Avvisi di accertamento, di liquidazione, cartelle di pagamento non vi convincono? Contro il fisco si può fare ricorso: il Processo Tributario è disciplinato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 che all’art. 1 attribuisce la giurisdizione in materia tributaria alla Corte di giustizia tributaria di primo e secondo grado. Presso la Corte di Cassazione, poi, c’è una sezione tributaria per le questioni di legittimità, in pratica l’ultimo grado del processo.
«Soggette al processo tributario sono tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali, le controversie in materia catastale, di ipoteca e di fermo di beni mobili registrati e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio», spiega a Economy l’avv. Tommaso Tisot, founder dello Studio legale Tisot Iuris di Milano, Roma e Bolzano. «I ricorsi vanno proposti alle Corti dove ha sede l’ufficio o ente che ha emesso l’atto che si impugna».
Già, ma come funziona? «Sopra i 3.000 euro di valore del contenzioso – cioè l’importo del tributo al netto delle sanzioni e degli interessi, ndr – il contribuente è obbligato a farsi assistere da un difensore tecnico – avvocato o anche fiscalista di fiducia, ndr-. Il ricorso deve contenere degli elementi essenziali senza i quali è inammissibile e deve essere portato a conoscenza prima alla controparte con notifica, entro 60 giorni dal ricevimento della notifica dell’atto contro cui si ricorre, e, solo successivamente, entro 30 giorni dalla notifica del ricorso, si può procedere con la costituzione in giudizio. Poi viene fissata l’udienza, di cui deve essere dato avviso alle parti costituite almeno 30 giorni prima. Fino a 20 giorni prima dell’udienza le parti possono produrre documenti e presentare memorie fino a 10 giorni prima. La trattazione può avvenire in camera di consiglio o, su richiesta, in pubblica udienza, alla quale segue la decisione con sentenza che deve essere resa pubblica entro 30 giorni dalla deliberazione e il cui dispositivo deve essere notificato alle parti nei successivi 10 giorni».
Dal 1° gennaio 2016 è prevista la mediazione obbligatoria per le controversie fino a 50 mila euro: «L’istanza di mediazione deve essere notificata all’ente emittente l’atto, entro 60 giorni dalla notifica. La prima conseguenza è l’interruzione del decorso del termine utile per potere effettuare un’impugnazione in giudizio, per 90 giorni». Attenzione, però: gli effetti giuridici dell’atto impugnato non vengono sospesi, «ma il contribuente può presentare una specifica istanza per chiedere la sospensione dello stesso, qualora ritenga di subire dei danni irreparabili. La richiesta deve essere motivata, presentata assieme al ricorso, o separatamente. Accolta, gli effetti vengono sospesi fino alla pubblicazione della sentenza di primo grado. Può essere chiesta anche in secondo grado e in Cassazione».
E se il ricorso non si conclude con l’esito sperato? «Entro 60 giorni dalla notifica della sentenza, oppure entro 6 mesi dal suo deposito, è possibile proporre appello alla corte di secondo grado. Per l’appello, che non ammette domande nuove, si osservano le norme per il primo grado e l’appello, pena la sua inammissibilità, deve contenere l’esposizione dei fatti, l’oggetto della domanda e i motivi specifici dell’impugnazione. Si può fare ricorso fino in Cassazione per contestare la sentenza pronunciata in appello, ma solo per specifici motivi».