Nell’ultimo mese due colossi economici americani come Exxon e Chevron – 7° e 23° azienda del mondo, secondo Fortune 500! – hanno speso (tra tutte e due) 120 miliardi di dollari (qualcosa come cinque volte la finanziaria 2024 del nostro Paese!) per comprare nuovi giacimenti di idrocarburi. E il primo ministro britannico Sunak ha imposto a un riluttante Re Carlo di annunciare nell’annuale discorso alla nazione che verranno rilanciate le trivellazioni esplorative nel Mar del Nord per individuare e sfruttare nuovi giacimenti.
Sono soltanto gli ultimi due anelli di una catena di episodi che descrivono chiaramente un marcato, e spudorato, “riflusso” del big business mondiale dalla chimera della decarbonizzazione verso un rilancio del fossile. La decarbonizzazione viene bellamente ignorata, appunto come una chimera senza fondamento; e non perché siano falsi i suoi presupposti (anzi!) ma perché il mondo del potere non s’è preoccupato di trovare una risposta alla domanda chiave: come finanziare la transizione energetica? Lasciando il mondo del business a bocca asciutta.
Già, perché il tema è tutto qui.
Mettiamo da parte la retorica delle aziende “verdi”: ormai a chiacchiere lo sono tutte. Ma quelle davvero convinte che ci sia un “obbligo morale” a decarbonizzare e a fare tutto quanto possibile per mitigare il cambiamento climatico senza star lì a chiedersi sempre cosa fanno gli altri e se i nostri sforzi basteranno o no, sono pochissime.
Quando qualche anno fa Wall Street ha iniziato a tingersi di verde, abbiamo sbagliato a prenderla sul serio. Quel verde altro non era che l’idea di lanciare agli investitori, un’ennesima esca, pardon: “equity story”, ovvero una storia da raccontare per dare loro (e ai loro clienti finali) prospettive di medio-lungo termine, capaci di rimpiazzarne una, declinante: quella della digitalizzazione permanente e dilagante, che ave iniziato a perdere appeal, tra il tentativo fallito di Google di entrare nei social (ve lo ricordate Google+?) e di Facebook di lanciare la sua moneta virtuale (ve la ricordate Lybra? E non c’era ancora il metaverso, che si avvia ad essere un terzo flop).
E così, intanto che i big player della finanza globale indossavano tutti il doppiopetto verde e solleticavano il buonismo di una fettina degli investitori prendibili per il naso – fetta via via cresciuta fino a diventare bella grande – l’Unione Europea dava finalmente sfogo a decenni di “verdismo” nordico, frustrato fino ad allora dagli insuccessi elettorali, varando normative ambiziosissime, come il net-zero al 2050; e perfino gli Stati Uniti fingevano di fare lo stesso, disseminando però il cammino verso il net-zero di deroghe e trucchetti. Rispetto ai quali i casi Exxon e Chevron e della Gran Bretagna segnano solo la caduta di quel velo di iniziale ipocrisia che aveva spinto questi colossi almeno a tacere, se non addirittura a simulare una vocazione ecologicamente verginale, come fece la BP – dopo il disastro ecologico del Golfo del Messico – dicendo che avrebbe presto fatto sì che il suo acronimo cessasse di significare “British Petroleum” e iniziasse a significare “Beyond petroleum”, oltre il petrolio… Figuriamoci, altro che oltre il petrolio: la stessa Bp ha appena avviato la produzione di un giacimento nelle acque del Regno Unito, sviluppato da Neptune Energy e collegato all’hub ETAP (Eastern Trough Area Project) della major petrolifera, risalente a 25 anni fa, primo collegamento all’hub ETAP in due decenni …
Il tema qual è, allora? E’ molto chiaro. Da una parte, il riscaldamento globale è in atto – e non c’è ombra di scienziato che possa permettersi di negarlo – e sicuramente ha forti cause naturali slegate dal cosiddetto “fattore antropico”, cioè le nostre emissioni di Co2; dall’altra parte è chiaro che continuando a inquinare acceleriamo l’effetto serra e il conseguente riscaldamento globale. Non sappiamo calcolare bene – nonostante gli enunciati – quanto davvero i nostri comportamenti virtuosi (a adottarli) serviranno a mitigare il riscaldamento globale. E tantomeno possiamo far dipendere i nostri comportamenti da quelli, ad esempio, di cinesi o indiani.
Ora: solo un cretino direbbe: “Se non sono sicuro di poter fermare l’innalzamento del mare a 10 centrimetri, tanto vale lasciarlo salire quanto vuole”, perché con 10 centimetri potremo difenderci facilmente mentre con un metro affogheremo. E allora perché non ci impegnamo comunque?
Perchè sono successe due cose.
La prima è che sui mercati finanziari è esplosa una stella, l’intelligenza artificiale. E quindi il mostruoso potentissimo meccanismo di Wall Street ha trovato una nuova “equity story” che basta e abbonda a intortare i capitali di tutto il mondo per farli tornare sui listini ad inseguire nuove emozioni, nuovi miti, forse nuovi sviluppi veri (vedremo). Questo permette ai capi della finanza, che sono i capi della Casa Bianca, che è la capa del mondo occidentale, di ridimensionare lo zelo ambientalista (scusate le semplificazioni, ma le cose stanno così!).
La seconda è che facendo i conti di precisione i soldi disponibili per la transizione energetica sui mercati, tra quelli degli Stati e quelli dei privati, sono molto inferiori alla bisogna.
Ripetiamo per l’ennesima volta l’analisi della direttiva-casa varata dall’Unione Europea. Per isolare termicamente le case fino al punto da poterle riscaldare senza idrocarburi, il che sarebbe una mano santa perché è dai riscaldamenti domestici che proviene quasi il 40% del problema, un Paese come l’Italia dovrebbe spendere minimo 400 massimo 600 miliardi di euro. Avete letto bene, dal triplo al quintuplo del superbonus, che da solo stava rischiando e sta rischiando di far saltare la nostra finanza pubblica. Figuriamoci quando mai potremo attuare una direttiva dal simile peso economico.
Lo stesso vale per la diffusione dell’auto elettrica, per le energie rinnovabili, per le reti di ricarica, per la decarbonizzazione del trasporto merci… servono montagne di soldi per realizzarle, soldi che i privati o non hanno o non metteranno per primi – non i nostri, occidentali – se non saranno sicuri che i concorrenti asiatici non approfitteranno di questi eventuali loro maggiori costi per fargli concorrenza sleale…
Infine: in Europa si vota tra sette mesi, negli Usa tra dodici, ed è possibile che le attuali amministrazioni democratiche, sensibili ai temi ambientalisti, cadano o si indeboliscano. Tutti i portatori di interessi legati alla filiera del petrolio, del gas e del carbone attendono tempi che per loro potrebbero diventare migliori…
Chiaro che la decarbonizzazione stia frenando. Fino alla prossima inondazione, fino al prossimo ghiacciaio che si squaglierà.