Quella lettera “r” spina nel fianco delle imprese a caccia di finanziamenti
Gaetano Stio, presidente gruppo Nsa

L’accesso ai finanziamenti e l’occupazione nelle Pmi potrebbero aumentare o diminuire proporzionalmente o almeno sensibilmente, nel giro di pochi mesi, a seguito dell’approvazione di una modifica proposta dal governo nel cosiddetto Decreto Legge Crescita (articolo 18), in discussione proprio in questi giorni alla Camera dei Deputati.
 
La ricerca presentata ieri a Milano, a cura del laboratorio di Statistica Applicata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, porta a concludere che gli importi garantiti per il finanziamento delle micro e Pmi nei prossimi tre anni, in caso di estensione della lettera r) a tutte le regioni senza limitazioni di importo, potrebbero diminuire del 27%. Gli importi aumenterebbero invece del 16% nel caso in cui la norma del governo, abolizione totale della lettera r), diventasse definitivamente legge dello Stato.
 
Questi sono i principali dati emersi in occasione della presentazione della Ricerca “Decreto crescita, luci ed ombre sul finanziamento alle pmi. Dinamiche del credito e fondo di garanzia”, a cura di Riccardo Bramante, professore di Statistica Economica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sul tema delle Piccole medie imprese e dell’accesso al credito, ricerca promossa dal gruppo Nsa, che opera nella mediazione creditizia.
 
Il Decreto Crescita, in relazione al Fondo Centrale di Garanzia, prevede l’abolizione della lettera r) dell’articolo 8 comma 2 del Decreto legislativo 112/98, normativa che consente alle regioni di riservare ai Confidi di operare in regime di monopolio per accedere al Fondo Garanzia, il più importante strumento a sostegno finanziario delle Pmi. Il Governo ristabilisce così un controllo “centralizzato” sull’accesso al Fondo di Garanzia per le Pmi, eliminando, di fatto, l’autonomia delle singole regioni in tal senso.
 
La ricerca è stata promossa con l’obiettivo di rispondere ad una domanda: “A chi giova la lettera r), ai confidi o alle imprese? “I dati confermano come in una situazione di libera scelta le Pmi possono trovare le soluzioni più efficienti ed efficaci”, ha dichiarato in conclusione Bramante.
“Nel nostro Paese le Pmi generano oltre il 50% del Pil e circa il 70% dell’occupazione, quindi scegliere di promuovere o deprimere questo settore è una decisione che può aiutare la ripresa oppure affossarla per anni”, ha sottolineato l’ad del gruppo Nsa Francesco Salemi. “Per questa ragione, abbiamo chiesto a un soggetto superpartes e autorevole come l’Università Cattolica di m isurare l’impatto che un efficiente accesso al credito ha sulla crescita dell’occupazione nelle Pmi. I dati numerici risultanti dalla ricerca dell’Università Cattolica sono una dimostrazione incontrovertibile che la scelta del Governo di abolire i monopoli dei Confidi sia assolutamente utile e direi indispensabile”.
 
“L’occupazione è uno dei temi centrali dell’agenda politica italiana ed europea: l’impatto del credito sull’andamento dell’occupazione è dimostrato dai dati provenienti dall’Istat e da quelli dei finanziamenti erogati attraverso Fondo Centrale di Garanzia”, ha aggiunto Salemi, “infatti, nelle regioni dove sono stati introdotti i monopoli confidi si è osservato un netto calo dell’operatività del Fondo Centrale di Garanzia”.
 
“La riforma del Fondo di Garanzia, entrata in vigore il 15 marzo 2019, ha già dato un importante vantaggio proprio ai confidi, lasciando nelle mani delle regioni un validissimo strumento di politica economica, oltre ai notevoli contributi per la ricapitalizzazione che i confidi hanno ricevuto dallo Stato anche quest’anno”, ha ricordato il presidente di Nsa Gaetano Stio. “La barriera dei confidi regionali per accedere al Fondo Centrale di Garanzia costituisce un evidente danno per le Pmi. Non è un caso che anche importanti soggetti, come Confindustria e Confesercenti, e organizzazioni sindacali, come Cisl e Ugl, abbiano evidenziato nel corso delle audizioni parlamentari l’impatto positivo che l’abolizione dei monopoli confidi potrebbe avere sull’occupazione. Ci sono però alcune voci contro, come la conferenza stato regioni, che lamentano una perdita di autonomia nelle politiche economiche e la concorrenza dello Stato contro i sistemi di garanzia locali dei confidi – Stio precisa, “con la riforma del fondo di garanzia entrata in vigore il 15 marzo 2019 la lettera r) è completamente inutile: le regioni che vogliono possono consentire ai confidi, contribuendo con fondi propri al patrimonio del fondo di garanzia nazionale, di maggiorare la garanzia offerta alle Banche. È un vantaggio competitivo molto rilevante per i confidi. Non esiste un problema di concorrenza tra i sistemi di garanzia locali e il Fondo di Garanzia nazionale, poiché i confidi possono usarlo liberamente e non ne subiscono l’azione.” Stio poi conclude: “I confidi sono soggetti privati a cui si affida in monopolio assoluto, come in Toscana, un’agevolazione di Stato. In queste situazioni, senza che vi siano limitazioni, controlli o sanzioni, i costi per le imprese s’incrementano a scapito della qualità dei servizi offerti”.