di produrre un significativo valore economico – tanto da essere considerate distintive nel tempo e da meritare l’attenzione del legislatore per garantirne la tutela – risulta fondamentale l’adozione di adeguate forme organizzative da parte del titolare, ed il rispetto di determinate condotte comportamentali da parte delle terze parti contrattualizzate per lo sfruttamento economico del diritto.
Occorre adottare sistemi adeguati per valorizzare e monitorare l’andamento economico degli introiti
E se è vero che spesso – almeno all’inizio – la persona fisica titolare della proprietà intellettuale non possiede gli strumenti di contabilità analitico-gestionale tipici dell’organizzazione aziendale, è anche vero che queste micro-entità possono generare flussi di cassa operativi talmente significativi da poter essere paragonati a quelli di una media impresa. A tal proposito, anche nell’attuale contesto pandemico, un esempio calzante è rappresentato dal calcio professionistico. Come riportato nell’Ansa del 03 febbraio scorso, si quantifica in 131 milioni di euro all’anno il totale delle retribuzioni e degli introiti commerciali del calciatore Lionel Messi, al primo posto tra i calciatori più pagati al mondo e che precede di poco il suo storico rivale Cristiano Ronaldo, fermo – si fa per dire – a 118 milioni di euro. Nella stessa classifica non sono da trascurare i calciatori meno blasonati: al 20esimo posto con 24,8 milioni di euro ritroviamo il calciatore David de Gea, portiere del Manchester United.
Non meno rappresentativa è la classifica dei guadagni connessi ai cantautori e musicisti. La top ten è guidata dai Rolling Stones con 65 milioni di dollari, seguito da Ariana Grande (44,3 milioni di dollari) ed Elton John (43,3 milioni di dollari). Se si considerassero i soli introiti derivanti dal canale streaming, il primo in classifica (Drake) realizza ricavi per circa 12 milioni di dollari.
È chiara dunque la necessità di dover adottare dei sistemi adeguati per pianificare, valorizzare e monitorare l’andamento economico-finanziario degli introiti derivanti dalla gestione dei propri diritti, e quindi pensare alla loro tutela. Si pensi ad alcune battaglie intraprese nel mondo del calcio per il riconoscimento e la valorizzazione dei diritti di immagine, esposti al rischio di frode tanto nella riproduzione televisiva dei match quanto nello sviluppo di contenuti digitali. A tal proposito, lo scorso dicembre 2020 il calciatore Ibrahimovic ha manifestato il proprio disaccordo nei confronti della EaSports e della FifPro con riguardo alla riproduzione del proprio nominativo e della propria immagine all’interno del videogioco Fifa21. Il calciatore svedese ha precisato di essere del tutto estraneo ai motivi che hanno consentito di inserire all’interno di alcuni contenuti digitali i suoi tratti distintivi, né tantomeno di essere al corrente di alcuna cessione dei diritti di immagine da parte della FifPro e/o da parte del proprio club.
Questi rischi all’interno delle organizzazioni aziendali vengono solitamente monitorati dal responsabile della compliance, che verifica la corrispondenza delle pattuizioni contrattuali rispetto agli interessi economico-finanziari dell’organizzazione, monitora il relativo andamento delle vendite e verifica lo status reputazionale e finanziario della controparte.
E dunque come dotare la persona fisica delle stesse conoscenze, competenze e strumenti? Potrebbe essere utile in questo senso dotarsi un Fraud Risk Management Program (Frmp), personalizzato sulle esigenze del titolare del diritto, che consenta di identificare e prevenire i comportamenti fraudolenti di terze parti. Il Frmp è articolato 3 fasi: Prevention, Detection e Continous Monitoring. La prima consiste nella definizione degli elementi che accompagnano la gestione patrimoniale del diritto, siano essi “statici” (ovvero non modificabili dalle variazioni del contesto di riferimento), come la corrispondenza del corrispettivo economico fissato nel contratto con l’ammontare finanziario percepito in un determinato periodo di tempo dal titolare del diritto, o “dinamici”, come i cambiamenti normativi che stanno caratterizzando l’attuale contesto emergenziale e che introducono misure di sostegno finanziario e fiscale a favore di ciascun individuo e organizzazione. Successivamente (Detection), occorre svolgere verifiche in caso di eventi dai quali originano i flussi economico-finanziari connessi allo sfruttamento del diritto. In questo contesto risulterà necessario prevedere all’interno degli accordi contrattuali con le terze parti un potere di ispezione e verifica. La terza fase (Continous Monitoring), prevede l’introduzione di un sistema di reporting che consenta di prendere visione dell’andamento della gestione patrimoniale rispetto alle misure di prevention e detection adottate dal titolare del diritto.
E’ utile dotarsi di un fraud risk management program personalizzato sulle esigenze del titolare del diritto
Da non tralasciare è anche l’analisi delle condotte comportamentali, punto di partenza per la definizione del risultato economico atteso dagli accordi sottoscritti per lo sfruttamento della proprietà intellettuale. Tali condotte vanno misurate rispetto al livello della proposizione commerciale (più elevato è il livello qualitativo della proposta commerciale, maggiori sono le probabilità di successo e di raggiungimento del risultato atteso) e al grado di esclusività commerciale (più elevata è l’interdipendenza tra i risultati dei soggetti coinvolti, maggiori sono le probabilità di successo e di raggiungimento del risultato atteso), e andrebbero concordate attraverso un documento ad hoc che disciplini le norme comportamentali da tenere nel corso della durata del contratto.
Un vero e proprio “codice di comportamento” per le terze parti, in grado di sopperire a quelle esigenze di tutela che nelle aziende sono riscontrabili nei “codici etici”, atti a regolare tutti quegli aspetti che non sempre possono essere disciplinati nei singoli contratti (come ad esempio il rispetto della normativa in materia lavoristica e previdenziale, di parametri di correttezza professionale), e rappresentano un mezzo per tutelare i soggetti non facenti parte del contratto sociale, che non trovano una fonte di regolamentazione del loro rapporto con la società ma sono interessati dall’attività della stessa (in sintesi tutti gli stakeholders). Nella medesima ottica di tutela si pone l’esigenza di predisporre “codici di comportamento” che permettano alle persone fisiche, non dotate della medesima struttura delle imprese organizzate in forma societaria, di disciplinare aspetti che altrimenti non sarebbero regolati tra le parti in via negoziale.
Si pensi al tema della reputazione della persona nel vedere il proprio nome e la propria immagine associata magari a settori economici “controversi”, come possono essere l’industria della prostituzione o del tabacco, o al tema dell’onore e della violazione dei propri valori etici e morali che per la persona possono essere anche più caratterizzanti rispetto a quanto questi valori possono afferire ad una società.