Rinnovabili, ultima chiamata: il ritmo con cui l’Italia sta installando nuovi impianti a fonte rinnovabile è decisamente troppo lento rispetto a quanto servirebbe per raggiungere gli obiettivi di 125-150 GW al 2030. I poco più di 3 GW aggiunti nel 2022 (526 GW di eolico e 2,5 GW di fotovoltaico), benché rappresentino una crescita del 125% sul 2021 e abbiano portato la capacità FER installata a 63,6 GW, sono appena un terzo dei circa 10 GW (tra 8,6 e 10,7 GW) che dovremmo aggiungere annualmente per tenere il passo, al pari degli effettivi 10,7 GW della Germania, 5,9 della Spagna e 5 della Francia (la quale però nel mix aggiunge l’energia nucleare). E nel frattempo l’elettrificazione dei consumi corre, cosa che porterà al raddoppio del fabbisogno elettrico (+126%) entro il 2050.
Eppure, le ragioni economiche, sociali e ambientali per puntare sulle rinnovabili ci sono eccome: il raggiungimento dei target 2030 comporterebbe investimenti per le nuove installazioni tra i 43 e i 68 miliardi di euro (dipende se si considerano gli obiettivi “minimi” del PTE, il Piano per la Transizione Energetica, pari a 63 GW di nuove installazioni, oppure quelli più ambiziosi di Elettricità Futura, in linea con il REPowerEU definito dalla Commissione Europea, pari a 82 GW), suddivisi tra 34-42 miliardi per il fotovoltaico e 14-21 per l’eolico, e genererebbe tra i 310.000 e i 410.000 nuovi posti di lavoro. Senza contare una riduzione delle emissioni di CO2 annuali da produzione di energia compresa tra 39 e 51 MtCO2 a partire dal 2030, superiore agli obiettivi di 30 MtCO2 attualmente imposti dal Fit for 55.
Sono alcuni dei risultati contenuti nel Rapporto sulle energie rinnovabili 2023 (RER) realizzato dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato questa mattina in un convegno che ha visto protagoniste, come sempre, le molte aziende del settore partner della ricerca. “Il tempo che rimane da qui al 2030 è poco – sentenzia Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy&Strategy – e senza un’accelerazione ci troveremo con una copertura del fabbisogno elettrico da rinnovabili di solo il 34%, contro il 65% richiesto dal Fit-for-55 e i target ancora più alti di REPowerEU, che arrivano all’84% sulla generazione elettrica nazionale. Quello che manca sono soprattutto i grandi impianti, con un coefficiente di saturazione per le aste che negli ultimi 4 bandi non ha mai superato il 30%. A causa di questo ritardo non è stato possibile sfruttare l’effetto calmierante delle rinnovabili sul prezzo dell’elettricità: nel 2022 sono riuscite a ‘spiazzare’ le fonti fossili nel determinare il prezzo di riferimento orario ma solo per l’1,7% delle ore, 63 €/MWh contro 142 €/MWh. E senza contare i picchi dovuti alla guerra in Ucraina. In più, ciò si è verificato quasi esclusivamente al Sud, mentre al Nord e al Centro Nord sono rimasti prezzi orari in media più alti del 20%”.