di Anna Gervasoni, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla Liuc di Castellanza. è anche direttore generale dell’Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt)
Dal 2018 a oggi sono stati oltre 600 i milioni di euro investiti su 232 operazioni nel comparto del Technology Transfer. Sempre nello stesso arco di tempo, i fondi della piattaforma ITAtech hanno raccolto più di 300 milioni di euro realizzando, insieme ai co-investitori, 143 investimenti per un ammontare pari 312 milioni di euro. Questi sono i numeri presentati qualche giorno fa dal VeM, Venture Capital Monitor, osservatorio attivo presso la Liuc Business School che monitora l’attività dei fondi dedicati all’innovazione in Italia. Il Technology Transfer, una parte dell’innovazione dedicata all’accessibilità di conoscenze, tecnologie, nuovi saperi dall’ambito della ricerca e dei centri universitari al mercato, è, come dimostrano i dati del VeM, cresciuto in Italia e ha trovato, nel tempo, una sempre più ampia diffusione anche in Europa. Questo perché ha accelerato molti processi legati alla valorizzazione dell’attività svolta da ricercatori e imprenditori con ricadute positive sulle imprese e le attività collegate. Tale crescita ha visto una accelerazione soprattutto nel periodo del Covid-19 che ha spinto studi e progetti per superare la crisi con benefici per la collettività e le economie dei Paesi.
La impellente necessità di trovare soluzioni innovative in un periodo di emergenza è stato il carburante che ha permesso, inoltre, la collaborazione tra pubblico e privato, fino a quel momento molto rara e sporadica. Se in US e in UK già da tempo si erano trovate soluzioni per accorciare la trafila che serve per rendere un brevetto commerciabile e spingerne la realizzazione in Francia, l’associazione dei Technology Transfer Accelerators Offices ha potuto beneficiare in passato di circa 25 miliardi di euro di fondi pubblici nell’ambito del programma di Stato “Investing for the future”, dei quali 900 milioni dedicati al finanziamento dei Poc. In Italia, il fenomeno del Tech Transfer è decisamente più recente e ancora molto sottodimensiona to rispetto alle enormi potenzialità ancora inespresse: nonostante l’eccellenza dei nostri ricercatori sulla qualità delle loro pubblicazioni scientifiche, la istituzionalizzazione della terza missione delle nostre Università per valorizzare i prodotti della didattica e della ricerca e la nascita di fondi di venture capital dedicati al Technology Transfer, nel nostro Paese non si ha ancora un modello unico di trasferimento di tecnologie e innovazioni dalla ricerca al mercato.
Serve realizzarlo perché la collaborazione tra università e industria è fondamentale per permettere in tempi rapidi di mettere sul mercato progetti e brevetti che possano innovare il sistema con cui le nostre imprese lavorano. Il nostro sistema però ci crede: Cdp ha dedicato cinque nuovi fondi agli investimenti in Trasferimento Tecnologico, immettendo nel sistema duecento milioni di euro tra il 2017 e il 2020. Questo ultimo tassello, poi ulteriormente sviluppato da Cdp Venture Capital con la creazione di un fondo dedicato al TT da 285 milioni di euro e con una partnership di coinvestimento con il Fei con un contributo ulteriore di 130 milioni di euro, ha colmato anche l’ultima carenza del sistema nazionale, cioè la disponibilità di risorse finanziarie per i Proof Of Concept che, si è visto anche in altre realtà, è un fondamentale complemento per le attività del Trasferimento Tecnologico. Le Università e i centri di ricerca giocano un ruolo chiave nei processi di TT: gli accademici sono ideatori e sviluppatori dell’innovazione e gli atenei hanno strutture che sono culla di spinoff, quelle imprese create per inserire i prodotti della ricerca nel tessuto industriale.
Il processo di Trasferimento Tecnologico italiano presso le università e i centri di ricerca sta evolvendo in maniera rilevante e ha fatto passi importanti negli ultimi anni ma c’è ancora un cammino significativo da fare per renderlo efficace. Questa attività è entrata nei parametri di costruzione dell’Indice di Attrattività di un Paese perché diventa esso stesso fattore catalizzatore di risorse e di talenti ed elemento di accelerazione dell’innovazione, della sua diffusione e di crescita della competitività del nostro sistema economico. Con il Technology Transfer, imprese e operatori possono generare un indotto al servizio delle esigenze della collettività e del mercato diventando strumento di accelerazione della scienza.