I conti non tornano. Se è vero che le donne si laureano molto più degli uomini, con un rapporto di 60 a 40, e con voti mediamente più alti, perché la percentuale di rappresentanza femminile nell’industria tecnologica non va oltre il 25%? «È vero che le donne si laureano più degli uomini e che conseguono voti mediamente più alti. Il problema vero è che la presenza femminile nell’ambito delle lauree Stem è piuttosto bassa», spiega a Economy Annalisa Alberti, Direttore Risorse Umane, Facility Management e Ict di Rheinmetall Italia, multinazionale operante da più di 70 anni in Italia (la capogruppo tedesca è quotata al Dax40), un’azienda ad alto tasso tecnologico. «Secondo i dati Istat, su 100 donne laureate solo 16 hanno un titolo in discipline Stem, contro 35 uomini».
Un po’ pochine, non trova?
La domanda che ci dobbiamo porre come aziende e come istituzioni è di carattere culturale, come indirizzare le ragazze verso percorsi di studio di tipo Stem al fine di consentire loro di intraprendere percorsi di questo tipo. Dobbiamo interrogarci su quali messaggi inviare per aumentare la presenza delle donne nelle lauree Stem a partire dalle scuole e dalla comunicazione istituzionale.
E in Rheinmetall?
Sul totale dei nostri dipendenti, la percentuale di presenza femminile si attesta intorno al 14-15%. Ci siamo posti l’obiettivo strategico di implementare nei prossimi anni la presenza femminile e multiculturale al fine di creare le basi per un contesto aperto, inclusivo e quindi capace di generare innovazione attraverso la valorizzazione delle differenze.
In quali posizioni lavorano le vostre donne?
Circa il 40% delle donne presenti in azienda occupa posizioni manageriali, i settori di elezione sono in Finance, Engineering, HR, Quality e Legal. Il nostro obiettivo è crescere sul versante femminile anche in Manufacturing e nell’ambito Program Management.
Come cercate di raggiungere un equilibrio quindi?
Siamo consapevoli che un totale bilanciamento di genere non sarà raggiungibile nei prossimi anni perché il settore Aerospazio e Difesa vede una presenza minoritaria del capitale umano femminile. Stiamo lavorando in partnership con associazioni di categoria e istituzioni per portare avanti il messaggio dell’importanza di avere sempre più donne laureate Stem, in quanto nel futuro la necessità di profili scientifici crescerà in modo esponenziale. Abbiamo inoltre attivato una serie di iniziative di welfare per consentire alle donne di esprimere al meglio i diversi ruoli che rivestono, ad esempio incrementando i permessi di paternità, in modo che – anche se in maniera indiretta – le compagne possano rientrare più rapidamente nel contesto produttivo, sentendosi al contempo supportate dal proprio partner; flessibilità oraria, modelli di lavoro ibrido e percorsi di counseling finalizzati a supportare le neo mamme nel rientro al lavoro. La parità di genere rappresenta un obiettivo che si realizza attraverso una serie di iniziative sinergiche fra loro e con una forte sponsorship da parte dei Ceo e leaders delle organizzazioni.
E oltre a queste iniziative, in Italia avete avviato con successo il percorso di certificazione della parità di genere.
Sì, è stata un’esperienza che ci ha portato a riflettere non solo sui nostri punti di forza ma anche sulle aree di ulteriore miglioramento. Potremmo definirlo un percorso “ispirazionale”, che ci ha indotto a interrogarci e a darci delle risposte precise e puntuali sullo stato dell’arte. La certificazione ci ha restituito la fotografia di una cultura aziendale fortemente orientata al disconoscimento di qualsiasi forma di discriminazione e alla valorizzazione del singolo nella sua unicità. Indipendentemente dal fatto che si riesca a conseguirla o meno, è un percorso che consiglio a tutti per il grande valore aggiunto che dà il confronto con l’esterno e con Kpi molto rigorosi e che fa emergere bias nascosti di cui quasi sempre siamo inconsapevoli. È importante stabilire una partnership con chi effettua l’audit e il potere ragionare insieme rappresenta un enorme valore aggiunto.
È ottimista per il futuro? Si riuscirà a colmare il divario?
La certificazione ha evidenziato che c’è ancora molto da fare e che le aziende hanno bisogno del sostegno delle istituzioni e della legislazione per equiparare i due sessi. Fino a quando padri e madri non avranno gli stessi diritti/doveri, distribuendo in questo modo le responsabilità della genitorialità, non si potrà giungere ad una vera parità sul piano delle opportunità. Sul tavolo c’è un tema di sostenibilità sociale oltre che economica.