Al convegno Salute Italia! Organizzato da Economy, Elena Bottinelli, head of Innovation, digitalization and sustainability Gruppo San Donato, ha parlato dell’impatto della digitalizzazione sugli ospedali. «Abbiamo una sfida davanti a noi che non possiamo perdere: la trasformazione digitale di come cambia il modo di lavorare negli ospedali in relazione ai pazienti. Con i temi degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale si apre un mondo di competenze da colmare. Gli algoritmi devono passare dai comitati etici, il che apre la questione delle competenze necessarie per farlo. È importante anche formare il cittadino, che è molto spaventato sui dati personali e la cybersecurity. Ma la fiducia del cittadino è una precondizione necessaria per procedere. Nel framework Ue su tecnologia si dice che deve avvicinare e non dividere, si parla della sicurezza del dato, dell’esigenza di mettere in primo piano il cittadino e la sua libertà di scelta. Per esempio con la medicina predittivaci si chiede: cosa dire al paziente di come probabilmente si evolverà la malattia? Di qui l’importanza del ruolo del medico. La parte etica è un pilastro. Grossa parte del Pnrr è destinato a apparecchiature elettromedicali, copre alcuni aspetti di connettività e interoperabilità, dati comunque fondamentali, un grosso passo avanti. Ma bisogna fare molto, da capire se con il Pnrr, proprio sul tema delle competenze e di come coinvolgere il cittadino in questo percorso».

«Il Covid ha messo in evidenza le lacune strutturali di questo ambito», ha sottolineato Luca Foresti, ceo del Centro medeico Santagostino. «Quando parliamo di privato in sanità dobbiamo distinguere tra soggetti accreditati e soggetti finanziati, dentro la spesa dei 120 miliardi messi a budget dal sistema sanitario nazionale. Un 30% è fuori. Quando parliamo di dati per esempio i soggetti privati sono totalmente fuori, e i pazienti hanno di conseguenza dati “bucati”. Ora pare siamo in dirittura d’arrivo. Tra gli effetti del Pnrr sembra si stia andando verso un fascicolo elettronico unico. La gestione dei dati, che è la madre di tutte le riforme, si può d’altronde fare con costi ridicoli rispetto al totale della spesa in sanità. Non dimentichiamo che la spesa investita è una percentuale bassissima del PNRR ed è solo un budget in investimenti, non in spesa corrente. Quindi restano fuori tutti i servizi. Un altro punto centrale del nostro sistema sanitario è il medico di base. Non esiste medicina di base senza medico di base, questo è un punto dolente. C’è poca volontà dei nuovi medici di fare il medico di base e molti andranno in pensione pochissimi entreranno. Il medico di base è un professionista alla cui base c’è un contratto tra un professionista e stato o regione, per smuovere questa situazione la soluzione che vedo è aprire agli operatori privati. Questo porterebbe nuova tecnologia. Nuova eppure semplice. Lo strumento essenziale in questo rapporto, come già in altri paesi c’è già ed è la chat che permette un rapporto di dialogo continuo medico paziente lasciando la visita solo quando necessaria».

La pandemia ha acceso una crisi che già covava sotto la cenere da anni: quella del personale sanitario. Nel 2021 le dimissioni sono aumentate del 44% rispetto al 2020; e il 93% (!) degli operatori ha mostrato sintomi di burnout. Ma soprattutto, mancano migliaia di medici e infermieri. Al convegno di economy, Donato Scolozzi, associate partner Kpmg esperto della materia, ha ribadito il tema del ricambio generazionale: «La vocazione di fare il medico riguarda una percentuale fissa di ragazzi. I giovani diminuiscono, quindi il numero di chi ha questa vocazione diventa più basso. E non è che aumentando i posti alla facoltà di medicina aumentino i medici, e soprattutto non il numero di chi va a lavorare in pronto soccorso. È più probabile che aumenti il numero dei dentisti, o di altre specializzazioni che sono ben pagate». Il lavoro del medico in trincea, ninsomma, non attrea più: «Si pensi all’esperienza di lavoro del medico in pronto soccorso. In tanti oggi iniziamo a lavorare appena prendiamo lo smartphone in mano. Lui invece, nonostante sia un super-professionista, non può iniziare a lavorare a distanza». Come se ne esce? «Da un lato certamente cerchiamo di aprire le porte il più possibile ai medici e agli infermieri. Cerchiamo di far fare un po’ agli infermieri il mestiere che fanno i medici, di aumentare il loro livello di professionalizzazione per sostituire il medico nelle operazioni più semplici. Ma deve essere messa a disposizione dei medici anche una logistica più intelligente: nasce l’esigenza della digitalizzazione. Oggi abbiamo l’opportunità della vita, il Pnrr, per migliorare da un lato l’esperienza paziente dall’altro per creare le condizioni per prendersi cura di chi si prende cura di noi, perché questa gente possa essere utilizzata meglio. Telemedicina e teleconsulto sono certamente belle opportunità. Forse però si potrebbe fare qualcosa prima. Torniamo all’esperienza del medico in pronto soccorso: lo si potrebbe mettere in condizione di fare il passaggio di consegne in modo più rapido, di prendere le informazioni necessarie in modo più agile. Oggi usiamo gli audiolibri per leggere di più. Con un po’ di fantasia potremmo applicare qualcosa di simile al mondo della medicina. Con i sistemi di voice recognition il medico potrebbe essere informato mentre raggiunge la struttura, senza dover necessariamente parlare con qualcuno. Intendiamoci, è fondamentale che la gente continui a parlarsi, ma meglio farlo su temi di più elevata caratura, non sui dati sulla situazione del turno precedente. Da qualche parte saranno pur scritti, quindi possono essere letti con un sistema di voice recognition, in modo che il medico mentre si dirige verso la struttura sappia già cosa lo aspetta». L’intelligenza artificiale apre nuovi scenari, con «il robot può dire al medico che il caso che sta trattando assomiglia a tot casi simili, con. caratteristiche analoghe. Questo ridurrebbe gli errori e faciliterebbe la vita dei medici. Tutto ciò che è semplice e routinario – cognitivo può esser sostituito dal robot. In medicina si deve fare un po’ più di attenzione, ma c’è la possibilità di supportare il medico».