Marcello Cattani

Una strategia di crescita chiara e una nuova identità visiva che segna il passo della sua evoluzione e della sua ambizione di trasformare la pratica della medicina. Negli ultimi 50 anni, Sanofi si è profondamente diversificata ed è cresciuta fino a diventare il leader globale della salute che oggi rappresenta. Lungo la sua storia, lo sviluppo dei primi trattamenti per molte malattie rare, così come farmaci per il diabete e le malattie cardiovascolari che oggi rappresentano lo standard di cura. L’impegno nei confronti della salute pubblica che ha protetto milioni di persone dall’influenza ogni anno per decenni e ha aiutato a eradicare virtualmente la polio. Negli ultimi anni la sua visione della scienza ha portato a innovazioni rivoluzionarie nel trattamento delle malattie infiammatorie. Risultato della fusione di più aziende, come spesso accade nel pharma, rappresenta oggi una delle principali realtà industriali nel nostro Paese, per presenza e impatto sull’economia.

«Sanofi – spiega Marcello Cattani, presidente e amministratore delegato di Sanofi Italia – sta vivendo un importante processo di transizione da azienda farmaceutica ad azienda biofarmaceutica: questo implica una forte focalizzazione sul futuro, in termini di ricerca, acquisizioni di nuove tecnologie e know-how, sviluppo di soluzioni che soddisfino i più importanti bisogni terapeutici dei pazienti, innovazione degli asset. Nei nostri piani di sviluppo le biotecnologie stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante. Sto parlando di small molecules, anticorpi monoclonali, vaccini, e terapie geniche. In generale la nostra attività si concentra verso aree terapeutiche che definiamo corte, ossia in cui le esigenze dei pazienti trovano ancora poche opzioni di cura: parliamo di oncologia, ematologia, immunologia, malattie rare e neurologia. Per avere un’idea dell’importanza che Sanofi attribuisce a questi indirizzi di ricerca, basti considerare che su 91 progetti di ricerca attualmente in corso di sviluppo, 59 sono riconducibili a oncologia e immunologia. Di queste nuove molecole, 29 sono in fase 3, ossia molto avanzata di sviluppo, prossimi alla registrazione, mentre cinque sono già in fase di registrazione».

«Sanofi – continua Cattani – è presente in quasi cento Paesi al mondo, con circa 100 mila dipendenti. In Italia conta più di duemila addetti, due sedi, Milano e Roma, e quattro stabilimenti produttivi su tutto il territorio nazionale: Origgio, in provincia di Varese, Anagni, in provincia di Frosinone, Scoppito, in provincia de L’Aquila, e Brindisi. Quest’ultimo, insieme ad altre cinque realtà produttive europee fa oggi parte della newco EuroApi, specializzata nella produzione di principi attivi farmaceutici. Si tratta di un progetto con un forte valore strategico che si propone di dar vita al secondo player mondiale di questo segmento farmaceutico e di consolidare l’autosufficienza europea nella loro produzione, per fronteggiare la dipendenza da Cina e India, con vantaggi in termini di qualità e di competitività».

È in queste scelte che si concretizza la vostra strategia?

Sì: focus verso l’innovazione, concentrazione degli sforzi su aree in cui possiamo fare davvero la differenza per il paziente e in cui possiamo trasformare la pratica della medicina. Alcuni esempi? Attualmente, insieme ad Astrazeneca, stiamo sviluppando un anticorpo monoclonale per la prevenzione del virus respiratorio sinciziale (Rsv) che colpisce in particolare neonati e bambini. Con il nostro vaccino booster per il Covid-19 in collaborazione con Gsk siamo in fase 3 di sviluppo. Sul fronte della nostra specialty care, stiamo ampliando i fronti terapeutici per il nostro anticorpo monoclonale Dupilumab in tante patologie che hanno alla loro origine l’infiammazione di tipo 2, e diverse nuove terapie per alcune malattie rare che ad oggi non hanno trattamenti specifici approvati.

Qual è l’importanza strategica dell’Italia per il Gruppo?

Per Sanofi, l’Italia riveste un ruolo centrale perché è il terzo mercato a livello europeo, dopo Germania e Francia, con un fatturato di 1,4 miliardi di euro in valore. Inoltre, i nostri stabilimenti sono fiori all’occhiello del footprint industriale del Gruppo, per l’elevato livello tecnologico e le professionalità. Lo stabilimento di Scoppito, dove lavorano circa trecento persone, è un sito altamente automatizzato, una fully integrated factory per i suoi sistemi di gestione e i suoi processi integrati a livello operativo. Nel triennio 2019/2022 circa 50 milioni di investimenti – cui ha partecipato anche il Mise – sono stati finalizzati al progetto del nuovo reparto Columbus High Potent che è destinato a trasformare la sua stessa mission. Unico centro di questo tipo a livello globale, rappresenterà l’anello di congiunzione tra la nostra R&D e la produzione su larga scala e ampi volumi. Lo stabilimento di Anagni è destinato ad avere un ruolo cruciale nella produzione del nostro vaccino booster anti Covid. L’impianto sarà il centro deputato alla sua produzione per tutta Europa. Infine, lo stabilimento di Origgio, un sito biotecnologico di riferimento per il Gruppo per alcuni dei più noti brand del nostro portfolio di automedicazione, con un grado di innovatività industriale assai significativo. Molto importante è anche il ruolo che l’Italia riveste per la sua Clinical Study Unit e la sua Direzione medica. Al nostro Centro di eccellenza fa riferimento tutta l’Europa meridionale, orientale e balcanica. Solo nel 2020 abbiamo gestito, in Italia, 93 studi di sviluppo clinico, con oltre 3000 pazienti arruolati e 640 centri clinici coinvolti, in rappresentanza della grande qualità della ricerca clinica e accademica, fiore all’occhiello del nostro Paese.

Dal vostro punto di osservazione, che impatto ha avuto la pandemia sul Sistema sanitario nazionale e sul vostro settore e quali sono le sfide per il futuro?

La pandemia ha messo in evidenza quanto la salute sia fondamentale e sia fattore abilitante per la società e l’economia, quanto il pharma sia strategico, non solo per il nostro Paese, ma per l’intera Unione Europea. Ha fatto però anche emergere gli interventi più urgenti da attuare, anche grazie alle Misure 1, 4 e 6 del Pnrr, e altre nuove modalità di finanziamento (Ipcei). È necessario colmare gap che ancora pesano sul nostro Paese. Abbiamo un numero di letti in ospedale di molto inferiore rispetto alla media europea, postazioni di terapia intensiva insufficienti, pochi infermieri in proporzione alla popolazione. La pandemia ha inoltre cancellato milioni di screening, visite e interventi chirurgici. Solo nel 2020 abbiamo perso 1,2 anni di aspettativa di vita per la popolazione che impiegheremo 6 anni per recuperare. Le direttrici su cui investire? Telemedicina, digitalizzazione anche delle cure di prossimità, armonizzazione dei servizi sanitari. Ma è necessario intervenire anche su un nuovo modello di governance fondata sulla collaborazione e le partnership tra i settori pubblico e privato, definire un procurement più sostenibile e intervenire sul disequilibrio tra spesa pubblica farmaceutica e finanziamento – il cosiddetto payback -. Se vogliamo essere un Paese equo e moderno, che sposi l’innovazione, la politica e il Governo devono aggiungere fondi per supportare la ricerca e l’accesso all’innovazione.