Il nuovo percorso iniziato dal mercato del risparmio italiano ed europeo era già chiaro prima della tragedia del Covid-19. Percorso caratterizzato dalla diversificazione della domanda di investimenti, che negli ultimi tre mesi in Italia è esplosa in una vera e propria “frammentazione del risparmio”, come l’ha definita il presidente del Censis, Giuseppe De Rita (il primo in foto), stamattina a Radio 24.


La preoccupazione finanziaria sul lungo periodo ha iniziato a impattare sulla quotidianità, è scattato il meccanismo del ìtutto può succedere’ (Giuseppe De Rita, presidente Censis)
L’istituto di ricerca socio-economica italiano ha presentato oggi lo studio realizzato insieme all’associazione italiana del risparmio gestito, Assogestioni, “Il valore della diversità nelle scelte d’investimento prima e dopo il Covid-19“, secondo cui il 68% dei cittadini ha paura per la situazione economica familiare e sceglie di puntare sulla liquidità.
La pecentuale di chi è finanziarimente paralizzato dalla paura del domani arriva al 72% tra i millennial e tra le donne; sfiora il 75% nel Sud e supera il 76% tra gli imprenditori. Si arriva all’82,6% tra le persone con i redditi più bassi. La paura diventa così il principio regolatore emotivo di questa nuova stagione.
Secondo la ricerca, il 38,9% degli italiani ha incrementato il proprio risparmio nel periodo del lockdown. Percentuale che sale al 49,1% tra i risparmiatori abituali. Un accumulo di risorse che tra marzo e aprile (i mesi dell’emergenza sanitaria acuta) è ha fatto crescere la liquidità di 34 miliardi.
A questi 34 miliardi se ne aggiungono altri 120 accumulati negli ultimi tre anni (+8,4% in termini reali nel triennio): “più del Piano Marshall dedicato all’Italia”, scrive il Censis. Per il suo presidente, “la pandemia ha accelerato un fenomeno già evidente: la messa a riposo delle risorse economiche”. Per il Censis, se il trend proseguirà allo stesso ritmo del triennio trascorso, nel 2023 ci saranno altri 135 miliardi di liquidità aggiuntiva per le famiglie.
Per lo studio, oggi bisogna fare i conti con il 34,1% degli italiani che considera la liquidità lo strumento principale per la propria protezione, insieme all’ampliamento del sistema di welfare pubblico (34%) e all’acquisto di strumenti assicurativi, mutualistici, integrativi (18,6%).
La tendenza alla cautela negli investimenti è dovuta a un aproccio preventivo da parte di una popolazione che risulta al 71% con redditi non toccati dalla crisi. “La novità”, dice il presidente dell’istituto, “è che la preoccupazione finanziaria sul lungo periodo va ad impattare sulla quotidianità dei risparmiatori, nei quali è scattato il meccanismo del tutto può succedere“.
Sui titoli di Stato i risparmiatori si dividono: il 43,7% degli italiani li comprerebbe, il 51,3% no; il 5% è incerto
Per il 40% dei consulenti finanziari la cautela è alla base delle scelte dei propri clienti. Appare evidente dalla percentuale dei titolari di reddito che acquisterebbe titoli di Stato: la metà non lo farebbe, mentre il 52% guarda con interesse a strumenti finanziari di investimento responsabile.
Sono 28 milioni i percettori di reddito non toccati dall’arrivo del virus. Una fetta pari al 71,2% del totale nazionale composto da pensionati, dipendenti pubblici, lavoratori del settore privato non in Cassa integrazione o congedo parentale. “Il risparmio forzoso è nato da continuità nelle retribuzioni e tagli nei consumi”, dice il Censis.
Qual è l’orietamento degli investitori retail italiani oggi. Sui titoli di Stato ci si divide (una novità per il contesto italiano), dice il report, secondo cui il 43,7% degli italiani li comprerebbe, il 51,3% no; il 5% è incerto. Sulla scelta dei prodotti finanziari appare evidente la frammentazione della domanda, che va a declinarsi in base alla posizione geografica e al confronto tra i diversi pareri dei componenti dei nuclei familiari: “il capofamiglia non decide più da solo, le scelte sono più condivise”, dice il presidente De Rita commentando la ricerca presentata oggi.
I più propensi ad acquistare titoli di Stato sono i i residenti del Nord-Ovest (47,5%), le persone con redditi elevati (55,9%), i dirigenti e i quadri (59,3%). Mentre i più scettici sono gli operai (54,5%) e i residenti del Sud (54%).
La diversificazione della domanda di investimenti. Il 76,4% dei consulenti finanziari coinvolti dall’indagine ha una clientela molto diversificata per genere, età, istruzione, disponibilità economica. Il 95% di loro ritiene che la diversity conti molto più che in passato, motivo per cui l’86% pensa che ci sia bisogno di una formazione ad hoc per affrontare meglio e gestire la diversity.
Il debito pubblico preoccupa. Buona la propensione all’acquisto di strumenti finanziari Esg (Environmental, Social, Governance), basati su criteri di investimento responsabile: il 52,3% degli italiani si dice interessato a investirvi (il 68,2% tra i laureati, il 70,2% tra i dirigenti e i quadri). Una voglia di sostenibilità che oggi si lega al tema della tutela e promozione della salute, balzato in cima alle priorità delle persone con l’emergenza sanitaria.
Tornado al fattore “diversity”, il 40,3% degli italiani preferirebbe investire in un’azienda o in fondi di investimento guidati da donneconsulente finanziario donna. Spicca il fatto che tra le donne le quote che optano per la preferenza di genere per decidere in cosa investire (42,4%) o per il consulente a cui dare fiducia (39,9%) sono prossime a quelle dei maschi (rispettivamente, 38,1% e 39,9%). “Quando si tratta di soldi, vince un sano pragmatismo”, scrive il Censis.