Sono 192 miliardi. In pratica quasi dieci volte la manovra finanziaria che il governo Meloni, tra lacrime, sangue e giri di cinghia, si appresta a varare per l’anno 2023. L’economia “in nero” nel nostro Paese – il freddo glossario della statistica la chiama Economia non Osservata e la identifica come l’insieme di tutte quelle attività che producono reddito ma sfuggono a ogni controllo e monitoraggio e cioè: “sommerso” e proventi di natura illegale – in barba allo Stato e all’erario, continua a macinare affari e soldi. Montagne di soldi. E se i tempi cambiano, i modi e i mezzi per guadagnare illecitamente si adeguano, cambiando strategia ma non obiettivo e risultati.
Tanto è vero che l’incidenza della black economy, in valori percentuali, resta sempre ferma al 10,5 del nostro PIL. In sostanza per 100 miliardi di euro prodotti dalla nostra “economia legale” (quella osservabile dalla statistica diretta e quindi anche dal fisco) ce ne sono ben altri dieci e mezzo che invece non si sa nelle tasche di chi vanno a finire.
Che cosa si intende con conomia sommersa
Uno studio dell‘Istat, fresco di pubblicazione, ha cercato di fare le pulci a quest’economia che sfugge ai conti nazionali ufficiali e, oltre all’ammontare che si avvicina ai 200 miliardi di euro, ha certificato anche che nel 2021 è cresciuta di 17,4 mld, cioè del 10% in più rispetto al 2020, annus horribilis del Covid.
Il grosso di questo aumento del sommerso (oltre 91 miliardi) è frutto di sotto-dichiarazione del valore aggiunto, il che, tradotto dal burocratese, vuol dire: fatture false, costi gonfiati, affitti non dichiarati, transazioni sottobanco e altre componenti che la fanno sotto il naso alle stime ufficiali. Ma ci sono anche 2 milioni e 990 mila di lavoratori irregolari – anch’essi in aumento di 73mila unità rispetto all’anno precedente con una crescita maggiore tra gli indipendenti – che fruttano un valore economico non dichiarato di oltre 68 miliardi di euro. Su questo fronte l’Istat ha allargato le braccia, sentenziando che “il ricorso al lavoro non regolare da parte di imprese e famiglie è una caratteristica strutturale del mercato del lavoro italiano”.
Un “sommerso” che si agglutina in particolare nel mondo del commercio, dei trasporti, alloggi e ristorazione e delle costruzioni e che nel computo totale dell’Economia Non Osservata rappresenta la parte più sostanziosa, vale a dire 173,9 miliardi di euro ovvero il 9,5% del PIL.
Il giro d’affari delle attività illecite: droga e prostituzione
I restanti 18,2 invece sono frutto di quelle attività illecite propriamente dette e cioè traffico di stupefacenti, prostituzione, contrabbando di sigarette. Racket che solo durante l’emergenza pandemica avevano segnato il passo, a causa di lockdown e restrizioni varie ma che hanno subito recuperato, crescendo del 5% nel 2021. A dare il la alla ripresa è stato in particolare il traffico di droga (+13,7 miliardi) seguito a ruota dalla prostituzione e dalle sigarette di contrabbando. La somma di queste attività illegali equivale all’1,1% del PIL italiano. La “domanda” nel caso dei consumi di beni e servizi illeciti, non manca, anzi è lievitata fino a rappresentare il 2% delle spese totale degli italiani, per un valore di 20,8 miliardi.