Forse conviene partire dall’estremo oriente del confine italiano, quello che guarda da vicino alla Slovenia, per scoprire il silenzio del Friuli Venezia Giulia, concentrato d’Italia tra le Alpi, le Dolomiti e il mare Adriatico. Un viaggio in un’enclave storica, culturale ed enogastronomica autentica, che ha fatto della propria geografia di confine, ma al centro dell’Europa, una ricchezza; una bouillabaisse italiana, slava e germanica, per un mélange di tradizioni, narrazioni, lingue e confessioni. Diverse le voci: italico, friulano (così caro a Pasolini), sloveno, tedesco sono gli idiomi parlati in poco meno di 8.000 metri quadrati. Poco più di 1.200.000 gli abitanti per 20 presidi slow food, 9 stelle a tavola, quasi 29.000 ettari a vigneto per 66 varietà diverse, prevalentemente a bacca bianca con nomi come Refosco, Picolit, Pignolo, Ramandolo, Schioppettino, Tazzelenghe, Ribolla Gialla. E poi, riserve naturali, lagune, siti Unesco, castelli, esperienze, itinerari cicloturistici…
Trieste è Carso, è Bora, è piazza Unità d’Italia, è il miglior luogo per la qualità della vita, dicevano nel 2021, è Barcolana, ma è anche città del caffè, di mare e di immaginario scientifico, il BioMa (biodiversitario marino), il Sincrotrone, la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati e l’osservatorio astronomico, il Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie. è mitteleuropea e multireligiosa, con la sinagoga, la chiesa greco-orientale e serbo-ortodossa di San Spiridione, la chiesa anglicana e il santuario mariano sul Monte Grisa, oltre alla cattedrale di San Giusto. Una curiosità? La Lanterna, detta anche Pedocin, unica spiaggia in Europa che mantiene ancora una separazione tra uomini e donne, divisi da un muro.
A tavola Trieste e i suoi dintorni raccontano di jota, sardoni fritti e impanati, ribaltavapori, il prosciutto cotto di Trieste con kren, il formaggio di grotta, i bolliti di carne nelle osmize, dove assaggiare anche gli scampi alla busara. Lasciando il capoluogo si lambiscono i castelli di Miramare e Duino per arrivare, salendo, a Gorizia, capitale europea della cultura 2025 insieme a Nova Gorica. Città di frontiera al centro dell’Europa, con un piede in Italia e uno in Slovenia, luogo che sfugge al turismo tradizionale. Piazza Transalpina era il simbolo di una città di confine e il muro che la attraversava ne divideva le due anime. Oggi è una topografia della memoria, ricordo indelebile simbolo di rinnovata unità. In cucina, gnocchi di patate con susine, burro, cannella e zucchero, patate in tecia, la rosa di Gorizia. Si sale ancora, verso Cividale del Friuli: capitale del primo ducato longobardo è arte e storia, con il Museo Archeologico Nazionale, quello Cristiano, il Tempietto longobardo e il misterioso Ipogeo Celtico, ma è anche la Galleria Famiglia De Martiis a Palazzo de Nordis, i cui capolavori percorrono il Novecento attraverso astratto e figurativo, con testimonianze impressioniste. Il silenzio del Friuli è anche nelle vicine e incontaminate valli del Natisone e nelle valli del Torre: sono frassini, castagni, noccioli, tigli, carpini, tradizioni e usi dei borghi, sentieri, acque e cascate, flora e fauna preziose per panorami che spaziano dalle Alpi Carniche e Giulie fino all’Adriatico.
Poco lontano Udine è elegante e conviviale; alla raffinatezza della sua architettura si lega il fascino rustico delle osterie, dove assaggiare il frico, il musèt e la brovade, la gubana, l’asparago bianco, il tartufo bianco di Muzzana del Turgnano, il pestat di Fagagna e la trota affumicata di San Daniele. Legata alla Serenissima, come testimoniamo i suoi palazzi e l’impronta veneziana del centro, è scrigno delle opere del Tiepolo, presenti nel palazzo Arcivescovile, nel Duomo e nella galleria d’Arte Antica; a Gae Aulenti, di origine friulana, si devono i restauri del museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Casa Cavazzini, che ospita il Novecento. Salendo ancor di più i monti propongono i cjarsòns, ravioli con ripieno a contrasto tra dolce e salato, i savôrs, battuto di verdure, il toc in braide, polentina morbida, crema di montasio, morchia, ricotta affumicata, il prosciutto di Sauris e la ricotta acida. Siamo nelle Dolomiti friulane, che sorvegliano tutto il corso del Tagliamento, re dei fiumi alpini, 170 chilometri che tagliano la regione fino al mare, quel mare celebre per le spiagge di Lignano Sabbiadoro e per Grado, l’isola del sole, elegante e raffinato labirinto di calli e campielli. Il mare è boreto, piatto unico di pesce povero, aglio, aceto e pepe nero e i sievoli sotto sal, cefali sotto sale. Poco lontano Aquileia, antica metropoli dell’impero romano dove tutto è mosaici, necropoli, resti del foro e Domus di Tito Macro. Più sopra, un capolavoro di architettura militare: Palmanova è una fortezza racchiusa in una stella a nove punte costruita dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Unica, ha una piazza centrale su cui convergono le tre vie d’accesso, sorvegliate da porte monumentali. Ultima tappa volgendosi a ovest, fino all’importantissimo sito palafitticolo e naturalistico di Palù di Livenza, oasi di archeologia e biodiversità.
Si chiude un silenzioso viaggio che ne vale mille, mille scoperte che, come le dita di una mano, coinvolgono tutti e cinque i sensi, in un microcosmo unico e identitario, non replicabile.