Gaetano Stella

Per anni siamo stati abituati a guardare l’innovazione digitale come una opportunità o come una minaccia. Oggi credo che questa visione dicotomica sia stata ampiamente superata da una molteplicità di fattori che non possiamo più ignorare, anche se restano parecchi elementi di criticità che devono essere governati. La digitalizzazione è un forte acceleratore del cambiamento, ma fino a che punto possiamo spingere il pedale senza snaturare la natura del lavoro professionale?

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Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.


Fino a oggi una delle peculiarità che contraddistingueva il professionista risiedeva nel rapporto fiduciario che lo legava al proprio cliente/paziente, in virtù di una profonda conoscenza che spesso andava oltre la prestazione professionale, per quanto complessa fosse, e in molti casi sconfinava in un rapporto confidenziale, di amicizia. Personalmente non credo che un algoritmo possa sostituire la fiducia che lega un professionista al proprio cliente, perché altrimenti dovremo immaginare una prestazione professionale come un prodotto da banco, una merce costruita in serie.

La standardizzazione è l’antitesi del valore aggiunto, del capitale umano che può apportare il professionista a un servizio reso al mercato. Il punto di partenza è l’alfabetizzazione digitale dei professionisti. Contrariamente a quanto si possa pensare, infatti, occorre educare i professionisti al digitale, costruire cioè comprensione, consapevolezza e senso critico nei confronti di questo fenomeno pervasivo che permea la nostra esistenza.

Nei mesi scorsi abbiamo voluto condividere queste nostre riflessioni con The European House – Ambrosetti per individuare “I nuovi paradigmi delle professioni nella transizione digitale”. I risultati di questa ricerca verranno presentati a Roma con un evento a giugno. Qualche piccola anticipazione.

Per cominciare possiamo dire addio all’immagine del professionista stereotipato; la digitalizzazione sarà il principale propulsore 1) dell’evoluzione del ruolo del professionista, 2) delle relazioni con il cliente 3) dell’organizzazione professionale. Stiamo andando incontro a una democratizzazione del sapere che spinge il professionista a dare soluzioni a bisogni complessi: ci sarà uno spostamento della marginalità dai servizi tradizionali con redditività decrescente alla componente di consulenza a maggior valore aggiunto. La relazione con il cliente si è trasformata e richiede servizi sempre più evoluti e di maggiore complessità; la digitalizzazione consentirà di formulare strategie che anticipano i bisogni dei clienti attraverso un’offerta di servizi continuativi, anche attraverso la virtualizzazione delle relazioni, per cogliere tutte le opportunità di massimizzazione del valore. L’impatto della digitalizzazione sugli studi richiede un nuovo modello organizzativo degli asset e delle risorse che favorisca la condivisione delle competenze in un ambiente interdisciplinare e iper-specializzato.

È del tutto evidente che siamo di fronte a un profondo cambio di paradigma delle professioni. Il percorso verso la digitalizzazione ci proietta verso nuove opportunità che non si misurano solo con un efficientamento dei costi o con servizi a maggior valore aggiunto in grado di generare più ricavi, ma anche con una nuova narrazione della professione, una nuova identità del professionista capace anche di attrarre le nuove generazioni.