Rincari generi alimentari grano

Il conflitto bellico in Ucraina sta avendo dei pesanti risvolti sui mercati internazionali, portando ad importanti rincari sui prezzi generi alimentari. Quello del grano, nello specifico, è salito in una settimana di guerra del 38,6% stando a quanto indicato dalla Borsa merci di Chicago che è il punto di riferimento mondiale per quanto attiene il commercio di prodotti agricoli. Russia ed Ucraina esportano insieme il 29% del grano consumato su scala globale e la chiusura dei porti sul Mar Nero sta inevitabilmente generando una carenza della materia prima in molti paesi.

Rincari generi alimentari: allarme grano

Uno scenario molto complicato sia per le aziende che operano nel settore di lavorazione del grano, sia per i consumatori finali che hanno visto un’impennata sostanziale dei prezzi. Secondo Assoutenti, il prezzo del pane è cresciuto del 3,7% in un mese e potrebbe arrivare presto ad un +10% rispetto al periodo precedente al conflitto. Se alla carenza di grano si aggiunge poi anche il caro energia – anch’esso collegato al fatto che proprio dalla Russia arriva una fetta consistente del gas utilizzato in Europa ed in Italia – non sarebbe da escludere che il prezzo al bancone del di pasta e pane possa presto giungere ad un +50%. Le quotazioni del grano, solo nella giornata del primo attacco russo – 24 febbraio 2022 – sono salite del 5,7% raggiungendo così la cifra più alta da nove anni a questa parte.

Come evidenziato da Coldiretti, l’Ucraina rappresenta il terzo esportatore di grano al mondo, la Russia il primo. Dal paese dove si sta svolgendo il conflitto l’Italia prende il grano tenero necessario per la produzione di pane e biscotti, in una quota pari al 5% dell’import nazionale (circa 107mila tonnellate nei primi 10 mesi del 2021). Dalla Russia, invece, il nostro paese prende circa 44mila tonnellate di grano tenero e 36mila tonnellate di grano duro per la pasta. Il motivo di questa ampia importazione della materia prima è dovuto, secondo Coldiretti, ai maggiori vantaggi derivanti dall’acquisto da paesi contraddistinti da un minore costo del lavoro. Importare, dunque, costava meno che produrre il grano fino a questo momento.

Nelle stime offerte dal Cai, il grano tenero viene oggi quotato in Italia dai 4 agli 8 euro in più a tonnellata – con le differenze che dipendono dal valore proteico – attestandosi in media intorno ai 315-320 euro per tonnellata, fino ad arrivare a 381 euro a tonnellata (+2,5%).